La
dimostrazione che si possa fare un film esteticamente pregevole e
contenutisticamente di valore è l’ultima fatica cinematografica del regista
francese Eric Lartigau “La famiglia Bélier”, commedia
gradevolissima, che oltre ad essere piacevole conduce lo spettatore verso
pensieri eticamente positivi: la famiglia, i sentimenti profondi e veri fra
marito e moglie, genitori e figli e tra fratelli.
Saper
parlare in una famiglia composta da padre, madre e fratello sordomuti.
Non
solo saper parlare ma saper cantare, perché Paula ha un dono nella voce: ha una
pepita d’oro nell’ugola.
Dover
limitare questo dono, anzi, quasi vergognarsene, perché Paula è il perno di quella
famiglia, e quella famiglia non può comunicare all’esterno senza di lei e ha
bisogno di lei per il lavoro al mercato e nella fattoria, specie adesso che il
padre si è messo in testa di concorrere come sindaco alle imminenti elezioni comunali.
Splendida
l’abilità del regista di passare dall’angolo prospettico di chi è in grado di
sentire a quello del sordo.
Tre
immagini raccontano in maniera emozionale questa navette: i genitori che comprendono per la prima volta le capacità
della figlia e la bellezza della sua voce, durante una sua esibizione,
guardando il volto estasiato e rigato di lacrime degli altri uditori, mentre il
sonoro diventa un solo, continuo suono atono; il padre che, mettendo il palmo
della grande mano intorno il collo di Paula mentre ella canta, tramite le
vibrazioni del gorgheggio ne coglie lo splendore; il canto lento e melodioso
della figlia all’audizione accompagnato dal linguaggio dei segni per
trasmettere ai familiari presenti cosa diceva il suo cuore: io non vado via, io non fuggo via, io
volerò!
E l’afflato
artistico finale che si trasforma il un lungo, intenso, struggente abbraccio
che è un adieu!
Fabrizio Giulimondi
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