venerdì 2 novembre 2018

"EUFORIA" DI VALERIA GOLINO


Al suo secondo film come regista (il primo è stato l’altrettanto bello “Miele”, successivo ad una esperienza con il corto “Armandino e il Madre”) la brava e di lunga esperienza attrice Valeria Golino, dopo l’eutanasia si cimenta in “Euforia” con i rapporti intimi e tormentati fra familiari e, in particolare, fra fratelli. Indubbiamente è un tema già molto sviscerato dal cinema italiano, ma in quest’opera (che presumibilmente riceverà qualche premio) se ne avverte il tocco femminile.
“Euforia” emotivamente complesso, molto fisico, immerso nella cornice fascinosa del centro di Roma, segue una tecnica cineastica perfetta e la fotografia, con la sua carrellata di immagini del cielo romano percorso da gabbiani e fitti stormi di uccelli, i suoi tetti e le sue terrazze, è estremamente suggestiva. Il sofisticato tratteggio descrittivo degli ambienti interni e tutta la narrazione estetica evoca gli ultimi lavori e capolavori di Paolo Sorrentino.
L’analisi psicologica e caratteriale dei personaggi è oculata e emergono dal coro attoriale (Isabella Ferrari, Jasmine Trinca, Marzia Ubaldi, Valentina Cervi) due oramai impareggiabili interpreti, Riccardo Scamarcio e Valerio Mastrandrea, che ricoprono il ruolo di due fratelli (Matteo e Ettore) nel loro rincorrersi attraendosi e respingendosi, respingendosi e attraendosi.
L’uso dell’alcol, del sesso promiscuo omosessuale, del tabacco, della cocaina e la costante fuga da sentimenti sinceri, solidi e stabili da parte di Matteo, non risolvono ma aggravano il dolore per il dramma presente e il “non detto” e l’imponderabile passato. A fronte del dinamismo di Matteo v’è la scultorea, tragica solitudine di Ettore, afflitto da molti sentimenti contrastanti fra di loro, incapace di esternarli alla moglie, al figlio e alle antiche ed attuali “fiamme”. Inutile, sfuggente quanto superficiale la ricerca del miracolo attraverso una improvvisata ricerca di spiritualità e del sacro durante un subitaneo e improvvido viaggio a Medjiugorje. Le evocazioni di affetti più profondi appaiono come tenui braci sotto una densa coltre di cenere, tranne quella dei fratelli, che cresce sempre più prepotentemente lungo tutto lo sviluppo della storia per sciogliersi in un abbraccio finale.
Fabrizio Giulimondi



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