domenica 1 settembre 2013

QUALCHE OSSERVAZIONE SULLA FIGURA DEI “SENATORI A VITA”

  
Una delle differenze che sussiste  fra il modulo di formazione della Camera del Deputati e quello del Senato della Repubblica si sostanzia nella presenza in quest’ultimo di senatori che non accedono ad esso per via elettiva, bensì per cooptazione: alcuni senatori sono designati direttamente dal Presidente della Repubblica (c.d. senatori a vita nominati o di merito), mentre altri lo diventano in forza della norma costituzionale, ossia i Capi dello Stato cessati dalla suprema magistratura per dimissioni (come Francesco Cossiga) o scadenza del termine naturale di sette anni (c.d. senatori a vita di diritto).
A norma dell’art. 59, comma 2, della Costituzione: “Il Presidente della Repubblica può nominare  senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.”.
Una prima questione che si è posta a questo riguardo è se ciascun Presidente della Repubblica possa nominare cinque senatori a vita nell’arco del suo mandato (che può arrivare a due come è recentemente avvenuto con la  reiterata elezione di Giorgio Napolitano), oppure fino a cinque, di modo che il numero complessivo dei senatori di nomina presidenziale non sia mai superiore a tale cifra: nella prima ipotesi il potere di nomina è attribuito al titolare dell’Ufficio, mentre nella  seconda impersonalmente all’Ufficio presidenziale.
La dottrina prevalente (primo fra tutti Martines) è a favore della seconda soluzione, seguita dalla maggior parte dei Capi dello Stato (e, pertanto, con l’implicito  avvallo delle maggioranze politiche via via costituitosi).
Si può affermare, sino alla innovazione procedurale portata da  Sandro Pertini, che “n’era derivata una consuetudine interpretativa, da non contraddire senza alcun  valido motivo” (Paladin seguito da D’Orazio).
Il Presidente Pertini (1978-1985) nel luglio del 1984 designò Carlo Bo e Nomberto Bobbio a senatori a vita, varcando per la prima volta la soglia dei cinque sentori a vita di nomina presidenziale presenti nell’Aula del Senato. La nomina avvenne con il preventivo assenso del Presidente  del Senato, unitamente a quello della Giunta delle Elezioni e delle Immunità Parlamentari. Pertanto,  all’art. 59, comma 2, della Costituzione fu conferita l’ interpretazione tracciata dal pensiero dottrinario di minoranza (Ferrari, Modugno): il potere di  nomina era riconosciuto ad ogni singolo Presidente della Repubblica e non all’Ufficio presidenziale, alla persona in quanto tale, che poteva nel corso del suo mandato nominarne cinque.
Tale linea ermeneutica, fatta propria  da Pertini (Leo Valiani, Eduardo de Filippo, Canilla Ravera, Carlo Bo, Nomberto Bobbio) e poi confermata da Cossiga (1985-1992) che ne nominò altri cinque (Giovanni Spadolini, Gianni Agnelli, Giulio Andreotti, Francesco de Martino, Paolo Emilio Taviani),  proponendo anche Indro Montanelli che però rifiutò, ha rischiato di trasformare geneticamente la composizione del Senato della Repubblica, avvicinandolo, seppur in minima parte, alla House of Lords britannica, che vede la maggior parte dei suoi membri a vita, con una  piccola porzione persino  di discendenza ereditaria.
Alla fine del mandato presidenziale di Cossiga  - avvenuto traumaticamente con le dimissioni il 28 aprile 1992 -  il numero complessivo dei senatori a vita   era salito ad 11 (9 di nomina  e 2 di diritto).
Il Presidente Scalfaro (1992-1999), fedele alla seconda interpretazione (non oltrepassare la soglia dei cinque di nomina presidenziale), non procedette alla designazione di alcun senatore a vita durante il suo mandato, mentre Ciampi (1999-2006) ne ha nominati cinque (Rita Levi Montalcini, Emilio Colombo, Mario Luzi, Sergio Pininfarina, Giorgio Napolitano (poi eletto Presidente della Repubblica), ma attendendo ogni volta che il numero di senatori per merito scendesse sotto il limite di 5,  rispettando così tale limite sino alla fine del settennato.
Il Presidente  Giorgio Napolitano, primo Capo dello Stato eletto per due mandati (2006-20013; 2013- ), nel corso dei sette anni, ha nominato un solo senatore a vita, Monti, divenuto Presidente del Consiglio dei Ministri dopo pochi giorni,  mentre ne ha nominati altri quattro (Abbado, Cattaneo, Piano e Rubbia) lo scorso 30 agosto.
Sono in carica attualmente sei senatori a vita, cinque nominati per meriti da Napolitano (Mario Monti, Claudio Abbado, Elena Cattaneo,Renzo Piano e Carlo Rubbia) ed uno in veste di  ex Presidente (Carlo Azelio Ciampi ).
E’ stata, quindi,  confermata l’interpretazione più corretta e consentanea al testo ed allo spirito della disposizione costituzionale, secondo la quale i senatori di nomina presidenziale non possono superare il numero di cinque.
Approcciamo, seppur sinteticamente, la  nomina effettuata da parte del Presidente Napolitano di Mario Monti a senatore a vita il 9 novembre 2011 e la recentissima quadruplice designazione senatoria in un momento politico-istituzionale di particolare delicatezza.
Una premessa è opportuno porla sui requisiti fondanti la nomina  a senatore a vita.
Il Presidente della Repubblica gode di un ampio margine di discrezionalità nella scelta in parte qua, avendo il solo limite, anche alla luce dei requisiti previsti dall’art. 59 (“altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”), di non essere guidato da criteri politici e di parte.
E’ richiesto sine dubio il presupposto  della cittadinanza italiana oltre, presumibilmente, il requisito del  raggiungimento dei quaranta anni di età, al pari dei senatori elettivi, anche se alcuni costituzionalisti (Martines) sostengono che su di esso potrebbe prevalere  il criterio selettivo degli “altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario” (e, dunque, il senatore a vita potrebbe avere una età al di sotto della soglia dei quaranta anni).
La conformazione delle nomine effettuate dall’attuale Presidente, nella individuazione degli stessi nomi, nelle modalità, nei tempi e nella stessa pluralità contestuale delle indicazioni (opzione mai sino ad ora perseguita), può far sorgere il sospetto che vi possa essere una lesione della ratio  dell’art. 59, comma 2, della Costituzione. La designazione  di una personalità come quella di Monti a pochi giorni dalla sua nomina a Presidente del Consiglio potrebbe non evidenziare a sufficienza i cennati elementi contenuti nella disposizione in esame, anche per la palese propedeuticità della nomina a senatore a vita rispetto a quella di Premier e, pertanto, di uomo istituzionalmente di parte.
La simultaneità di quattro nomine di alte personalità risultanti tutte appartenere ad una medesima area culturale e politica,  potrebbe da una parte non configurare quella necessaria terzietà ed equidistanza dalle  parti in campo – terzietà ed equidistanza   di cui i  senatori a vita nominati debbono essere necessariamente titolari, anche alla luce delle eccellenze che essi esprimono a livello nazionale ed internazionale nel settore letterario, artistico, sociale e scientifico -  che consentono loro di  fornire alla Assemblea quel quid aggiuntivo  di saggezza, equilibrio e cultura;  dall’altra determinare il metus non infondato che, rebus sic stantibus, si possa verificare, in caso di crisi dell’attuale  Governo Letta,  una situazione simile  a quella realizzatasi vigente il  Governo Prodi (2006-2008), supportato al Senato – ove sussisteva una  flebile maggioranza politica -  dal costante voto dei senatori a vita,   non solo al momento del voto di fiducia,  ma anche in ogni  passaggio parlamentare.
Last but not least: nomine di senatori a vita di merito poste in essere  in tal fatta potrebbero far venire alla luce – preoccupazione insorta già dopo l’entrata in vigore della Carta Costituzionale il 1 gennaio 1948 – un ristretto "Partito del Presidente" che, come appena accennato, dinanzi certe contingenti evenienze storiche, potrebbe fare una differenza di non poco momento a livello governativo, politico, costituzionale ed istituzionale.
Lo capiremo solo vivendo.
Fabrizio Giulimondi.



Nessun commento:

Posta un commento