“La città proibita” di Gabriele Mainetti (il regista di "Lo chiamavano Jeeg
Robot") è un action movie di sapore tarantiniano e splatter, seppur non ad alta gradazione.
Lo
schema narrativo cita spesso “Kill Bill”, tanto che la co-protagonista Yaxi Liu (interprete di Mei) ricorda parecchio
nei combattimenti le movenze guerriere di Huma Thurman.
I
corpi a corpo negli scontri a colpi di kung fu risultano avvincenti e evocano
le pellicole degli anni ‘70 con il karateka Bruce Lee.
Convince,
e non poco, Enrico Borello - per la
prima volta attore protagonista in un film sul Grande Schermo - nel ruolo di
Marcello, ragazzo pacifico che si trova coinvolto in vicende tragiche e connotate
da estrema violenza, al termine delle quali capirà come è scomparso il padre
Alfredo (Luca Zingaretti).
L’ambientazione
a piazza Vittorio e nel quartiere multietnico dell’Esquilino a Roma rende
particolarmente intrigante il racconto, reso ancor più colorito dalla presenza di
Marco Giallini (Annibale, un “infamone”
amico del cuore di Alfredo) e di Sabrina
Ferilli (Lorena, madre di Marcello e proprietaria del ristorante, parte del
set del film).
L’aspetto
storiografico funge da interessante retrogusto del racconto: fra il 1979 e il
2015 in Cina era spietatamente proibito avere più di un figlio. La storia
inizia in una provincia cinese con due sorelle che si “ritroveranno” nella periferia
romana verde e un po' pasoliniana: la delinquenza borgatara-cinese, condita con
prostituzione, immigrazione clandestina e brutalità, serve da bassorilievo ad
una trama facilmente fruibile dallo spettatore, che potrà contare sul lieto
fine.
Fabrizio Giulimondi
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