mercoledì 26 agosto 2015

VERSO IL PREMIO CAMPIELLO 2015: "IL TEMPO MIGLIORE DELLA NOSTRA VITA" DI ANTONIO SCURATI, VINCITORE DEL PREMIO VIAREGGIO 2015


Lavoro sinfonico, corale, plurale, articolato, impegnativo, complesso, “Il tempo migliore della nostra vita (Bompiani, candidato al Premio Campiello 2015 e vincitore del Premio Viareggio 2015) di Antonio Scurati, è “un libro unico, dunque, affollato come un gruppo fotografico”, come disse Italo Calvino riguardo a “Lessico famigliare” di Natalia Ginzburg, la grande scrittrice moglie di Leone Ginzburg, del cui eroico rigore intellettuale e pervicace compostezza umana e politica si narra in questo lavoro di ampio respiro storico, biografico, sociale e sentimentale. Leone Ginzburg è stato uno dei tredici accademici italiani su tremila in servizio nel 1934 che rifiutò il giuramento al fascismo e ne pagò amare conseguenze. Leone Ginzburg è un personaggio omerico, grandioso e possente nella sua semplicità e quotidianità, che però non possiede alcuno degli elementi mitologici della tragedia e della letteratura greca: la sua storia è agganciata al mondo reale, al ventennio fascista, all’orrore della guerra, dell’occupazione nazista e della guerra civile e alle speranze e alle esaltazioni del dopoguerra. Leone Ginzburg è un personaggio umano e non storico, secondo la distinzione da lui stesso coniata nella prefazione a “Guerra e pace” di Tolstoj. I personaggi storici vivono sempre, in qualsiasi epoca, in tempo di guerra, mentre quelli umani solamente in tempo di pace. Al pari di Tolstoj, Ginzburg prendeva partito per una “felicità esplicitamente terrena”.
Questa “felicità esplicitamente terrena” è sommersa invero dalla devastazione e “Il tempo migliore della nostra vita” ne trasuda. Dai pori della carta stampata il lettore sente incessantemente l’odore acre del sangue, ode le esplosioni incessanti dei bombardamenti americani e tedeschi, ascolta continue urla strazianti di decine di migliaia di italiani falciati dalle mitragliatrici e prova senza cesure il loro dolore, la loro disperazione, da cui è impossibile fuggire.
La narrazione è un crescendo inarrestabile di vita e morte, annientamento e mirabile e commovente voglia di ricostruzione e di ballo e canto, come se nulla fosse successo, verso l’esplosione finale, verso una conclusione che lascia senza fiato perché incarna bellezza letteraria pura, apoteosi di emozioni lasciate libere, senza controllo e argini, sentimenti che escono privi di pudore dalle mani dello scrittore e travolgono impietosamente il lettore.
Questo capolavoro è: ” Un tentativo di stabilire una comunione di vita tra i vivi e i morti. E persino tra i morti, i vivi e i non ancora nati. Un sentimento d’amicizia, di consentaneità, di fratellanza verso il lettore sconosciuto di un tempo ancora increato. Questa la posta in gioco. Questo patetico, grandioso amore, non tanto per il prossimo, quanto per la vita straniera, lontana, soprattutto per la vita a venire, il presente preso tra due fuochi, il passato e il futuro.”.

Fabrizio Giulimondi

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