Nessun
tema può definirsi più attuale di quello dei percorsi alternativi ai
procedimenti civili ordinari. Attenzione, però, che il “già detto” ed il “già
sentito” non alberga in questo dotto lavoro monografico di Federico Reggio, “Concordarela norma. Gli strumenti consensuali di soluzione della controversia in ambito civile: una prospettiva filosofico-metodologica” (Cleup). Il titolo è
affascinante e profetico. “Concordare la norma”: la mente va alle
Assemblee parlamentari e regionali che approvano atti normativi che contengono
norme. La mente in questo caso è fallace. “Concordarela norma” richiama altri tracciati, altre linee di pensiero. Una norma può
essere sì costruita all’interno di un iter procedimentalizzato dalla
Costituzione e dai regolamenti parlamentari di Camera e Senato, ma può essere
costruita anche entro il perimetro della volontà delle parti. La mediazione e
gli Alternative Despute Resolution
non sono solo algidi mezzi per rispondere a istanze di giustizia nel settore
civile, ma esprimono una vera e propria nuova Weltanschauung del legislatore nel suo approccio al sistema
giuridico privatistico. La norma non solo come disposizione eterodiretta da un
organo a ciò costituzionalmente deputato, ma anche partorita entro
l’incontro-scontro in una fase antecedente o contestuale alla lite processuale.
Il
diritto come fruttificazione del dialogo e il dialogo come fonte feconda della
norma: la norma nasce dal dialogo che include lo scontro che ripiana, poi, in
una soluzione fornita nel disposto di una norma.
“Il dialogo, in quest’ottica, non costituisce
un’alternativa al diritto, né all’apporto professionale del giurista, bensì una
categoria che innerva la struttura del primo e l’attività del secondo. Dialogo
e diritto rivelano, ancora una volta – ricalcando lezioni di classica memoria –
un inscindibile legame, in cui il diritto si pone a custode, promotore e ri-costrutture
di una reciprocità intersoggettiva che, turbata dal conflitto, richiede
rispetto e ripristino”.
La
norma implica sinallagma, intersoggettività, regole che le parti processuali si
pongono oltre il codice procedurale civile che vincolano loro stesse. Volontà
che diventa vincolo e, quindi, norma che si impone alle parti che se la sono
conferita.
“Una
norma concordata” novella Weltanschauung
di un diritto che partendo dall’ordinamento giusprivatistico si può
estendere a quello giuspubblicistico e penalistico.
Andare
verso il futuro attingendo dalle radici salde dell’antichità.
I
dialoghi ci sospingono verso quelli di Platone e di Seneca. Il dialogo come
metodo, come stanza di compensazione di interessi collimanti o in conflitto fra
di loro, come strumento kantianamente razionale per individuare un percorso. Il
dialogo è il percorso in forza del quale ed attraverso il quale le parti
addivengono alla norma che si impongono: la maieutica socratica si manifesta
attraverso il dialogo che “partorisce” una formula regolativa che in forza
della volontà delle parti muta in norma: la metamorfosi di Kafka si proietta
sul diritto per tornare, in forma di soluzione concreta, nella società.
Il
giudice è l’amministratore che, terzo, interloquisce con le parti: con la
mediazione viene sostituito da avvocati e soggetti privati, e il terzo, il
mediatore, non è un soggetto chiamato a decidere quanto piuttosto il “maieuta
del dialogo” che facilita il confronto fra le parti e la loro ricerca di una
soluzione sostenibile, e possibilmente capace di creare un nuovo ordine
concordato.
L’intuizione
dell’Autore collega filosofia del diritto, metodo ermeneutico e creativo di
norme e legislazione di rito civile: la mediazione civile è il fine; il lavoro
di accurata ricerca di Reggio il cammino per giungerci.
La
professionalità costituisce il momento di legittimazione del mediatore: più la
professionalità di quest’ultimo si accresce più la sua figura ne viene
legittimata dentro e fuori il rito: l’effetto deflattivo del carico giudiziario
ne è il naturalia negotii.
Fabrizio Giulimondi
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