Il
Signore degli Anelli è stato l’inizio, poi sono arrivati Harry Potter e le saghe
di Twilight ed Hunger Games e, infine, Divergent series con il secondo film “Insurgent” di Robert Schwentke.
Oramai
le vecchie serie televisive, oggi chiamate fiction,
sono state trasbordate dal piccolo al grande schermo. Oramai i film di queste
opere fantasy rappresentano episodi che si snocciolano negli anni, con il povero
spettatore che si deve raccapezzare nella complessa trama, dovendosi ricordare gli
accadimenti dell’ultimo film-puntata visto non meno di un anno prima. Oramai,
per giunta, v’è l’abitudine di suddividere l’ultimo film, tratto dell’ultimo romanzo
da cui è presa l’intera narrazione, in due separate proiezioni, rendendo ancora
più defatigante la comprensione della storia.
“Insurgent” ha
uno sviluppo narrativo - molto
rimaneggiato rispetto al libro di Veronica Roth - più appannato rispetto a Divergent e il leitmotiv - di sapore politico come il
cugino Hunger Games – si sostanzia nell’indicare alla platea che l’umanità è
divergente in quanto è un poco di tutto: un po’ abnegante, un po’ intrepida, un
po’ erudita, un po’ candida, un po’ pacifica….e anche un po’ esclusa.
Il
finale richiama volutamente il crollo del Muro di Berlino nell’avviarsi degli
appartenenti a tutte le fazioni, inclusi i divergenti, verso la recinzione che
separa la Città (in realtà una apocalittica Chicago sventrata post nucleare)
dal resto della Terra dove vive l’umanità “divergente”.
In
attesa della terza puntata…………………
Fabrizio Giulimondi
P.S.:
per avere una panoramica della prima pellicola Divergent riporto la recensione pubblicata al tempo.
Divergent di Neil Burger, ennesima piacevole saga
fantascientifica tratta dai tre romanzi di Veronica Roth (il che vuole dire che
ve ne saranno almeno altri due di film).
La
trama rispecchia canoni classici della filmografia del settore: società post
bellica e post nucleare divisa in cinque rigide fazioni, a mo’ di caste: gli
abneganti (mansueti e solidaristi), gli intrepidi (temerari fino all’alto
rischio della vita), gli eruditi (conoscitori del tutto), candidi (amanti della verità e amministratori della giustizia ) e i pacifici
(badano al raccolto ed eternamente felici). Chi non riusciva ad entrare in queste
categorie era “escluso”, una sorta di paria dell’India pre –Gandhi.
E
poi ci sono i divergenti, che possiedono le capacità di più classi e sfuggono,
pertanto, al controllo dei dominanti (ben raffigurati da Kate Winslet, che ben ricorda una guardiana nazista). I divergenti
non sono inquadrati ed inquadrabili e pensano e agiscono autonomamente e,
dunque, sono pericolosi…e devono essere eliminati.
La
protagonista (Tris) interpretata da Shailene
Woodley (brava attrice non protagonista in Paradiso Amaro di George
Clooney), prima abnegante e poi intrepida, in realtà è una divergente. La Woodley - non so se volontariamente o
involontariamente - imita palesemente nella fisicità, nella mimica, nei movenze
e nella recitazione, la molto più famosa eroina di Hunger Games Jennifer
Lawrence. Anche lei deve superare una serie di prove, fra cui quella
particolarmente suggestiva e inquietante in forza della quale le dispotiche
autorità indagano nelle paure dei
partecipanti ai test. Tris sarà aiutata fatalmente ed inevitabilmente da un
apparente “cattivo” chiamato “Quattro” (Theo
James), la cui visione sta già facendo innamorare frotte di ragazzine.
Oramai
le saghe letterarie e, di conseguenza, cinematografiche, fanno da padrone nei
cinema del mondo, non sempre ottenendo buoni risultati in termini di qualità
(di botteghino sicuramente si). Divergent,
nella sua prima “puntata” sul grande schermo, può essere valutato di buona
fattura come storia, come scene vibranti di action movie e di effetti speciali
e, anche, per la recitazione mai monotona o scontata.
Ultimo
aspetto da rimarcare che colpisce molto: la quasi assenza di parole volgari e
la completa mancanza di scene di nudo: si fossero sbagliati gli Autori?
Fabrizio Giulimondi
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