martedì 28 maggio 2013
mercoledì 22 maggio 2013
"LEGGERE SHAKESPEARE A KABUL" DI QAIS AKBAR OMAR E STEPHEN LANDRIGAN
“Leggere
Shakespeare a Kabul”, di Qais Akbar Omar e Stephen Landrigan (Newton Compton
Editori), si colloca lungo il filone tracciato dal romanzo “Leggere Lolita a Teheran” di Azar Nafisi e, all’interno dell’ambientazione tratteggiata ne
“Il cacciatore di aquiloni” e in “Mille splendidi soli” - entrambi di Khaled Hosseini - oltre
in “Le rondini di Kabul” di Khadra
Yasmina.
Come in Leggere Lolita a Teheran
la lettura dei classici è il mezzo catartico di liberazione dall’oppressione
teocratica khomeinista, in Leggere
Shakespeare a Kabul la rappresentazione teatrale è lo strumento
adoperato per ristabilire la normalità, anche nei rapporti fra uomini e donne,
nell’Afghanistan liberato dall’orrore talebano.
Gli afghani hanno un tradizione teatrale recente, se non si considera il
teatro eretto da Alessandro il macedone quando il suo esercito occupò parte
dell’Afghanistan nel 330 A .C.
Corinne, una regista e autrice teatrale parigina, mette in piedi una piece di Shakespeare Pene d’amor perdute, commedia considerata
più congeniale all’opera maieutica da esercitare sull’intelletto e sull’animo
del Popolo afgano.
Pene d’amor perdute è la storia di quattro uomini che decidono per
tre anni di dedicarsi allo spirito e alla conoscenza rinunziando al talamo e,
che in maniera tragicomica, mutano le proprie nobili intenzioni dopo aver
conosciuto quattro fanciulle di cui, secondo la
migliore tradizione della commedia degli equivoci, fra un misanderstanding
e l’altro, fatalmente si innamorarono.
Trovare le attrici in un Paese in cui le donne vanno in giro come
fantasmi intabarrate nel burqa, non è un problema di poco momento.
Non solo: lo spettacolo shakespeariano si inserisce in una scenografia
di guerra, durata trent’anni, a partire dalla invasione sovietica che detronizzò
il Re Zahir Shah, occupazione russa cessata poi grazie ai mujahidin islamici i quali, però,
con il “sopravvento dei setti idioti del
Pakistan”, trasformeranno l’Afghanistan nel mondo oscuro, cupo e pregno di sangue,
lapidazioni e mutilazioni dei talebani.
L’intervento americano dopo l’11 settembre 2001 ha riconsegnato questa Terra alla democrazia,
ma gli odi ancestrali fra pashtun, hazara, turkmeni e uzbeki non si cancellano in
qualche settimana.
Mettere insieme una compagnia
teatrale di donne e uomini, appartenenti ad etnie che si sono combattute per
decenni, non è di agevole soluzione, specie se si aggiunge il problema della
lingua.
Le opere di Shakespeare sono
state scritte in un inglese complesso di quattrocento anni fa, in cui le parole
hanno più significati e le espressioni adoperate fanno piangere in un occhio e ridere nell’ altro.
Tradurlo in farsi, idioma diffuso in Iran e poi in dari, antico
linguaggio afghano, determina un
ulteriore problema, unitamente a quello
comunicativo fra Corinne e gli otto attori, che necessita dell’ abile
interprete Qais, colto linguista e co-autore del libro in commento.
Determinazione e passione aiuteranno a superare gli ostacoli, che si
manifesteranno anche nei continui litigi fra i protagonisti del romanzo-spettacolo
teatrale, litigi aggravati dalla mancanza di conoscenza da parte di Corinne delle abitudini e dei costumi degli
afghani, che sono soliti non interrompere
mai il propri interlocutori anche se dicono plateali scemenze, a maggior ragione se colui
che è destinatario dell’interruzione è di sesso maschile.
La piece che sarà messa in
scena avrà e dovrà avere conseguenze di natura politica: ”Ascoltando Shakespeare, chi ha la coscienza sporca soffre….Le ferite
che abbiamo subito in tutti in combattimenti, qui, saranno dimenticate nel giro
di qualche anno. Ma interpretando questa commedia mostreremo la nostra
sofferenza al cospetto di chi ha la coscienza sporca ed è ancora a capo del
Paese….Pene d’amor perdute si prende gioco della nostra storia recente, dei talebani, che ci hanno dominato
con le loro regole assurde e crudeli. Pene d’amor perdute parla proprio di
quelle leggi insensate…..Piano piano, stiamo trasformando la storia di Shakespeare nella
nostra storia”.
L’amore che si trasforma in passione che poi diviene caparbietà: la
ricerca di costumi, arredi, musiche, strumenti musicali, scenografie,
imbellettamenti, copri capi, da scoprire nel florilegio ricchissimo delle tradizioni di
quelle Terre.
“Nelle commedie di Shakespeare
come nella vita reale, la gioia è tinta di tristezza. E in nessun luogo più che
in Afghanistan, un Paese straziato da una guerra durata un quarto di secolo, e
le cui ferite restano aperte malgrado gli sforzi internazionali. La magnifica
produzione di Pene d’amor perdute appena andata in scena a Kabul …rispecchiava appieno questa dura verità”.
Il racconto della mise en scene
della commedia shakespeariana Pene d’amor
perdute, nella sua verità, nella sua forza, nella sua ilarità mista ad
ironia, dimostra senza mediazione o infingimenti come la cultura, nella sua veste teatrale –
al pari di quella letteraria così come espressa in Leggere Lolita a Teheran, o
cinematografica, ben incarnata in Osama, pellicola del 2003 diretta da
Siddiq Barmaq, la cui protagonista Marina
Golbahari è una delle quattro attrici
che recitano sul palcoscenico narrato in Leggere
Shakespeare a Kabul – è uno dei veicoli principali, gagliardi e salvifici per cicatrizzare le ferite
purulente che hanno devastato donne e uomini lungo decenni, per ristabilire un
ordine che sa di pace e infondere nuova linfa umanitaria nel sangue di persone che si
sono sbranati per generazioni.
Intellettualmente frizzante, capace di ingenerare curiosità nel lettore
accorto che imparerà molto su mondi, geograficamente così lontani ma che le
tormentate vicissitudini degli ultimi
decenni hanno reso così vicini al nostro,
l’opera scritta a due mani (in attesa che la terza, quella di Corinne, faccia
la sua comparsa a breve nelle librerie) da Qais e Landrigan è altamente augurabile
che compaia quanto prima sui comodini
della Vostre camere da letto.
Fabrizio Giulimondi
venerdì 17 maggio 2013
"MI RIFACCIO VIVO" DI SERGIO RUBINI
“Mi rifaccio vivo” che vede Sergio Rubini regista e attore
(bravo come al solito in entrambi i ruoli), insieme ad un cast di tutto
riguardo del miglior cinema italiano, come Margherita Buy (protagonista del già
commentato - in questa Rubrica - Viaggio da sola), Lillo Petrolo (che ho più
volte ritenuto dare il meglio di sé più sul piccolo schermo che sul grande),
Vanessa Incontrada (che dire: bella e brava!), Neri Marcorè (sempre migliore),
Emilio Solfrizzi (con la solita mimica e gestualità che lo caratterizza per la sua peculiarità e
straordinarietà, molto simile a quella adoperata nella nota sit com televisiva con Michelle
Hunziker) ed Enzo Iacchetti (che non ha
bisogno di presentazioni).
Classica commedia brillante con finale sentimental-umanitario sulla
riscoperta di se stessi e dei valori fondamentali della vita (per dirla con
Renato Zero “dietro al portafogli un
cuore ancora c’è ”), con accenni un po’ pirandelliani (quello che uno
mostra di sé non è il suo vero essere, ossia, filosoficamente parlando,
l’apparire sull’essere, cioè l’essenza del mondo occidentale contemporaneo).
La storia è semplice e piena di gag e riproduce l’eterna lotta fra la
persona perfetta e conoscitrice di tutto, titolare di una enorme dose di fortuna (un po’ come il
personaggio di Walt Disney Gastone) e
il sempiterno sfigato a cui la vita è stata
rovinata sin da bambino dal primo, che lo sovrasta in tutto.
Alla fine il Paperino della
situazione si suicida (e anche in tale occasione in maniera improvvida) e va a
finire nell’Aldilà, dove scopre che non v’è un Dio ad attenderlo, ma Karl Marx
in persona che, su intercessione di Sergio
Rubini, lo rimanda una settimana sulla Terra, a mò di bonus, per dargli un’altra
possibilità e rimediare alla sua esistenza da “padrone” (in vita era un
imprenditore) e, quindi, sfruttatore degli oppressi e del proletariato. Lo sfortunato non sarà più tale perché
prenderà le vesti dell’amico - altrettanto efficientissimo - del suo insopportabile antico contendente.
Anche in questo nuovo ruolo, di contro, non riesce realmente a vendicarsi e a mettere
in difficoltà il tutto lui, che tale
però non è, nascondendo invero paranoie, difetti e gravi limiti.
Il passaggio in Paradiso e il
ritorno in questo mondo ricorda fortemente
il bellissimo film “Il paradiso può attendere”, oltre ad esservi sicuramente un richiamo
alla nota pellicola “Il piccolo diavolo”, ogni volta che il nostro reincarnato passa
davanti ad uno specchio mostrando il precedente aspetto fisico (quello prima
del decesso), al posto di quello “adottato”
durante il ritorno terreno post
mortem.
Esilarante per buona parte della proiezione, con un finale uno zinzinino scontato e stantio.
Fabrizio Giulimondi
giovedì 16 maggio 2013
"QUATTRO ETTI D'AMORE,GRAZIE" DI CHIARA GAMBERALE
Dopo “Passione sinistra” (da cui è
stato recentemente tratto un recente film, oggetto di commento nella Rubrica
dedicata ai consigli cinematografici) e “Le luci nelle case degli altri” (recensito
in questo stesso spazio), Chiara Gamberale, nella sua ultima fatica letteraria “Quattro etti d’amore, grazie”
(Mondadori), manifesta una minor
intensità narrativa ed espressiva.
Due donne che si incrociano in un
supermercato: Erica, sposata con figli, spesso incontra nel fare la spesa Tea,
una attrice, fidanzata con un uomo-ameba e regolarmente fornita di amante. Non
v’è mai un contatto fra le due me, nonostante ciò, l’una vorrebbe essere l’altra,
al posto dell’altra, nella vita dell’altra, nelle condizioni dell’altra.
Il racconto ha quattro fili conduttori
paralleli: l’elenco delle pietanze che le co-protagoniste acquistano, apposto all’inizio di ogni capitolo; la storia
di Peter Pan e Wendy (soprannome affibbiato dall’uomo - ameba a Tea); la trama
di una soap opera (Testa o cuore) la cui
l’interprete principale è proprio Tea, telenovela adorata da Erica, fino a
diventare il tracciato entro il quale percorrere la propria esistenza; i
personaggi del famosa situation comedy
televisiva statunitense degli anni settanta Happy
days.
Più storie come ne “Le luci nelle case degli altri”, ma con
un tratto meno coinvolgente e accattivante, ove non sussiste alcunché di
ironico ed allegro come in “Passione
sinistra”.
Fabrizio Giulimondi
martedì 14 maggio 2013
"NO, I GIORNI DELL'ARCOBALENO"DI PABLO LARRAIN
“NO, I GIORNI DELL’ARCOBALENO”, interessante
film di Pablo Larrain sulla fase che precedette
lo svolgimento del referendum il 5
ottobre 1988 in Cile sulla prosecuzione o meno per ulteriori otto anni come Presidente
della Repubblica del dittatore Augusto Pinochet: fu un fatto clamoroso, a
livello politico e costituzionale, non solo per il Cile ma per il mondo intero.
Una
tirannide militare sorta l’11 settembre 1973 dopo il colpo di Stato che indusse
al suicidio il Capo di Stato eletto democraticamente Salvator Allende - e splendidamente descritta nel romanzo (poi
tradotto in versione cinematografica) della nipote Isabel Allende La Casa degli Spiriti - cessata senza alcuno spargimento di sangue attraverso
l’esercizio di un atto di pura democrazia diretta quale è il referendum. Tale
strumento fu richiesto - dopo quindici
anni dalla sanguinaria presa di potere e dopo migliaia di torture, eliminazioni
di massa, imprigionamenti abusivi, scomparse di moltitudini di studenti - dalla comunità internazionale: oggetto della
consultazione sarebbe stato il SI o il NO alla permanenza al potere in veste di
Presidente della Repubblica per altri otto anni di Pinochet. La campagna
sarebbe durata ventisette giorni e sarebbero stati mandati tutti i giorni per
quindici minuti ciascuno gli spot a
favore dell’una e dell’altra posizione.
Una risata vi travolgerà! Questo
è il nocciolo della lotta propagandistica del NO (alla permanenza del tiranno).
Le inserzioni televisive per il NO, in un primo tempo basati su riferimenti
espliciti agli efferati crimini del regime, piano piano si tramutano, grazie
alla arguzia – contrastata dall’ala comunista dei diciassette partiti componenti l’opposizione – di un noto
pubblicitario figlio di esuli, in sketch ironici ed allegri, che condurranno il Cile verso la libertà con la
prevalenza dei NO con ben il 54,68 % dei consensi: una moglie che dice NO al
marito che vuole fare l’amore con lei; il ragazzo che si attacca un foglietto
di carta con sopra scritto NO sulla lingua e molto altro ancora.
Accattivante
e intelligente la pellicola è realizzata con stile documentaristico, costellata
da filmati di repertorio dell’epoca, oltre con una tecnica che ricorda quella del vecchio super otto, con spostamento rapido delle inquadrature, colori
sfumati e immagini non completamente nitide, abilmente sfocate. Il sonoro è in
presa diretta, per chi lo sente in lingua originale spagnola .
Ho
parlato di cambiamento di regime, da ferocemente repressivo a democratico senza
spargimento di sangue, senza colpo ferire: colpisce – e molto - la scena finale di un Pinochet, dimessosi pacificamente
dopo la sconfitta referendaria (e rimasto Capo delle Forze armate, una sorta di
Fatherland), compiere il passaggio di
consegne nel 1989 con il neo eletto (espressione della coalizione di
centro-sinistra) Presidente della (libera) Repubblica cilena Patricio Aylwin.
E’
un vero peccato, oltre ad essere inspiegabile,
che l’opera in commento sia
uscita già nei primi giorni nel circuito cinematografico - almeno a Roma – di “minore importanza”…e
non me ne vogliano i titolari!
Fabrizio Giulimondi
domenica 12 maggio 2013
FABRIZIO GIULIMONDI CONSIGLIA "IL FU MATTIA PASCAL" DI LUIGI PIRANDELLO AL TEATRO QUIRINO DI ROMA
02.12 Maggio 2013
TATO RUSSO
IL FU MATTIA PASCAL
versione teatrale di Tato Russo dal romanzo
di Luigi Pirandello
di Luigi Pirandello
con Katia Terlizzi e Francesco Acquaroli
Renato De Rienzo, Sarah Falanga
Giulio Fotia, Marina Lorenzi
Antonio Rampino, Carmen Pommella
Francesco Ruotolo, Massimo Sorrentino
Renato De Rienzo, Sarah Falanga
Giulio Fotia, Marina Lorenzi
Antonio Rampino, Carmen Pommella
Francesco Ruotolo, Massimo Sorrentino
scene Tony Di Ronza
costumi Giusi Giustino
musiche Alessio Vlad
uno spettacolo di TATO RUSSO
ORARI SPETTACOLI
dal martedì al sabato ore 20.45
venerdì 3 ore 16.45 e ore 20.45
sabato 4 ore 16.45 e ore 20.45
mercoledì 8 ore 16.45 e ore 20.45
giovedì 9 maggio ore 16.45 e ore 20.45
tutte le domeniche ore 16.45
dal martedì al sabato ore 20.45
venerdì 3 ore 16.45 e ore 20.45
sabato 4 ore 16.45 e ore 20.45
mercoledì 8 ore 16.45 e ore 20.45
giovedì 9 maggio ore 16.45 e ore 20.45
tutte le domeniche ore 16.45
Il tema fondamentale dell'opera pirandelliana (basta pensare non solo alla presente commedia, ma anche a "Sei personaggi in cerca d'autore") è la crisi d'identità dell'uomo moderno e la sua incapacità di rispondere alla domanda: chi sono io?
Pirandello risponde a questo quesito affermando che ciascun essere umano tenta invano di definirsi, non esistendo un "io reale", bensì solo un "io apparente": ciascuno è di volta in volta la persona che desidera essere o quella che gli altri vogliono che sia.
Nessuno, pertanto, sa quale sia la sua vera identità né quella degli altri.
La realtà, perciò, è fatta solo di apparenze.
venerdì 10 maggio 2013
FABRIZIO GIULIMONDI VI INVITA A PARTECIPARE ALLA "MARCIA PER LA VITA"
"Rivendicare il diritto all'aborto, all'infanticidio, alla eutanasia e riconoscerlo legalmente equivale ad attribuire alla libertà umana un significato perverso e iniquo: quello di un potere assoluto sugli altri e contro gli altri, ma questa è la morte della vera libertà" Beato Giovanni Paolo II
PER MASSIMO MAZZER
Mi piace pensare che Massimo sia ancora in mezzo a noi, che se avessimo occhiali speciali lo vedremmo con il suo volto un pò sornione.
Chi combatte in vita continua a farlo anche dopo perché non dimentica l'amore di cui si è circondato e che ha dato.
Massimo anche se non lo vediamo è con noi.
In realtà una persona muore veramente solo quando la cancelliamo dalla nostra vita quotidiana.
Continuiamo a fare vivere Massimo nelle nostre speranze di tutti i giorni e lui ci terrà una mano, libera oramai dalla malattia, sulla spalla.
Con amicizia.
Fabrizio.
....continuate a pensarmi...continuare a parlarmi...continuate a raccontarmi quello che fate...proprio come se fossi lì, con voi, perché potrei essere davvero lì, con voi.
Caterina
mercoledì 8 maggio 2013
"MIELE" OPERA PRIMA DI VALERIA GOLINO
“Miele”, opera prima come regista dell’attrice Valeria Golino, liberamente tratta dal romanzo di Mauro Covavich "A nome tuo", riprende il tema della eutanasia, già affrontato in chiave più ideologica e politica da Marco Bellocchio ne “La bella addormentata”.
Il percorso della trama del film, proprio per l’argomento affrontato, non è una passeggiata, e lascia perplessi la mancanza di divieti, non certo per le scene, che non scendono mai in eccessi ma fanno sempre un passo indietro, ma per la fatale angoscia che la storia infonde nello spettatore.
Miele è il nome “di servizio” di una ragazza che accompagna – a pagamento – persone che, ritenendosi spacciate a causa di patologie devastanti e costrette alla conduzione di una esistenza segnata da terribili sofferenze e annientamento della propria corporeità, chiedono la c.d. “dolce morte”.
Miele si procura un barbiturico per uso veterinario per soppressione di cani in Messico e, se ne va poi in giro per le Città italiane, su segnalazione di un medico che non appare mai (un novello Kevorkian, il “dottor Morte” statunitense che ha ucciso centinaia di persone e deceduto nel 2011), a somministrarlo, rimanendo vicino al “paziente” sino alla fine, curando persino il sottofondo musicale, la presenza di bevande alcoliche, dolciumi e la soddisfazione di ulteriori desiderata precedentemente palesati dal moriturus.
L’intensità e la bellezza del volto di Jasmine Trinca (Miele) è simile a quella tratteggiata dal sottoscritto nella recensione relativa a “Un giorno devi andare” (pubblicata su questa stessa “Rubrica”): anche nella pellicola della Golino v’è il senso di non appartenenza della protagonista (appunto Jasmine Trinco), come se, pur stando in quel luogo vorrebbe stare in un altro, perché il primo non le appartiene, non appartenendole probabilmente neppure il secondo.
La ricerca in “Un giorno devi andare” è positiva, è profonda è spirituale, è ricerca di Bene e di Bello, in “Miele”, invece, l’azione di Irene (questo è il suo vero nome) si ammanta di umanità ma, in realtà, non è altro che profusione di morte.
Questo finché non incontra un signore, interpretato dal grande Carlo Cecchi, che vuole morire, non per sfuggire ad una condanna a morte dovuta ad una terribile malattia, ma per noia, disinteresse a tutti e tutto.
L’etica professionale di Miele non lo può consentire: lei presta ausilio ai morenti, non ai depressi! Ecco che viene a crearsi un sostegno reciproco, che condurrà la ragazza ad un ripensamento sulla propria “professione” e l’anziano signore…..
Altamente consigliato, nella speranza di vederlo vittorioso a Cannes.
Fabrizio Giulimondi
lunedì 6 maggio 2013
FABRIZIO GIULIMONDI: DEDICATO A MASSIMO MAZZER
Mi sono
chiesto se era già il caso di pubblicare
un altro documento a pochi giorni dalla morte di Massimo Mazzer, per di più
proprio oggi che si sono tenute le
esequie al Santuario del Divin Amore a Roma.
Mi sono
risposto di sì, perché il comunicato stampa dell'Istituto San Benedetto per l'Europa sotto postato annuncia una
operazione di grande rilievo sociale e culturale alla Garbatella, e Massimo
apparteneva alla più nobile tradizione della Destra romana e negli ultimi
cinque anni si era dedicato anima e cuore (come al solito, come sempre) alla
qualificazione delle periferie romane ed al miglioramento delle loro condizioni
di vita.
Per questo
pubblico questa notizia, rivolgendo gli occhi in Alto e al Nostro Fianco, ossia
dove adesso Massimo sta.
Fabrizio
COMUNICATO STAMPA
Il giorno 15 maggio, alle ore 11,
presso la scuola pubblica “Cesare Battisti“ , via Montuori, 5, si terrà un
brindisi inaugurale per l’apertura della nuova sede dell’Istituto San Benedetto
per l’Europa, la Ricchezza
delle Diversità(http://www.istitutosanbenedettoperleuropa.it/), sita all’ultimo piano del plesso
scolastico.
I locali dell’immobile saranno
adoperati come consulenza e sportello formativo e informativo per la creazione
di impresa in periferia.
L’Istituto si augura di poter
contribuire, anche nel proseguo della propria opera didattica ed accademica, ad
un ulteriore miglioramento culturale del suggestivo e storico quartiere
della Garbatella.
Il vivo auspicio della San Benedetto
è di vedere crescere intorno alle proprie
attività una collaborazione da parte dei residenti del quartiere e di proporsi
come riferimento intellettuale per le ragazze ed i ragazzi di
qualsiasi provenienza geografica, con possibile beneficio anche a favore delle attività commerciali, imprenditoriali e
residenziali di zona, in un momento di così grave crisi economica, finanziaria,
umana e sociale.
Si coglie l’occasione, altresì, per ringraziare di vero cuore l’Assessore ai
Lavori Pubblici e alle Periferie di Roma Capitale Fabrizio Ghera per l’encomiabile
impegno profuso nella assegnazione dei locali e nella loro sistemazione, consapevole di fornire un importante e utile
ausilio alla Garbatella e all’intera Città di Roma.
sabato 4 maggio 2013
LA SLA HA UCCISO MASSIMO MAZZER
MASSIMO E' MORTO INDOMITO COME HA VISSUTO
L'ULTIMO SMS CHE HO RICEVUTO ALLE ORE 9:50:5 DEL 30 APRILE TRASUDAVA ANCORA SPERANZA
ONORE E DIGNITA'
Fabrizio
venerdì 3 maggio 2013
FABRIZIO GIULIMONDI:NUCLEO DI VALUTAZIONE UNIVERSITA' "GABRIELE D'ANNUNZIO"
Nucleo di Valutazione
Indirizzo: Campus universitario di Via dei Vestini, 31 Città: Chieti cap: 66013
Rappresentanza dei due docenti interni:
1) Prof. NAZZARENO RE - Presidente 2) Prof. TONIO DI BATTISTA Rappresentanza dei tre componenti esterni: 1) Dott.ssa EMANUELA STEFANI 2) Dott. MATTEO TURRI 3) Prof. FABRIZIO GIULIMONDI Rappresentanza studentesca (b.a. 2012/2014): Sig.na LILIANA RUFFINI |
"PASSIONE SINISTRA" E "VIAGGIO DA SOLA": QUANDO IL CINEMA NON ESALTA
Gli ultimi due film visti non scatenano brividi di esaltazione.
“Passione sinistra” di Marco Ponti, con Valentina Lodovini (quella di Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord con qualche chilo di troppo) e Alessandro Preziosi, tratto dall’omonimo romanzo di Chiara Gamberale , attraverso i due protagonisti - uno di destra e l’altro di sinistra, che inevitabilmente si innamorano secondo l’adagio “i poli si attraggono” - sviscera tutti i luoghi comuni relativi ai supporter dei due schieramenti: mangiare il sushi è di destra, mentre cibarsi di kebab è di sinistra!
“Viaggio da sola” è di qualità migliore, anche perché Margherita Buy (che vidi la prima volta una trentina di anni fa a Spoleto al Festival dei Due Mondi) rimane sempre fra le migliori attrici italiane.
La Buy interpreta una ispettrice in incognita, una ospite inattesa, ossia una di coloro che va in giro per alberghi di lusso sparpagliati nel globo per conto delle agenzie specializzate nel settore, per verificare la effettiva qualità dei servizi da essi forniti (fino alle minutaglie) e la loro corrispondenza alle “stelle” precedentemente assegnate.
Il messaggio è esplicito: la Buy è libera, senza limiti, senza alcun legame e condizionamento, vive nell’agio e nel bello, ma in realtà è sola.
Il confronto è con la sorella (Fabrizia Sacchi) che ha un marito (Giammarco Tognazzi, figlio d’arte insieme a Maria Sole Tognazzi, regista del film) e due figlie, e con l’ex fidanzato (Stefano Accorsi) che aspetta un figlio da “una di passaggio”.
In attesa di pellicole migliori, quali quella intitolata NO - i giorni dell’arcobaleno - che uscirà nelle sale il prossimo 9 maggio - sul referendum che defenestrò dal suo sanguinario scranno il dittatore cileno Pinochet.
Fabrizio Giulimondi