Alcuni lo hanno
definito “Un thriller memorabile”,
altri “Un best seller mondiale”, “Il giorno dopo domani”, di Allan Folsom (Tea) è sicuramente un
romanzo che dal 1994 continua ad essere letto da molti esseri umani
sparpagliati per le variegate aree geografiche del nostro pianeta.
Cinquecentonovantanove
pagine di colpi di scena, mis en scene,
coupe de theatre, plot twist, continui, ininterrotti, instancabili,
senza soluzione di continuità.
Omicidi, crimini,
assassini, ammazzamenti a profusione: chiunque ha a che fare in qualsivoglia modo con
l’”Organizzazione”.
McVey, l’ispettore
di Los Angeles aveva trovato sempre al termine delle proprie indagine un
INDIZIO DECISIVO “Ma non quella volta.
Quello era un cerchio con un inizio e nessuna fine. Proseguiva all’infinito.
Più informazioni raccoglievano, più il cerchio si ingrandiva, e quello era
quanto.”.
Il fatto che McVey si
stava imbattendo con uomini per i quali uccidere era solo un dettaglio come Von Holden: “Das ist meine Pflicht ripeté, levando gli
occhi alle stelle. Il dovere al di sopra di tutto! Al di sopra della Terra, Al
di sopra di Dio. Oltre il tempo.”.
E poi v’è la Premonizione , la Vorahnung.
E poi Osborn, che a
dieci anni ha visto il padre cadergli davanti colpito da un colpo di pistola:
perché avevano eliminato il padre? erano trenta anni che se lo chiedeva!
E poi v’è un nome
in codice UBERMORTGEN, il Giorno Dopo Domani, che porta con sé corpi ritrovati senza testa e
teste ritrovate senza i corpi. Fra queste ve ne è una posta in una teca: a chi appartiene?
Fabrizio Giulimondi
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