Dopo “L’avvocato
del Duce” di Vincenzo Sinopoli e Alessandro Capone, torna al teatro una pièce teatrale sul cavalier Benito
Mussolini, Duce del fascismo e Primo Ministro italiano dal 31 ottobre 1922 al
25 luglio 1943, intitolata “Scacco al
Duce”. Prima di lasciare a Pier
Francesco Pingitore, Autore dell’opera, un ben più pregevole ed autorevole
commento, desidero fornire una spennellata di contestualizzazione storica ai
due tempi di grande impatto emotivo e pregni di grandi capacità attoriali ed
espressive di tutti gli interpreti sul palco, a partire da Luca Biagini, nei panni di Mussolini.
Il
primo tempo si ambienta nell’albergo di Campo Imperatore in Abruzzo che ospitò “Sua
Eccellenza” dal 1 al 12 settembre 1943, giorno in cui fu liberato da un
capitano delle SS (c.d. "Operazione Quercia") dopo 49 giorni dal suo arresto avvenuto il 25 aprile 1943
per volontà del Re Vittorio Emanuele III e a seguito della “sfiducia” da parte
del Gran Consiglio del Fascismo, svoltosi nella drammatica notte precedente.
Estremamente
suggestivo il dialogo fra il Duce e la Morte, che rievoca fortemente lo
straordinario film del 1957 di Ingmar Bergman “Il settimo sigillo”. La
narrazione è inframezzata da balletti accompagnati da musiche verdiane e di
Ravel e con il sonoro dei discorsi originali mussoliniani.
Questi
interstizi artistici, documentali e musicali, si intravedono anche nel secondo
tempo, che si dirige verso l’eliminazione fisica del Dittatore e della sua amata
amante Claretta Petacci. Il racconto si sofferma nella abitazione dei contadini
che, nelle vicinanze di Dongo sul lago di Como, ospitarono la coppia nella loro
ultima notte, fra il 27 e il 28 aprile 1943: ineluttabilità di un destino che
si sta per compiere e amore nella sua conclusione più tragica. Coinvolgente la sequenza
onirica dei ripetuti incontri di Mussolini con i protagonisti della sua
ventennale avventura politica, da Gabriele D’Annunzio, al Re, alla figlia Edda
e, infine, alla Vita che lo tenta offrendogli una nuova “rinascita”, una nuova “esistenza”,
purché egli rinunci al suo passato e al suo ruolo nella storia.
Un
periodo che il Popolo italiano non riesce ancora a consegnare alla “Storia”,
allontanandosi da passioni e faziosità politiche.
Ed ora
lascio la parola ad una personalità che non ha bisogno di presentazioni, Pier Francesco Pingitore:
“Le ragioni per le quali ho scritto e messo
in scena la trilogia dedicata all’arresto, alla liberazione e infine alla morte
di Benito Mussolini, sono da ricercare nel desiderio di spiegare, per primo a
me stesso, i moti dell’animo, o quelli che io ritengo tali, del protagonista
assoluto della tragedia italiana e dei vent’anni che la precedettero. Compito arduo,
certo, e forse arbitrario, quello di indagare nel labirinto psicologico di un
uomo che ella sua vita è stato tutto e il contrario di tutto. Che ha suscitato
passioni, entusiasmi, rancori e odi in più generazioni di italiani, quali forse
nessun altro nella nostra storia. Nel bene e nel male, di Mussolini ho cercato
di non tacere nulla di essenziale. La mia non è certo l’opera di uno storico, né
mai avrei la pretesa, ridicola, di esserlo. Mi basta portare alla luce quella
che io ritengo la condizione umana di uomo che, da bambino, vidi prima quasi
idolatrato e poi, da un giorno all’altro, gettato nella polvere e calpestato.”
Fabrizio Giulimondi
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