Chi
pensa di trovare splatter in
abbondanza in "C'era una volta a...
Hollywood" di Quentin Tarantino
rimarrà certamente deluso.
Non
che non vi sia per nulla! Nell' ultima ventina di minuti lo splatter, unito al grottesco, al
surreale, al tragicomico, al criptico, ve n'è e rende esilarante fatti di cronaca risalenti
all'agosto del 1969 ben lontani dall'esserlo.
Il
corpo del film, in realtà, è un lungo antefatto, un lungo prologo, un lungo
sproloquio prima delle scene finali.
La
tragedia che coinvolse la famiglia Polański diviene farsa in un gioco di
scambio di vittime e di ambientazioni. Le atmosfere eternamente goliardiche negano la drammaticità stessa degli eventi.
La
sempre strabiliante recitazione di mostri sacri del cinema americano (Al Pacino, Leonardo DiCaprio e Brad Pitt) surrogano grandemente la
parziale inconsistenza della trama. Certamente, Tarantino, con la macchina da presa ci gioca e le inquadrature compongono
un quadro artistico che è esso stesso storia e narrazione.
Il profluvio
di parolacce costituiscono l'ossatura dei dialoghi.
La
mimica di DiCaprio parla con lo spettatore più delle parole o, meglio, del
"cazzo" che si ripete ininterrottamente come un torrente in piena.
Certi
film vivono all'ombra del sapore leggendario del nome del regista.
PS: la pellicola non ha nulla a che fare con "C'era una volta in America" di Sergio Leone.
Fabrizio Giulimondi
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