“I
ragazzi della Nickel” di Colson Whitehead (Oscar Mondadori,
2019), vincitore del Premio Pulitzer 2020, è una “lettura necessaria” per dirla con
il Presidente Obama.
Crudo,
impietoso, senzapelle, mostra l’abominio del razzismo dell’America del
Sud degli anni ’60 tramite le vicende di Elwood e di altri ragazzi, poveri e
neri, la cui unica colpa è proprio di essere poveri e, soprattutto, black.
Il
libro si legge di volata ed è difficile non emozionarsi dinanzi a tanta
brutalità, a tanta plateale ingiustizia e a tanta voglia di resistere, vivere e
avere un futuro.
Il
bieco razzismo è componente principale dell’atmosfera, anzi direi l’unico
componente e l’ambientazione, il set, è reale, perché quella “scuola”
dove venivano “rieducati” ragazzi minorenni è esistita veramente con tutto il suo
carico di sofferenze e atrocità.
È un
romanzo “cinematografico” perché nel leggerlo sembra di vedere scorrere le
immagini di un film.
Questo
romanzo “cinematografico” evoca potentemente alla mente due pellicole di grande
pregio: “Sleepers” di Barry Levinson (1996) e “Le ali della libertà” di Frank
Darabont (1994).
Jaimie,
Turner, Desmond ed Elwood: dirty niggers per “educatori” spietati che
godono nell’affliggere punizioni anche di malsana ferocia e crudeltà, non sono
altro che bambini terrorizzati colpevoli solo del colore della propria pelle e
di essere senza famiglia e senza soldi.
La
colonna sonora della narrazione è costituita dalle parole pronunziate da Martin
Luther King durante i suoi discorsi di rivolta e ribellione, parole di
non-violenza e di accoglienza amorevole anche del nemico più spietato. Nel buio
totale (“Il buio oltre la siepe”) di una microscopica cella dove Elwood è
gettato per settimane, pestato e frustato, sorgono riflessioni che tolgono il
fiato su come si possano realizzare simili parole e simili pensieri dinanzi a
tanta cieca violenza e cattiveria; sembra di rivivere il “martirio d’amore” –
come lo definì Papa Paolo VI - di san padre Massimiliano Kolbe ad Auschwitz.
Autentica
e grande letteratura americana!
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