“Mia madre” non
è solo uno dei film più intensi e veri di Nanni
Moretti (candidato al festival internazionale del cinema di Cannes insieme a
“Youth” del Premio Oscar Paolo Sorrentino e “Il racconto dei racconti” di Matteo
Garrone) , non è solo uno dei lavori più umani e dolorosi del regista romano,
ma è anche una delle pellicole che maggiormente mi hanno coinvolto a livello
personale: la madre di Nanni Moretti - i cui ultimi giorni di vita vengono
raccontati dal film - è stata la mia professoressa di greco durante l’ultimo anno
di liceo classico al Visconti di Roma.
E’
in realtà Margherita Buy ad
interpretare Nanni Moretti, è lei la regista che, mentre gira una pellicola con
un inetto attore americano (John Turturro),
assiste la mamma in ospedale nel suo inesorabile spegnersi (ossia la madre di
Nanni Moretti recentemente scomparsa, le cui vesti sono ricoperte
magistralmente, anche nelle sembianze fisiche, da Giulia Lazzarini), supportata e, direi, spesso sostituita da un più
presente e lucido fratello (Nanni Moretti).
La
scuola, i libri dei classici greci e latini, la militanza politica, si
respirano in tutta la produzione cinematografica di Moretti e, sommamente, in
questo lavoro, perché è ciò che egli stesso ha respirato in casa sua, nella sua
esistenza, essendo figlio di una professoressa liceale di lettere classiche, di
un noto accademico grecista e fratello di una studiosa di altrettanto pari livello
culturale. E’ la sua famiglia al centro della storia, quella famiglia che
abbiamo visto recitare più e più volte nei suoi film (talora il padre, talune volte
la madre, cert’altre la sorella) e che,
qui, diventa l’unico, immenso protagonista di un’ opera che avrà non poche chance di vedersi riconosciuto la prestigiosa Palma d’Oro.
Fabrizio Giulimondi
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