domenica 28 febbraio 2016

"I VENTITRE' GIORNI DELLA CITTA' DI ALBA" DI BEPPE FENOGLIO

Risultati immagini per i ventitre giorni della città di alba
I ventitré giorni della città di Alba” di Beppe Fenoglio (1922-1963), pubblicato nel 1952 dalla casa editrice Einaudi, è una di quelle raccolte di racconti che lasciano il segno nella storia della letteratura patria e nella storia della guerra civile degli anni 1943-1945.
Beppe Fenoglio, entrato nel 1944 nelle formazioni partigiane comuniste della brigata “Garibaldi”,  getta uno sguardo nel prima e nel dopo il 25 aprile del 1945, da un angolo prospettico che, per la prima volta, tiene in considerazione anche quello  dei militi “della parte sbagliata”,  attirandosi,  per tale ragione, il disprezzo di molti suoi ex “compagni”.
Giampaolo Pansa di questa linea di pensiero, di ricerca  e di condotta ne  ha fatto  il fulcro della sua produzione letteraria da Il sangue dei vinti (ottobre2003) in poi (Fabrizio Giulimondi).

E ora la parola al Maestro.

I ventitrè giorni della città di Alba”, rievocanti episodi partigiani o l’inquietudine dei giovani nel dopoguerra, sono racconti pieni di fatti, con una evidenza cinematografica, con una penetrazione psicologica tutta oggettiva e rilevano un temperamento di narrazione crudo ma senza ostentazione, senza compiacenze di stile, asciutto ed esatto” (Italo Calvino)

"LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT" DI GABRIELE MAINETTI: VINCITORE DAVID DI DONATELLO 2016 (MIGLIOR REGISTA ESORDIENTE, MIGLIOR PRODUTTORE, MIGLIORE ATTORE PROTAGONISTA, MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA, MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA, MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA, MIGLIOR MONTAGGIO)

Locandina Lo chiamavano Jeeg Robot

Il cinema italiano in questi mesi sta tirando fuori il meglio di sé.
“Lo chiamavano Jeeg Robot” del bravissimo regista Gabriele Mainetti è un film talmente denso, complesso, articolato, surreale e pregno di suggestioni, da far trovare in difficoltà chiunque voglia scriverne.
Da Pasolini a Tarantino a Gō Nagai, da Accattone a Non essere cattivo a Suburra ai manga della metà degli anni ’70 Jeeg Robot, passando per la Marvel, la superba, densa, implacabile pellicola di Mainetti tutto centrifuga, tutto trita e tutto prende, fra realtà cruda e nuda  e mondo del fantastico.
Un miserabile “banditello” della periferia romana (Claudio Santamaria) che si pasce di yogurt e di porno, in una Roma bella nella intensità della sua luce e obnubilata  da bombe camorriste (che richiamano l’estate romana del 1993), può scoprirsi a sua insaputa un super eroe. Sì, un super eroe, ma non di quelli machisti all’”americana”, ma un super eroe che ha bisogno  dello sguardo incantevole e del dolce sorriso di una ragazza “non più in sé”(Ilenia Pastorelli) per comprendere che gli altri servono, che una vita senza gli altri è una vita abbruttita e che gli altri hanno bisogno di lui e solo grazie a  lui possono salvarsi.
Lo scontro finale con il malvagio (il sempiterno “cattivo” Luca Marinelli) appartiene ad una epica normalità e il suo  set  è lo Stadio Olimpico.
Una interpretazione magistrale di attori che catturano lo spettatore e lo legano alla poltrona al ritmo di Anna Oxa, Nada, Loredana Bertè…………eeee……….Jeeg Robot d’Acciaio.
Emozioni. Drammaticità. Violenza. Brutalità. L’improvviso affacciarsi di momenti di comicità. Tenerezza. Presa di coscienza. Sentimento. Amore. Sacrificio. Ora ha veramente capito chi lui sia.
Corri super-delinquente! Corri Jeeg! Ora hai capito chi sei. La ggente è lì fuori e ha bisogno di te. Ti sta aspettando.
Imperdibile!

Fabrizio Giulimondi


venerdì 26 febbraio 2016

"IL CASO SPOTLIGHT" DI THOMAS MCCARTHY: OSCAR 2016 COME "MIGLIOR FILM" E "MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE"

Locandina Il caso Spotlight

Il caso Spotlight” del regista Thomas McCarthy è un fior fiore di film, candidato a ben sei Premi Oscar (miglior film, regia, attore e attrice non protagonista, sceneggiatura originale e montaggio) e già vincitore di due Golden Globe (miglior film drammatico e sceneggiatura).
La storia si svolge fra il 2001 e il 2002 e tratta il terribile caso di 249 preti  - ossia ben il 6% di quelli incardinati nell’Arcidiocesi di Boston - che abusarono di circa un migliaio di bambini, nel silenzio consapevole e colpevole del Cardinal Law (poi trasferito presso la Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma).
Fu l’evento che travolse la Chiesa Cattolica statunitense riducendola sul lastrico per le cause miliardarie che ne susseguirono.
La trattazione è misurata, attenta, intelligente, senza forzature né sbavature, legata alla coraggiosa indagine giornalistica condotta dai cinque giornalisti del team “Spotlight” del Boston Globe (il magazine cittadino), che hanno aperto le porte degli inferi di sacerdoti che hanno compiuto ai danni di fanciulli poveri loro affidati il peggiore dei crimini: la pedofilia.
Assolutamente da vedere.

Fabrizio Giulimondi




lunedì 22 febbraio 2016

"IL ROMPISCATOLE. L'ITALIA RACCONTATA DA UN RAGAZZO DEL '35" DI GIAMPAOLO PANSA

Il rompiscatole
Recensire Giampaolo Pansa non è impresa da poco. Pansa è una colonna portante del giornalismo italiano. Indomito, mai asservito ad una parte politica, uomo libero nel pensiero e nella ricerca storica, non è si mai piegato ai diktat della storiografia ufficiale dei vincitori e ha rivolto il suo sguardo ai vinti, al sangue sparso dai “Figli di Salò” e alle barbariche vendette partigiane ai loro danni e ai danni delle loro madri, fidanzate e sorelle a guerra conclusa, anche abbondantemente terminata.
Giampaolo Pansa è sempre stato un “rompiscatole” e questo suo sentirsi tale lo ha voluto imbrigliare nel titolo della sua ultima fatica letteraria, “Il rompiscatole. L’Italia raccontata da un ragazzo del ’35”(Rizzoli).
La sua adolescenza, l’amore per la sua terra e la sua famiglia, le prime avventure sentimentali e sessuali, la passione per il giornalismo che lo proietterà verso le più importanti testate italiane. Gli articoli, i libri, i romanzi, i saggi e la voglia di narrare l’Italia mai raccontata, quella di coloro che avevano combattuto “dalla parte sbagliata”, del fascismo, della Repubblica sociale italiana. Pansa ricorda la becera, violenta e ottusa propaganda della intelligentia “progressista” contro di lui per aver osato parlare, da uomo di sinistra quale era ed è, di una pagina della storia che doveva rimanere nascosta, perché poteva rivelare che i santi non erano così santi e i diavoli non erano cosi diavoli.
La regola giusta (per un giornalista ndr) è di non occuparsi di quanto si occupano tutti…E’ la diversità che fa la differenza….Raccontare le vendette sui fascisti che avevano perso la guerra era un lavoro che nessun giornalista di sinistra considerava sensato o importante. Si guardavano bene dall’affrontarlo. A renderli refrattari era la faziosità, insieme al timore di rompere il tabù dell’antifascismo radicale”.
Lucido, bello, coraggioso (come sempre, come al solito), emozionante, commovente, vero, autentico.

Fabrizio Giulimondi

domenica 14 febbraio 2016

"PERFETTI SCONOSCIUTI" DI PAOLO GENOVESE: VINCITORE DAVID DI DONATELLO 2016 (MIGLIOR FILM, MIGLIORE SCENEGGIATURA)

Locandina Perfetti sconosciuti

Erano anni (a parte il Premio Oscar La grande bellezza di Paolo Sorrentino) che nelle sale italiane non approdava un film di autentico valore artistico e contenutistico. “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese avrebbe bisogno di un saggio o, magari, di un piccolo trattato, per poter essere approfondito sino ai minimi dettagli.
Credo sia elevata la possibilità che vinca il David di Donatello.
A differenza della cinematografia statunitense, quella italiana tende ad analizzare la famiglia sgretolandola. Invece di essere un “gruppo di famiglia in un interno” (Luchino Visconti) questa pellicola mostra un “gruppo di famiglie in un interno”, seguendo oramai quel consolidato filone filmico, come “Cena con amici”, “Il nome del figlio”, e “Bisogna parlare”, in cui l’ambientazione è in un appartamento ove si svolge l’intera azione scenica.
Perfetti sconosciuti” è una straordinaria opera pluritematica: i cellulari sono “scatole nere” che raccolgono la vita pubblica, privata ma, soprattutto, segreta delle persone. I cellulari hanno cambiato il modo di comunicare e, forse, hanno mutato l’essere umano stesso. I cellulari sono causa di una percentuale non minoritaria di separazioni, divorzi, rotture di rapporti e grandi litigi. Quanto sappiamo di noi stessi e, ancora di più, quanto sappiamo realmente di chi ci sta a fianco, anche da una vita? Ci sono individui che hanno una vita, chi due, chi tre. Mettere “in viva voce” telefonate che giungono durante una normale serata conviviale fra vecchie conoscenze e “in chiaro” sms, messaggi facebook e whatsapp, può rilevarsi un gioco pericoloso, dirompente, che fa uscire allo scoperto un mondo nascosto fatto di amanti, omosessualità e intimità mai svelate.
E’ bene sapere sempre tutto? La verità rende liberi o distrugge?
Una raffinata analisi introspettiva e psicologica dei personaggi, un ritmo narrativo incalzante e una recitazione strepitosa di attori italiani di primo livello (Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastrandrea, Alba Rohrwacher, Kasia Smutniak), catturano lo spettatore dal primo ciack al the end.
Imperdibile!

Fabrizio Giulimondi


mercoledì 10 febbraio 2016

"THE HATEFUL EIGHT" DI QUENTIN TARANTINO: OSCAR 2016 PER "MIGLIORE COLONNA SONORA" AD ENNIO MORRICONE

Locandina The Hateful Eight

“The hateful eight” è  l’ennesimo film (troppo) splatter di Quentin Tarantino -  autentica orgia di sangue, violenza e truculenza -  che non a nulla a che vedere con le opere precedenti, come “Kill Bill” e “Django unchained”.
Unica nota positiva è il Golden Globe 2016 per la “Miglior colonna sonora” assegnato al grande compositore italiano Ennio Morricone.
Sconsigliata la visione.

Fabrizio Giulimondi



domenica 7 febbraio 2016

"L'ABBIAMO FATTA GROSSA" DI CARLO VERDONE

Locandina L'abbiamo fatta grossa

L’attore comico reinterpreta la realtà drammatica in cui vive mettendo alla berlina gli aspetti che la compongono.
I grandi della commedia italiana, come Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi, sono stati straordinari attori comici e drammatici e, se vogliamo, lo stesso Paolo Villaggio, grazie a Fracchia e Fantozzi, ha fatto ridere tutti gli italiani parlando della vita grama di un  piccolo impiegato statale.
Carlo Verdone oramai rientra in questo filone cinematografico agro-dolce, come una pietanza cinese, spingendosi nel suo ultimo film “L’abbiamo fatta grossa” – che vede Verdone nella duplice veste di regista e interprete insieme al bravo Antonio Albanese, che, talora, quasi per effetto riflesso, fa riemergere durante la recitazione Cetto La Qualunque - a narrare una storia che, oltre ad avere i tratti tipici della commedia nostrana, costellata di gag ed equivoci, assume anche una struttura thriller, con un finale amaro, nota spesso ricorrente nella filmografia verdoniana.
Il “pernacchio” che sentirete nel the end è la riproduzione fedele  di quello indimenticabile emesso dalla bocca del grande Totò in “I due marescialli” di Sergio Corbucci.
Buone risate tristi!

Fabrizio Giulimondi


sabato 6 febbraio 2016

"LA PROFEZIA FINALE. LETTERA A PAPA FRANCESCO SULLA CHIESA IN TEMPO DI GUERRA" DI ANTONIO SOCCI

La profezia finale

Antonio Socci, dopo Non è Francesco pubblicato nel 2004 dalla Mondadori, è uscito in questi giorni nelle librerie con “La profezia finale. Lettera a Papa Francesco sulla Chiesa in tempo di guerra” (Rizzoli), saggio in forma epistolare - tragico, struggente ed erudito, appassionato, commovente, emozionante e carico di amore per Cristo - con il quale l’Autore continua la sua interlocuzione con Jorge Maria Bergoglio, divenuto il 13 marzo 2013 Pontefice di Santa Romana Chiesa.
Francesco è l’ultimo Pontifex Maximus della cattolicità o il primo Capo di una nuova chiesa internazionale, misto di sociologia, pseudo spiritualità e politically correct, con il compito di non creare problemi ad alcuno, di soggiacere ai diktat del club che comanda il pianeta, di abolire il peccato e, in nome di una assolutistica “misericordia”, permettere a ciascuno di fare ciò che vuole, ossia, per dirla con il sociologo polacco Zygmunt Bauman, una chiesa “liquida”?
Consiglio vivamente di leggerlo.


Fabrizio Giulimondi