giovedì 14 aprile 2022

"LE NON COSE: COME ABBIAMO SMESSO DI VIVERE IL REALE" di BYUNG-CHUL HAN

 Le non cose: Come abbiamo smesso di vivere il reale di [Byung-chul Han, Simone Aglan-Buttazzi]

"Le parole si sono messe davanti alle cose. Il sentito dire ha inghiottito il mondo.".

"Le non cose: Come abbiamo smesso di vivere il reale" (Einaudi) del tedesco-coreano Byung-Chul Han, è un affascinante saggio filosofico, non per tutti, approdato recentemente nelle librerie italiane.

Il mondo artificiale, finto e irreale del digitale, pian piano sta sostituendo quello vero composto di cose colte dai nostri cinque sensi.

Nel leggerlo mi sono immerso nella voglia di reale, di pagine ingiallite e polverose, di vecchi utensili, non meri oggetti di consumo ma condensanti i sentimenti e le emozioni del proprietario, la di lui vita che si è "cosalizzata" in una tavola da stiro, in una cucitrice, o magari in quel jukebox che ha rivelato al suo udito un brano meraviglioso e sino ad allora sconosciuto, o, ancor meglio, il temperamatite che gli ha fatto conoscere la futura consorte.

Non si possiede più nulla ma ci si limita ad accede ad un mondo tutto eguale, incolore, inodore, insapore, senza mani né piedi.

Il libro fa riflettere e contemporaneamente intimorisce, perché mostra vividamente l'abbrutimento dell'uomo dinanzi a schermi, volutamente piatti e lisci, di computer e iPhone scoppiettanti di un profluvio di informazioni e notizie prive di anima, prive di materia, prive di "cosalità".

Lo scontro del mondo reale con quello digitale si rispecchia nell' avversione della fotografia analogica per quella digitale: la prima va oltre l'immagine, la seconda si ferma alla sua sterile riproduzione.

Il digitale è rumoroso nella continua e ossessiva ricerca della comunicazione e nella autoproduzione di se stessi. La vita reale è volontà di silenzio, attenzione e contemplazione, cura di ciò che è autentico, fisico, corporeo, fuori da noi. L'esistenza reale ci proietta verso l'esterno, mentre il digitale ci costringe ad essere ingessati nel nostro ego, in una dimensione solipsica, individualistica, autistica, che nega l'altro. Il reale richiama fatalmente l'altro, la necessità del suo ascolto, della sua vicinanza, sollecitando la persona ad assumere una postura che riduca lo spazio che si frappone con l'altro. Nel mondo digitale delle "non-cose" l'altro non esiste, presenziando solo la propria brama di comunicare, di informare ed informarsi, di fare, agire sempre, in continuazione, ossessivamente, poiché solo se operi vivi e vivi solo se comunichi costantemente ciò che fai: l'altro è solo un'altra "non-cosa" destinataria inerte di comunicazioni e informazioni svuotate di relazioni con ciò che ci circonda.

Si vuole conoscere tutto, all'istante, perdendo il senso del mistero, il desiderio dell'ignoto. Le cose non posseggono più una propria forza gravitazionale.

"Abbiamo eliminato qualsiasi trascendenza, qualsiasi ordine verticale che necessiti di silenzio. Il verticale cede all'orizzontale. Nulla svetta. Nulla si approfondisce. La realtà viene livellata riducendosi a flussi di informazioni e dati.".

Fabrizio Giulimondi

 

mercoledì 6 aprile 2022

"SUICIDIO OCCIDENTALE. PERCHÉ È SBAGLIATO PROCESSARE LA NOSTRA STORIA E CANCELLARE I NOSTRI VALORI" di FEDERICO RAMPINI

 Suicidio occidentale: Perché è sbagliato processare la nostra storia e cancellare i nostri valori di [Federico Rampini]

"Qualche volta, per decretare la gogna pubblica, basta l'accusa di essere stati troppo comprensivi verso un'altra vittima di processi sommari.".

Dopo la perla "Fermare Pechino" - anch'essa da me recensita - Federico Rampini ci dona un diamante: "Suicidio occidentale. Perché è sbagliato processare la nostra storia e cancellare i nostri valori" (Mondadori).

Sono anni che la saggistica di Destra denuncia una deriva suicidaria dell'Occidente, ma la provenienza dell'Autore dal mondo italo-statunitense progressista, liberal e di Sinistra rende l'accusa ancora più dirompente, incisiva e inappellabile.

Il titolo si inserisce nel binario letterario che origina ne "Il tramonto dell'Occidente" di Oswald Spengler (1911-1922), per transitare lungo "Il suicidio dell'Occidente" di James Burnham (1964).

Rampini è duro, tagliente, puntuale, senza infingimenti, "senza-pelle", corroborando con autorevolezza il suo periodare con dati, citazioni erudite e rilevazioni statistiche.

Negli States, specie in quelli a guida democratica, non esiste più la libertà di parola e di pensiero e la violazione dei canoni non scritti del sistema ideologico e tirannico del "Politicamente Corretto" comporta l'immediata espulsione del reietto dalla società, una inestinguibile damnatio memoriae, sino, anche, al suicidio. Il web potenzia il tutto. Lo stato di diritto è cancellato. Le università, le redazioni dei giornali, i luoghi di lavoro, i centri culturali e dello spettacolo sono dominati - e oppressi - dai liberal, che di liberale non hanno proprio nulla. Se non la pensi come loro devi essere gettato dalla Rupe Tarpea: la differenza dai romani consiste solo nel fatto che lo facevano veramente....ma del "ìdoman non v'è certezza.

"Si possono fare a pezzi l'istituzione della famiglia, la distinzione di ruoli sessuali, il rispetto verso gli anziani o verso il patrimonio culturale dell'Occidente. Ma non si può tagliare un albero.": è il nuovo paganesimo, quello dell'ambientalismo apocalittico di Greta e dell'animalismo nel quale gli animali vengono prima degli esseri umani.

Il saggio è micidiale, un'autentica bomba atomica (metaforicamente parlando, visti i tempi) che spalanca le porte alla verità e si propone di mettere in allarme gli europei, che si sono posti sullo stesso piano inclinato verso una tirannide che si ammanta di una democrazia fittizia.

Quello a stelle e strisce è un sistema orwelliano in cui devi frenarti un attimo prima di pronunziare vocaboli o esprimere pensieri "leggerissimamente" non conformi al "Pensiero unico" stabilito dal "capitalismo adattivo", dai grandi gruppi finanziari e da pochi danarosi tecnocrati che governano sulla politica, gli atenei ed i quotidiani. La conseguenza è un "fine pena mai", essendo il Politically Correct una religione che sconosce il perdono.

L'uomo bianco è colpevole di ogni infamia a prescindere e le minoranze etniche e sessuali devono prevalere ovunque, nel lavoro e negli studi, perché sono esenti da ogni macchia, paradigmi sociali ed etici per tutti gli abitanti della Terra, esempi di virtù per una armoniosa pacifica convivenza.

Rampini compie un lavoro di cesello operando la propria ricerca anche su un piano storico, sociologico, piscologico, massmediatico, semantico e politologico: un lavoro senza pietà e a tutto tondo.

"L'establishment è felice di promuovere per cooptazione un'élite di afroamericani .....e disprezza quei bifolchi razzisti degli operai bianchi i cui figli non possono andare all'università. Promuovere l'agenda dei transgender, imporre l'uso di nuovi pronomi neutri o plurali dà una visibilità enorme allo zero virgola qualcosa per cento della popolazione e zittisce i «senza laurea» con tutti i loro pregiudizi osceni, i loro bisogni sociali, le diseguaglianze e le ingiustizie sofferte.".

Fabrizio Giulimondi