“Il narratore, un narratore adulto che
raccontava la sua infanzia, era figlio unico, e l’epicentro della famiglia era
la madre, con la quale viveva e condivideva l’ambivalente ricordo di un padre
assente. Gli ho prestato preoccupazioni e pensieri di quelli che allora mi
assillavano..”.
Che
cosa è la Bellezza?
Che
cosa è una struggente Bellezza?
Che cosa
è una sconvolgente Bellezza?
Portentoso,
magnifico, superbo, toccante, il romanzo autobiografico-terapeutico “Il tempo della vita” (Elliot Edizioni) dello scrittore spagnolo
Marcos Giralt Torrente (indubbio
erede di Javier Marias e di Enrique Vila-Matas), vincitore del Premio Nacional
de Narrativa 2011 e del Premio Strega Europeo 2014, lascia senza fiato, turba,
morde il cuore, lascia attoniti e con lo sguardo fisso. “Il tempo della vita” è letteratura e musica e cinema e pittura e
teatro e poesia, e le parole e le immagini e le sonorità si fondono in una
unica emozione.
Torrente effettua una implacabile indagine introspettiva, senza
pelle, a mani nude e carne viva, con
animo divelto, dei sentimenti di un
padre verso il figlio e del figlio verso il padre, di un padre che si
riappropria di suo figlio e del figlio che si riappropria di suo padre.
E
poi tutto si scolora e giunge la morte, nel cadenzarsi ritmico di verbi
ripetuti ossessivamente, a mo' di anafora, lungo i quali la mente si perde in quella dell’Autore.
“…la nostra vita è impastata di fatti
fortuiti. Da ogni decisione che prendiamo derivano infinite possibilità, per
non parlare degli effetti che hanno su di noi le decisioni degli altri. Il
futuro è incerto, viviamo nel presente. Il passato è l’unica cosa che pare
inamovibile e tendiamo a mistificarlo. Ci offre un riferimento contro il quale
ribellarci o con il quale riconciliarci. Possono essere i genitori o meno, e
ciò basta perché rappresentino un conflitto.”.
Fabrizio Giulimondi
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