venerdì 20 settembre 2024

"LA CASA DEL MAGO" di EMANUELE TREVI (PONTE ALLE GRAZIE): CINQUINA PREMIO CAMPIELLO 2024

 


Questa è la caratteristica fondamentale che ci distingue dagli altri animali, più ancora del riso o del linguaggio. E il non sapere esattamente ciò che si vuole deve essere per forza la conseguenza di un potente istinto di conservazione. Tanto è vero che nemmeno mio padre, nemmeno i più illustri guaritori della storia, avevano mai potuto mettere impunemente le mani sul meccanismo umano dell’inconsapevolezza: modifica disabilitata.”.

(Ponte alle Grazie) – “cinquina” del Premio Campiello 2024 - è un romanzo bellissimo e oracolare, semanticamente alchemico e narrativamente amletico, con al centro della scena la solitudine come chiave di lettura della esistenza umana, interpretata dal padre del protagonista, dal protagonista e da Raoul, personaggio creato dalla immaginifica capacità creatrice di Beppe Fenoglio. La solitudine è salvifica ed è il retrobottega presente in ognuno di noi. La Degenerata, la Vistatrice, Paradisa-Gatta Morta e Miss Miller sono solo meteore che accompagnano la solitudine senza mai però intaccarla. La Visitatrice è una metafora, un simbolo, una allegoria, una chiazza di luce misterica che incuriosisce il lettore, che continuerà ad interrogarsi su chi lei sia veramente ben oltre la fine del romanzo: la coscienza? Il subconscio? L’inconscio?

La casa del mago” narra di un padre meraviglioso e misterioso; di un padre che occupa lo spazio dentro le linee di un esagramma e rappresenta lo zero al termine della cifra; di un uomo avvolgente tutta la storia, figura centrale fra figure centrali. “La casa del mago” ripercorre rimembranze familiari ancestrali che divengono familiari anche al lettore tanto sono vicine, vivide e reali.

Il “figlio del mago” percorre un dedalo ipnagogico di pensieri, fra Freud e Jung, simile al labirinto di dislivelli, vicoli, passerelle, stradine e ponticelli che disegnano Venezia. Questo lavoro di Trevi è un mosaico di parole e pensieri, dove le parole aggottano i pensieri e i pensieri le parole come il navigante la propria imbarcazione.

Scrivendo, mio padre rimediava a una mancanza di percezione diretta e immediata della vita; disegnando, andava nella direzione contraria: quella della evaporazione della coscienza di sé e del mondo.”.

Fabrizio Giulimondi