“L’ America non esiste” di Antonio Monda (Oscar Mondadori) è un lavoro letterario denso e intenso, regno
delle descrizioni e della elaborazione del lutto.
Tutto
è descrizione.
I
caratteri, la psicologia e la personalità dei protagonisti del racconto, due
fratelli rimasti orfani e transitati da Napoli ad una abitazione newyorkese dopo
la scomparsa dei genitori: eternamente comprensiva, dolce e di una religiosità popolana,
Maria; cinico, calcolatore e infastidito da ogni forma di sentimento,
sentimentalismo e vicinanza alla spiritualità, Nicola.
New
York non è di sottofondo alla storia, non ne rappresenta la scenografia ma è la
storia stessa, è dentro di essa: New York con la sua maestosità, ipocrisia e crudeltà, old money e
fast life, apparire e non essere.
La
morte vibra lungo tutta la lettura, è il dietro le quinte e il proscenio della
narrazione, il suo fil rouge, la sua
vera e impietosa weltanschauung:
finché Nicola non interiorizzerà la morte dei genitori non potrà comprendere Maria
e la sua gioia di vivere con gli altri,
in qualunque modo essi si manifestino.
E’
descrizione della esplosione delle arti cinematografiche, pittoriche e poetiche del primo dopo guerra.
E’
descrizione di incontri di boxe talmente
realistici che il lettore è costretto a scansare portentosi "ganci" che sente arrivare
al volto.
Semplice,
complesso e articolato nello stesso tempo “L’
America non esiste” fa odorare i profumi del Central Park e i sentori
primaverili di Manhattan, luoghi possenti dove solo domande altrettanto
possenti possono essere poste: “Si chiese
se diventiamo quello che siamo o possiamo cambiare la nostra realtà. Se fosse
in grado di amarla, la vita, o solo consumarla. Se avesse fatto molto o nulla,
da quando era arrivato. E quale fosse la differenza. Com'era bella Manhattan,
con la sua potenza, la sua frenesia, il suo deserto di milioni di persone. Continuava
a piangere, ma non voleva reagire con rabbia. Si combatte ogni giorno, e ogni
giorno si cade tante volte. Questo non ricordava chi glielo avesse detto, ma
non era importante. Quando vide il sole che brillava sui tetti dei grattaceli
pensò che non c’è nulla che scompaia per sempre”.
Fabrizio Giulimondi
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