“The
Holdovers - Lezioni di vita” di Alexander Payne, vincitore di due
Golden Globe e del Premio Oscar 2024 come “Miglior Attrice Non Protagonista” (Da’Vine
Joy Randolph), è un film morbido ed intenso, profondo e acuto. Gli ambienti
lignei e le atmosfere sabaude della prestigiosa high school americana Burton
ricordano quelli di “Scent of woman” e dell’”Attimo fuggente”, anche se, a
differenza di quest’ultimo, il protagonista (Paul Giamatti) non ricopre
affatto il ruolo del professore fuori le righe, antesignano di un modello
educativo che cozza con le metodologie tradizionali della scuola dove insegna,
non è certamente un Monna Lisa Smile in pantaloni, ma un parruccone antipatico
ai colleghi e agli studenti. Nel Natale innevato lungo il crepuscolo del 1970,
in pieno conflitto del Vietnam, la solitudine di sette holdovers (cinque
studenti rimasti sventuratamente a scuola, una capo cuoca obesa e che ha perso
il figlio in guerra e il famigerato docente) porterà ad un cambiamento, specie
quando a rimanere solo con l’insegnante è Angus, interpretato dal bravissimo Domenic
Sessa.
La
storia serve per costruire il presente scrutandolo con una diversa lente di
ingrandimento. Gli incontri servono per scoprire l’altro, per rendersi conto
che il destinatario del proprio disprezzo non lo si conosceva affatto, nascendo
il disprezzo proprio dalla sconoscenza della persona.
È una
pellicola incantevole sulla solitudine che conduce le persone ad allontanarsi
le une dalle altre per giungere ad odiarsi e sulle relazioni, che invece
disvelano l’altro mostrandolo in un’altra luce che ne innova la fisionomia
interiore.
Nel
silenzio soffice della neve che immerge i personaggi in un particolare lucore,
il loro “rinnovamento” sarà fatale.
Fabrizio
Giulimondi
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