venerdì 25 aprile 2025

"UNA FIGLIA" di IVAN DE MATTEO

 


Una figlia” di Ivan De Matteo è un film ad altissima e permanente carica drammatica e di una bellezza seducente come non si vedeva da molo tempo nel cinema italiano. Stefano Accorsi interpreta magistralmente il padre e credo vada incontro al Premio David di Donatello come Miglior Attore Protagonista. Coinvolgente è l’arpeggio recitativo della figlia, la giovanissima Ginevra Francesconi, dotata di una notevole mimica e una peculiare espressione degli occhi che modula a seconda delle diverse ambientazioni narrative.

La trama è piastrellata da una attenta osservazione dello sviluppo e della maturazione psicologica ed interiore di ogni singolo personaggio che vive, ognuno da un angolo prospettico diverso, immani tragedie personali. Si è sempre soli nella sofferenza e più la sofferenza è grande e più si è soli. La ricerca introspettiva è circostanziata e densa e porta a scavare dentro all’intimità più profonda e nascosta dell’animo umano.

Quattro blocchi scenici come in un complesso statuario: uno è il padre, vittima di un crimine terribile; l’altro è la figlia, autrice del crimine; l’altro è, di sottofondo, la famiglia dell’assassinata; ultimo è la dimensione penitenziaria minorile, dal centro di prima accoglienza, all’istituto carcerario sino al collocamento in comunità, con la loro umanità e rassegnazione.

È la vita, in realtà, che riscatta le esistenze interrotte e rotte. È una nuova vita che fa rinascere la propria vita. Una nuova vita può essere il sentiero del riscatto, la vera nostalgia del futuro.

Un film privo di pregiudizi ma pregno di giudizi. Un film maieutico. Un film vero.

Fabrizio Giulimondi


                        


lunedì 21 aprile 2025

"LA CITTÀ PROIBITA" di GABRIELE MAINETTI

 


La città proibita” di Gabriele Mainetti (il regista di "Lo chiamavano Jeeg Robot") è un action movie di sapore tarantiniano e splatter, seppur non ad alta gradazione.

Lo schema narrativo cita spesso “Kill Bill”, tanto che la co-protagonista Yaxi Liu (interprete di Mei) ricorda parecchio nei combattimenti le movenze guerriere di Huma Thurman.

I corpi a corpo negli scontri a colpi di kung fu risultano avvincenti e evocano le pellicole degli anni ‘70 con il karateka Bruce Lee.

Convince, e non poco, Enrico Borello - per la prima volta attore protagonista in un film sul Grande Schermo - nel ruolo di Marcello, ragazzo pacifico che si trova coinvolto in vicende tragiche e connotate da estrema violenza, al termine delle quali capirà come è scomparso il padre Alfredo (Luca Zingaretti).

L’ambientazione a piazza Vittorio e nel quartiere multietnico dell’Esquilino a Roma rende particolarmente intrigante il racconto, reso ancor più colorito dalla presenza di Marco Giallini (Annibale, un “infamone” amico del cuore di Alfredo) e di Sabrina Ferilli (Lorena, madre di Marcello e proprietaria del ristorante, parte del set del film).

L’aspetto storiografico funge da interessante retrogusto del racconto: fra il 1979 e il 2015 in Cina era spietatamente proibito avere più di un figlio. La storia inizia in una provincia cinese con due sorelle che si “ritroveranno” nella periferia romana verde e un po' pasoliniana: la delinquenza borgatara-cinese, condita con prostituzione, immigrazione clandestina e brutalità, serve da bassorilievo ad una trama facilmente fruibile dallo spettatore, che potrà contare sul lieto fine.

Fabrizio Giulimondi

                        


"CLEMENTINA" di GIULIANA SALVI

 


Clementina” di Giuliana Salvi (Einaudi) è un mare placido, tranquillo, senza onde, che dalla metà in poi comincia ad incresparsi, ad assumere un moto ondoso spinto da venti sempre più turbolenti, sino ad esplodere sul finale in una tempesta dove acqua e bora si confondono in un amplesso rugginoso e violento.

Una famiglia. I Martello. Tre sorelle: Clementina, Maria e Anna. Tre fratelli: Francesco, Filippo e Emira. E poi Giuliana, Cesare, Emilia, Chiara, Margherita e Marga, anzi Margherita che è Marga. E Germain e Gianni. Storie che si rincorrono, si intrecciano, si sovrappongono, si inseguono.

La vita è dramma. Il dramma è vita.

La morte segue alla vita che segue alla morte in un eterno avvicendarsi senza tregua né respiro.

La vita ha senso perché la morte ne concluderà il cammino. La morte ha senso perché la vita ne ha conferito il suo misterioso significato.

La narrazione sa di cannella e miele.

La narrazione odora di gelsomino.

Clementina avvertì l’odore di cannella che le si fissò nelle radici. Inspirò forte ed espirò, e così ancora e ancora. Provò a piangere. Voleva piangere per sua sorella. Per Anna, che aveva avuto il privilegio di conoscere, di vedere bambina e donna. E per Emilia, che era rimasta bambina per sempre. Ma le lacrime non uscirono e i respiri non divennero singhiozzi.”.

Fabrizio Giulimondi

sabato 19 aprile 2025

"LE ASSAGGIATRICI" di SILVIO SOLDINI

 


Le assaggiatrici” di Silvio Soldini è tratto dall’omonimo romanzo di Rosella Postorino, vincitore del Premio Campiello 2018.

Il film mantiene una costante tensione, una permanente carica emotiva e drammatica che non abbandonano mai lo spettatore. Le tinte chiaro scure, ocra, soffuse e grigie, ci immergono in una trama che evoca le storie vere di donne che assaggiavano, con brutale imposizione, cibi per verificare che non fossero avvelenati e non attentassero alla vita di Hitler.

Si percepisce la presenza demoniaca del despota tedesco per tutta la durata della proiezione della pellicola pur non vedendolo mai.

Il Male lo si respira per tutto il tempo, perché è dentro l’ottusa e criminale obbedienza di uomini in divisa che hanno dismesso ogni minimale forma di umanità, trincerandosi proprio dietro a quella orripilante obbedienza. L’obbedienza atona, anonima, acritica e vitrea conduce quel mondo che gravitava intorno alla Croce Uncinata ad accettare e compiere ogni blasfemia.

Attraverso la fisicità delle sette assaggiatrici, attraverso la loro mimica straordinariamente empatica, coinvolgente e comunicativa, attraverso episodi che possono apparire di portata di gran lunga inferiore al genocidio e agli orrori bellici, ognuno interiorizza a quale abisso imperscrutabile e senza confine può giungere l’Umanità.

Sette cavie, sette vite schiacciate, sette corpi, una unica volontà di potenza.

Il cibo, così, da elemento gustoso di sostentamento vitale muta in mezzo di angosciante tirannide.

Fabrizio Giulimondi