Lavoro
sinfonico, corale, plurale, articolato, impegnativo, complesso, “Il tempo migliore della nostra vita (Bompiani, candidato al Premio Campiello
2015 e vincitore del Premio Viareggio 2015) di Antonio Scurati, è “un libro unico, dunque, affollato come un
gruppo fotografico”, come disse Italo Calvino riguardo a “Lessico
famigliare” di Natalia Ginzburg, la grande scrittrice moglie di Leone Ginzburg,
del cui eroico rigore intellettuale e pervicace compostezza umana e politica si
narra in questo lavoro di ampio respiro storico, biografico, sociale e
sentimentale. Leone Ginzburg è stato uno dei tredici accademici italiani su
tremila in servizio nel 1934 che rifiutò il giuramento al fascismo e ne pagò
amare conseguenze. Leone Ginzburg è un personaggio omerico, grandioso e possente
nella sua semplicità e quotidianità, che però non possiede alcuno degli
elementi mitologici della tragedia e della letteratura greca: la sua storia è
agganciata al mondo reale, al ventennio fascista, all’orrore della guerra,
dell’occupazione nazista e della guerra civile e alle speranze e alle
esaltazioni del dopoguerra. Leone Ginzburg è un personaggio umano e non
storico, secondo la distinzione da lui stesso coniata nella prefazione a “Guerra
e pace” di Tolstoj. I personaggi storici vivono sempre, in qualsiasi epoca, in
tempo di guerra, mentre quelli umani solamente in tempo di pace. Al pari di
Tolstoj, Ginzburg prendeva partito per una “felicità esplicitamente terrena”.
Questa
“felicità esplicitamente terrena” è sommersa invero dalla devastazione e “Il tempo migliore della nostra vita” ne
trasuda. Dai pori della carta stampata il lettore sente incessantemente l’odore
acre del sangue, ode le esplosioni incessanti dei bombardamenti americani e
tedeschi, ascolta continue urla strazianti di decine di migliaia di italiani
falciati dalle mitragliatrici e prova senza cesure il loro dolore, la loro disperazione,
da cui è impossibile fuggire.
La
narrazione è un crescendo inarrestabile di vita e morte, annientamento e
mirabile e commovente voglia di ricostruzione e di ballo e canto, come se nulla
fosse successo, verso l’esplosione finale, verso una conclusione che lascia
senza fiato perché incarna bellezza letteraria pura, apoteosi di emozioni
lasciate libere, senza controllo e argini, sentimenti che escono privi di
pudore dalle mani dello scrittore e travolgono impietosamente il lettore.
Questo
capolavoro è: ” Un tentativo di stabilire
una comunione di vita tra i vivi e i morti. E persino tra i morti, i vivi e i
non ancora nati. Un sentimento d’amicizia, di consentaneità, di fratellanza
verso il lettore sconosciuto di un tempo ancora increato. Questa la posta in
gioco. Questo patetico, grandioso amore, non tanto per il prossimo, quanto per
la vita straniera, lontana, soprattutto per la vita a venire, il presente preso
tra due fuochi, il passato e il futuro.”.
Fabrizio Giulimondi
Bellissima recensione
RispondiEliminaBellissima recensione
RispondiEliminaUn esame eccelso del testo, che stimola a misurarsi nella lettura dell'opera.
RispondiEliminaComplimenti
Agganciante e poetica interpretazione del testo.
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