“Aveva gettato in una disperazione ancora più
profonda un uomo già disperato di trovarsi di fronte alla morte. Non era da
tutti, e Ōji se ne gloriava.”.
Il
celebre scrittore crime nipponico Isaka Kōtarō è arrivato nelle librerie
di tutto il mondo con “I sette killer
dello Shinkansen” (Einaudi), “giallo”
claustrofobico, surreale e introspettivo.
La storia
corre in equilibrio lungo una corda come un funambolo, è una narrazione
funambolica quella che compie l’Autore del Sol Levante, fra incisività e, almeno
apparenti, ingenuità.
Il
racconto è ambientato dentro un treno-proiettile giapponese e si struttura in
un movimento conseguenziale di fermoimmagine che compaiono e scompaiono come un
convoglio che appare e scompare fuori e dentro una galleria.
La
forma è quella del thriller ma, in realtà, è un breve trattato di sociologia e sulla
psicologia di massa e le tecniche manipolatorie delle coscienze. Kōtarō compie una disamina puntuale sulla
malvagità umana e sulla sua autogiustificazione, analizzandola ad uno stadio che
rasenta la purezza. Tutto nasce da questa domanda: “Perché non si può ammazzare
a piacimento un essere umano? L’origine è il genocidio del Ruanda del 1994 per
giungere, con il bisturi dell’arte letteraria simile a quella di Baudelaire, a
penetrare dentro un’anima putrefatta, l’anima di un ragazzino di 13 anni.
Il
libro è un diesel e si muove in maniera pachidermica acquisendo energia e
motilità solo nell’avanzare della lettura.
Spunti
di immenso interesse e palese attualità emergono dalle pagine del romanzo: alle
persone non viene tolta la libertà ma sono esse stesse che se la fanno
sottrarre convinte di non poter fare altrimenti.
“Io adoro che in questa maniera la gente
finisca sotto il controllo di un grande potere.
Cadendo nella trappola della necessità di giustificarsi e difendersi, le
persone procedono naturalmente in una certa direzione. Osservare questo
fenomeno per me è divertentissimo. Sarebbe il massimo avere in mano quel potere
di controllo, non credi? Massacri come in Ruanda, incidenti dovuti agli
ingorghi stradali…se ne avessi la capacità, potrei causarli io stesso.
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Manipolando
l’informazione, intendi?”
Fabrizio Giulimondi
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