“L’intrepido” di Gianni Amelio vede il felice ritorno sul grande schermo di Antonio
Albanese che, dismessa la maschera di
Cetto La Qualunque, indossa il volto buono e senza malizia di Antonio Pane,
uomo che ama incondizionatamente lavorare, il lavoro, qualsivoglia tipo di
lavoro. La crisi impera in Italia e Milano non sfugge da essa. Antonio Pane, in
attesa di una occupazione di maggiore durata
e stabilità, fa il rimpiazzista,
svolgendo per poche ore o giorni mansioni di ogni genere al posto di persone
che, per malattia o altro, non possono temporaneamente esercitarle: operaio
edile, “pupazzo vivente” per il divertimento dei bambini in un centro
commerciale, aiuto cuoco in un ristorante, attacchino di manifesti, portatore
di pizze a domicilio, conducente di tram, spazzino negli stadi, facchino in un
centro di lavorazione dei pesci spada, non disdegnando neppure di fare il sarto.
Antonio
pane ama qualunque cosa compia e la sera quando torna a casa sereno e senza traccia
di stanchezza, impegna il residuo tempo serale per prepararsi per un concorso pubblico, dove incontrerà Lucia.
Lucia
è come il figlio di Antonio Ivo – sassofonista talentuoso sofferente
però di attacchi di panico prima di ogni esibizione pubblica - inquieta,
rabbiosa e insoddisfatta.
Il
contrasto è fra il viso solare e sempre pieno di fiducia nell’altro e
nell’avvenire di Antonio e le facce contratte e rabbuiate di Lucia ed Ivo,
scontro fisiognomico e mimico fra due generazioni: la prima combattiva e
speranzosa; la seconda rassegnata, priva di carattere ed eternamente incazzata.
Incompiuto
in alcuni momenti, quando Antonio vede scomparire in un bosco accanto ad uno sconosciuto un ragazzino che
pensava di aver accompagnato da un parente, il film è spesso tiepido e, talora, velatamente
sentimentale, con un Antonio Albanese indubbiamente abile nel giocare con le proprie capacità espressive e di
gesticolazione, dote che non può certamente essere riconosciuta ai suoi
colleghi di scena.
Fabrizio Giulimondi
Nessun commento:
Posta un commento