Chi
ama il thriller infarcito di serial killer, ragazzine scomparse, sequestrate ed
uccise, tensione, suspence, azione, capovolgimenti di trama e di situazione, coupe
de theatre, scene mozzafiato, è tempo che si legga l’ultimo romanzo di Sandrone
Dazieri “Il male che gli uomini fanno” (HarperCollins).
Oggi e
Ieri. Due donne: Francesca e Itala, un avvocato pieno di rimorsi e una
poliziotta piena di “peccati”. Non sono unite da nulla salvo dal tempo e da una
lunga scia di sangue. La polizia penitenziaria irrompe in un racconto giallo e
ne diventa protagonista.
Non
fatevi ingannare dalle apparenze, nulla è come sembra. Non distraetevi, pensate
a leggere.
Il Male
da sempre esercita un fascino irresistibile sull’essere umano e, in modo ancor
più possente, qualora il Male sia incarnato da un omicida seriale.
Con
Baudelaire l'arte rivendica il diritto a trattare il brutto anche nella sua
forma più estrema, quella del disgustoso. Già Aristotele si era posto la
domanda sul perché nell'arte ci attrae ciò che nella vita ci spaventa o ci
ripugna. Il Male è una calamita per gli uomini la cui esistenza si nutre del permanente
contrasto fra malvagità e bontà. La vita umana è una sempiterna scelta fra il Bene
ed il Male, la cui linea di confine non è sempre così marcata, nitida, netta. C’è
chi somministra dolore pensando di giungere in tal modo a ciò che è benigno.
La mente
non è un unicum ma una realtà misteriosa ed inestricabile, non dominata
affatto dall’uomo, che corre il rischio di ingannarsi qualora pensasse di sapersi
gestire compiutamente.
Dazieri
insinua la narrazione nei pertugi abominevoli del nostro animo, mostrando agli
occhi del lettore cosa siamo capaci di fare.
Fabrizio
Giulimondi
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