Il 20
luglio 1969 alle 20.18 UTC Neil Armstrong fu il primo uomo a mettere piede sul
suolo della Luna. Buzz Aldrin lo seguì subito dopo. Armstrong trascorse due ore
e mezza al di fuori della navicella. Un terzo membro della missione, Michael
Collins, rimase in orbita lunare, pilotando il modulo che riportò gli
astronauti a casa. La missione terminò il 24 luglio con l'ammaraggio nell'Oceano
Pacifico.
“First man” di Damien Chazelle (produttore esecutivo Steven Spielberg) nei 141 minuti di durata racconta cosa può l’essere
umano partendo da una tragedia umana accaduta nei primi anni ’60 ad Amstrong.
E’ un
cammino fuori e dentro l’uomo, fuori e dentro la famiglia, fuori e dentro gli
spazi dell’universo, fuori e dentro l’Apollo 11, fuori e dentro l’animo umano
in ricerca dell’altro da sé, un animo umano in perenne e indomita ricerca.
E’ un
film che parla di sfide impossibili che divengono possibili.
Aveva
ragione il neoplatonico fiorentino Marsilio Ficino che nel ‘400 disse che l’uomo
poteva inabissarsi negli inferi, ma anche innalzarsi ad sidera coeli.
“First man”, che ha un illustre
antesignano in “Apollo 13” di Ron Howard (1995), fa vivere le violente e
insostenibili scosse che percuotono il corpo degli astronauti, il loro
malessere fisico, la loro paura principio del loro coraggio, le luci accecanti,
il clangore di rumori assordanti…il silenzio…assoluto…lì fuori…fuori dal LEM…la
superficie lunare è lì…a portata di uomo…e lo spettatore vive il silenzio
assoluto, vive per una manciata di secondi il silenzio del cosmo.
Notevoli
tutti gli attori e grande l’interpretazione di Ryan Gosling (Neil Amstrong) e di Claire Foy (sua moglie).
La
forza della famiglia, la forza di una moglie e di una madre, nel dramma, nella
meta, che non è solo individuale, ma appartiene all’umanità intera.
"One small
step for a man, one giant leap for mankind".
Fabrizio
Giulimondi
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