martedì 23 febbraio 2021

"ITALIANA" di GIUSEPPE CATOZZELLA


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La storia vera di Maria (nome di battaglia: Ciccilla) e Pietro ha ispirato il capolavoro di Alexandre Dumas "Robin Hood. Il principe dei ladri", ed è narrata nell'ultimo splendido libro di Giuseppe Catozzella "Italiana"(Mondadori), un romanzo che rapisce il lettore.

Siamo nella Calabria borbonica di Ferdinando II e Francesco II con l'esercito sabaudo alle porte e l'eroico condottiero Garibaldi che promette la liberazione dal giogo schiavistico dei proprietari terrieri e terra e usi civici per tutti gli asserviti mezzadri. Nulla di tutto ciò avverrà e così vedrà la luce quel fenomeno che la storiografia dei vincitori chiamerà brigantaggio.

Le pagine sono annerite dal fumo di un camino spoglio che niente ha da cucinare. In ambientazioni tetre e povere si muovono personaggi maestosi come la loro povertà che ne amplifica coraggio e passione. La miseria punteggia parole vivificate dal colore delle foglie dei boschi e dal suono delle foreste. La lettura è ancora salvifica: "L'unica consolazione la trovavo nei libri, la solitudine di quei mesi mi ha fatto capire che sono gli unici amici fidati che una donna possa avere, sempre che abbia la fortuna di imparare a leggere.".

La scrittura è veloce come un nibbio in picchiata e astuta con un lupo di montagna. La superbia delle descrizioni naturalistiche si accompagna con la potenza del linguaggio dei corpi efficace come quello delle parole.

Il puzzo è lo spazio fra una parola e l'altra, la desolazione ritma una esistenza destinata al servaggio, ma sotto panni lerci e maleodoranti la forza  della vita e della libertà batte indomita e prorompente: "...il paesaggio attorno per quello che erano: un cumulo di dannazione e abbattimento, ammassi di immondizia e feci ai bordi delle strade, cani randagi scheletrici e rabbiosi, topi giganteschi che scorrazzavano nel fango, in mezzo alle pozzanghere, gruppi di disperati e miserabili che ogni giorno e ogni momento si ritrovavano in crocicchi per cercare  un modo di fregare o corrompere qualcuno pur di sopravvivere.".

La metamorfosi dell'anima e metamorfosi del corpo vanno di pari passo e, con esse, emerge la presa di coscienza di ciò che si vorrebbe essere, di ciò che non si vorrebbe essere e di ciò che non si è più; Maria capisce che vuole essere altro da quello che Borboni, sabaudi e garibaldini impongono che lei sia: Maria simboleggia un popolo sottomesso da oppressori e liberatori.

Dal bozzolo di una vita animalesca si libra una libellula che morirà da persona libera. I volti di Maria e Pietro sono intensi come l'odore del grano, del melograno e della vegetazione della Sila. La loro forza sfida uno stato tirannico che non cambia con l'arrivo delle giubbe rosse.

L'incontro finale è l'abbraccio fra due modi di vivere, quello del carceriere e quello della detenuta, opposti e eguali allo stesso tempo, affasciati dall' invincibile desiderio di non essere più succubi, ma padroni del proprio destino. Una tensione morale che diverrà Italia, orizzonte tinto del sangue di tanti patrioti, un sangue vermiglio versato anche da coloro che furono chiamati briganti, patrioti anch'essi, come Pietro "che aveva combattuto, aveva perso, e dall'Italia si sentiva rifiutato".

"Io sono Maria, Maria soltanto. Ciccilla è morta nella grotta dove abbiamo perso la guerra civile. È finita, e adesso mi sento sollevata. Non dover combattere più è già una vittoria.".

Fabrizio Giulimondi

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