“Vieni, Mia, vieni. Scrisse nuovamente i nomi
in testa ai fogli. Pauline. Johanne. Karoline. Andre. Sei anni. Cominciare la
scuola in autunno. Marco 10:14. Lasciate che i bambini vengano a me. Viaggio da
sola. Corda per saltare. Alberi. Bosco. Vestiti puliti. Corpi ben curati.
Shakespeare. Amleto. Zainetti. Libri di scuola. Cominciava a muoversi qualcosa.
Rikke JW. Hønefoss. La bambina non fu mai trovata. Viaggio da sola.”.
Molto
simile per stile e contenuti all’opera del compianto Giorgio Faletti, distante
dall’algido approccio linguistico del conterraneo Jo Nesbø, Samuel Bjørk con “La stagione degli innocenti” (Longanesi) introduce il lettore in una
agevole trama psicopatico-criminale che riprende temi già diffusamente affrontati
dal cinema e dalla letteratura. Il devastante mix follia e settarismo religioso, incubi personali e istinti
omicidi, il cui collante è una deviata religiosità, è oramai un leit motiv di successo, come dimostrano lo scrittore svedese Stieg
Larsson con la fortunata trilogia “Millennium” e l’italiano Donato Carrisi con
i suoi ben più acuti e dotti romanzi serial
killer-esoterici.
Thriller godibile in attesa che qualcuno lo traduca in linguaggio cinematografico.
Fabrizio Giulimondi
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