“Grace è come una maga. Evoca dal nulla
lettere e schizzi e frammenti di osso. O una gatta, forse, che viene a deporre
tesori ai suoi piedi. Soltanto che non sono i suoi tesori. E in ogni caso non
portano tesori, portano prede morte.”.
L’Autrice
de “La ragazza del treno”, Paula Hawkins,
è tornata nelle librerie con “L’ora blu.
Non è il momento di stare da soli” (Piemme).
Come
energia cinetica che si disperde lungo il percorso spazio-temporale, anche
alcune tracce del pathos del primo thriller si sono perse nella strutturazione
architettonica di questo secondo romanzo, pur rimanendovi cospicue e corpose
molecole che vengono avvertite vibrare nello sviluppo dell’azione scenica.
Le
acque rimangono chete lungo il tracciato narrativo finché marosi tumultuosi irrompono
nella visione del lettore.
Vi
sono tre co-protagonisti e un attore né protagonista né non- protagonista che
occupano il proscenio: Vanessa Chapman, Grace Haswell e Becker, simili ad un
gruppo pittorico, da una parte, mentre Julian si va a rannicchiare
dall’altro lato della tela. Nick e il resto pulviscolare delle comparse
compongono la propulsione preparatoria al lancio della trama. L’isola Eris, che
più volte al giorno si isola dalla terraferma a causa delle quotidiane maree,
più che un set costituisce l’atmosfera della storia. Le maree non sono soltanto
fenomeni lunari e marittimi ma veri e propri espedienti artistici e retorici volti
a cadenzare il flusso emotivo, strumenti che alzano o abbassano la tensione del
racconto.
Lo stile
morbido, mai aspro e pungente, consente una lettura oliata che conduce ad una
conclusione dalle multiformi interpretazioni.
Certamente
in “L’ora blu” i confini fra letteratura,
scultura, pittura e ceramica si confondono sino a divenire indistinti.
Fabrizio Giulimondi
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