mercoledì 23 novembre 2022

"TORNARE UMANI" di SUSANNA TAMARO (SOLFERINO)

 


Duecentosettantotto pagine di delicatezza. Duecentosettantotto pagine di riflessione. Duecentosettantotto pagine di quel denso e lieve ragionato spessore di cui oramai in molti della platea umana sono privi.

L’ultimo libro di Susanna TamaroTornare umani” (Solferino) è di una struggente bellezza. Struggente perché sai che in troppi non lo leggeranno e continueranno a intossicarsi di nefandezze imposte dagli “squaleni”; bellezza per la poetica, in ragione della lirica letteraria.

Gli ideogrammi cinesi tracciano il filo di luce che il lettore segue al fine di percepire il mondo vissuto dall’Autrice nel biennio pandemico italico. Susanna Tamaro ha rispettato i dettami imposti dallo Stato, dai vaccini, all’uso delle mascherine, al rispetto dei confinamenti, ai divieti serali di uscire, al distanziamento fra esseri umani.

La paura, il Kong, è il mezzo per impedire di pensare. Il pensiero è l’arma più potente che un essere umano possegga e, per siffatta ragione, qualunque regime che si rispetti cerca di impedirne il libero esercizio: “L’unico valore ammesso è l’assoluta obbedienza”.

Dinanzi all’irrazionalità delle misure intraprese, alla discriminazione, alla segregazione e all’odio “ufficiale” nei confronti delle persone non vaccinate (“Il no vax da figura folkloristica si è trasformato nel nemico mortale della nazione”), la Tamaro, vaccinata e con la mascherina, non solo non ha cessato di ragionare ma ha potenziato la sua volontà di entrare nel dedalo opprimente delle prescrizioni pubbliche per indagarne le basi razionali, e non scovarne alcuna: il vaccino non impediva nulla, né contagi, né sintomi gravi, né ospedalizzazioni, né morti. La Scrittrice comincia ad avvertire intorno a sé storie di danni fisici, anche fatali, di individui che, fiduciosi in una scienza divenuta inscalfibile religione e fede dogmatica, si sono fatti inoculare il Siero Miracoloso: “Nel culto del vaccino non era più presente neppure la più lontana parvenza di scienza, perché la scienza è davvero tale soltanto quando ammette il dubbio e la possibilità dell’errore”.

Tornare umani” è una meditazione pacata ma tagliente immersa nelle immagini bucoliche dell’Umbria, tanto che all’orecchio di un attento lettore possono giungere i suoni lontani del garrire delle rondini, del mugghio delle mucche ed il fruscio delle foglie.

La delicatezza è la cifra di questo libro, inno all’almanaccare oramai proibito da Kong: “Il pensiero fa la grandezza dell’uomo”.

Non conta ciò che si vede, ciò che si sente, ciò che si è, conta ciò che viene detto “da chi vuole il nostro bene” anche se i fatti lo contraddicono ampiamente.

Un uomo che non pensa è un uomo che è pensato. Un uomo che non agisce è un uomo che è agito. Un uomo che obbedisce senza analisi critica è un uomo pericoloso. La storia del passato racconta di orrori di cui popoli interi si sono resi complici, supini agli ordini: “Il virus di un’irragionevole obbedienza, perché, se non si è in grado di ragionare, tutti gli ordini scanditi con voce autorevole sembrano degni di venire obbediti.”

Il cuore del lettore, verso l’imbrunire del lavoro, viene scaldato dalle vite di tre giganti che hanno opposto un diniego ad obbrobri statuali che hanno inghiottito l’Umanità, con il suo consenso,  (“Come mai seguono così docilmente un tiranno?”): Marie Curie, Fredy Hirsch e Franz Jägerstätter: "Il male provoca fracasso, dolore, smarrimento, confusione; il bene ha una natura silenziosa, forse appena un mormorio, ma la sua luce splende inestinguibile nell'oscurità del tempo, come brillano le lucciole nel torrido calore delle notti estive”.

Le pagine sul perdono che deve essere chiesto dalle Istituzioni sono di mirabile commozione: “Non lo è (idiota, ndr) piuttosto uno Stato che impone a tutti un obbligo su cui non brilla alcuna luce di razionalità, se non quella perversa e cupa del controllo sociale?”.

 Fabrizio Giulimondi

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