domenica 3 marzo 2013

MARCELLO FOA-MANUEL ANTONIO BRAGONZI "IL BAMBINO INVISIBILE"




“Il Bambino invisibile” di Marcello Foa (Piemme voci) è l’incredibile, drammatico e vero racconto di un bambino cileno di sei anni che fra le mattutine frustate con le quali il nonno (assassino della madre) lo sveglia, le pedate, gli schiaffi e i pugni, gli insulti, la denutrizione, le umiliazioni, gli abusi sessuali e tentativi di stupro, il quotidiano abbandono da parte di una famiglia, o meglio “non famiglia”, priva di qualsiasi forma di affetto o sentimento, di umanità o di coscienza, giunge ad essere adottato da una coppia di amorevoli e cristiani sposi milanesi.
Marcello Foa tramite un amico conoscerà il bambino diventato ragazzo, Manuel Antonio Bragonzi: il giornalista-scrittore,  attraverso una lunga e lenta opera maieutica, riuscirà a far  uscire dal cuore e dall’anima di  Manuel la tragica sua esperienza.
La storia che fatalmente turberà il lettore, si alterna fra lo squallido villaggio di Sant’Elena - vicino Santiago del Cile -  e il bosco circostante, ove Manuel vivrà da solo come un animale per mesi, dovendosi ingegnare per la ricerca del cibo e di un giaciglio. Manuel, come Robinson Crusoe o  Mowgli, passa parte della sua giovanissima esistenza come un selvaggio, senza che nessuno dei suoi “familiari” o “amici” si domandi dove sia. Era invisibile quando dimorava  in Sant’Elena, lo è nel bosco – foresta - giungla.
Il simbolo della ribellione della vittima contro l’autore di soprusi inauditi e incomprensibili è un cavallo che si rivolta gagliardamente contro il  proprio fantino-aguzzino -  che lo maltrattava continuamente,  pretendendo da lui sempre più potenza e velocità -  scalciandolo per terra e spaccandogli il cranio e il viso con gli zoccoli.
Ecco lo stato fisico di Manuel al momento in cui fu prelevato dai carabinieros e visitato dal medico: ”Il corpo era segnato da decine di protuberanze rosse, alcune piccole e purulente, altre grandi e squamose; mani e piedi erano tempestate di verruche, i capelli di pulci e pidocchi; l’intestino risultò infestato da vermi. Aveva la scabbia e la tigna capitis e così tante malattie infettive che il medico, visitandolo, si spaventò
Un pensiero va ad una coppia di miei antichi amici che hanno adottato un bambino sudamericano dopo quasi cinque anni di “martirio”. La procedura imposta dalla legge determina una feroce, lenta e ridicola burocrazia alle coppie, tante, che desiderano effettuare una adozione internazionale, volendo dare amore a fanciulli che versano in queste condizioni.
Invito gli scienziati  che hanno redatto la normativa in questione  a leggere questo libro.

Fabrizio Giulimondi


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