Mi
piace chiamarle “La trilogia dell’essere umano, delle sue sofferenze e della
possibilità di uscirne” le tre opere scientifico - divulgative “Il lutto. Psicoterapia
cognitivo-evoluzionista e EMDR”, “Trauma,
abuso e violenza” e, da ultima, “Depressione.Affrontare il male (non più) oscuro” (San Paolo), di Antonio Onofri e Cecilia La
Rosa (prefazione di Vittorino Andreoli).
Il
titolo di quest’ultimo lavoro appena uscito nelle librerie italiane predispone
il lettore ad un atteggiamento guardingo di attesa. V’è un presagio che si
intravede fra le parole poste tra parentesi: “Il male (non più) oscuro”.
Tutti
i lavori della coppia professionale Onofri-La
Rosa sono scrutati attraverso un cannocchiale “speciale”. Da ogni pagina
sembra provenire un vociare che appare sussurrare “Ce la puoi fare”. Ogni riga
è scienza ed umanità, tecnica e sentimenti, rigore metodologico ed emozioni. Se
viene configurato il problema, se ne vengono esplicitate le cause, ne viene
tracciato con chiarezza anche il percorso per uscirne. “Depressione. Affrontare il male (non più) oscuro”, al pari di “Trauma, abuso e violenza” - di cui può essere considerato il “secondo
tempo” - adopera mezzi espressivi agevolmente comprensibili, accompagnati da
schemi, epiloghi chiarificatori al termine di ogni capitolo e tavole
sinottiche, mantenendo uno stretto rigore scientifico nella terminologia
adoperata e nei temi affrontati.
La
depressione, da “Il male oscuro” del vincitore del Premio Campiello 1964 Giuseppe
Berto, a “male” che si può ridimensionare, controllare, sconfiggere.
La
depressione, ossia quella galleria senza luci, senza segnalazioni luminescenti,
senza alcun tipo di bagliore, priva del baluginio di una fiammella di una lontana
candela. Il terapeuta si insinua in essa, vi scava dentro e rimuove ostacoli pervicaci
e duri frapposti dal paziente. E’ il passato che fa paura e fa soffrire.
Capire, indagare, mettere tutti i tasselli del puzzle sul tappetto, unire passato e presente, individuo e Comunità,
anima e corpo, persona e famiglia, amici e parenti. “L’altro”, questo essere
misterioso che va strutturato e destrutturato e non si sa se è un nemico o un amico.
Capire. Capire è una operazione complessa, è comparazione, è rompere il rifiuto
al dialogo del paziente. La paura. Il ricordo. Il passato. La sofferenza.
Soffrire per ricordare, ricordare per guarire, guarire per tornare indietro
verso il futuro. Le stelle sono la meta. Nel buio non si riescono a vedere,
l’oscurità è troppo densa, lo impedisce. Il terapeuta sta lì per farle
ri-vedere. Le stelle ci sono anche durante il giorno ma non si palesano agli
occhi umani. Vi sono le stelle e vi sono la luce e il sole anche quando non li
vediamo. Ci sono, la depressione non li fa vedere, ma vi sono. Gli Autori operano
un’azione maieutica che provoca la liberazione dell’animo del depresso dalla
ragnatela che lo soffoca senza tregua. Il paziente vedrà impercettibilmente un
rinnovato movimento corporeo, un inaspettato ed improvviso scintillio
dell’anima.
Onofri e La Rosa sornioni, senza che il lettore se ne accorga, fanno
emergere la possibilità di una nuova vita, di nuovi amori e nuovo lavoro e nuove
passioni, anche di altre sconfitte. Ora però si è ben compreso: dopo le
sconfitte sopraggiungeranno sempre nuove vittorie.
Dal
pregresso cupo silenzio si risente lentamente il suono del pulsar del cuore.
Lutto.
Trauma. Depressione. Vita.
Fabrizio Giulimondi
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