domenica 11 aprile 2021

“LA LEGGENDA DI FIORE” di MARCELLO VENEZIANI (MARSILIO)



Si può recensire un’emozione?

Si possono recensire sentimenti che si affastellano alla rinfusa senza poterli più governare, né controllare, né porvi freni o rimedi?

La leggenda di Fiore” di Marcello Veneziani (Marsilio) è la valle dove confluiscono i tanti lavori di Veneziani che, a mo’ di fiumi carsici, trasudano dalla terra al ridosso della vallata per riempirla con una intramontabile bellezza dalle sembianze di un lungo racconto. Una narrazione per simboli e metafore che assumono la forma di parole che, imbarcazioni immaginarie, trasportano pensieri resi visibili dal linguaggio della poesia e della prosa: la poesia sfuma in prosa e, solitarie compagne di viaggio, si confondono nell’idioma filosofico occhieggiante la teologia. “La leggenda di Fiore” è una creatura mitologica, autobiografica nella intimità, alchemica nell’approccio, mistica e misterica nel contenuto, contemplativa, eremitica, sciamanica e melodiosa, onirica e favolistica nell’orizzonte. L’Autore verga un viaggio geo-religioso in cui non lo spazio ed il tempo, ma la spiritualità e l’”Altrove” guidano Fiore. Veneziani è il cantore della profondità e della ricerca, degli interrogativi che costituiscono la vera trama del romanzo come nodi di un tappeto persiano, pressanti e incessanti, vividi come il rosso acceso che tinge i petali dei gladioli, pugni diretti allo stomaco, richiamanti altri interrogativi e altri ancora, florilegio di bozzetti che non si trasformeranno mai in pittura essendo essi stessi, nella loro finitezza, minuscole opere d’arte.

La leggenda di Fiore” è una storia di Maestri e figli e di padri e discepoli, fra Gibran e Tolkien, dove fiere dantesche accompagnano Fiore, novello Ulisse, Marco Polo dei giorni nostri, mentre ingaggia un viaggio metafisico fra Occidente e Oriente che si incrociano, al termine, nella Terra di Mezzo, luogo nel quale Est e Ovest si sciolgono e si fondono.

Un lungo dolce addio dal quale la morte sboccia dopo la vita come un fiore muta in frutto, ben consapevole Fiore che la morte non è il futuro ma solo il passato, ergendosi dinnanzi a sé, maestosa, luminescente, un’altra vita.

Viaggiava da Oriente a Occidente, sempre nel Sud, come a tracciare una geografia dello spirito sottratta agli eventi, alle guerre, agli imperi, agli stati; dove i luoghi non erano schiavi dei tempi, agli angoli estremi del pianeta, dove era possibile conoscere la verità nuda e indifesa delle cose.”.

Fabrizio Giulimondi