La tesi esamina l’ esistenza giuridica del diritto
alla vita sotto una visuale di diritto interno, europeo ed internazionale.
In primo luogo il lavoro delinea i contorni del
diritto in parola.
Il potere del soggetto, certamente, esiste sul
beni della vita e dell'integrità fisica, facenti parte del suo essere: beni il
cui godimento è a lui attribuito e che quindi sono oggetto del suo diritto.
L'attribuzione di tale godimento però comporta, sul piano giuridico, la sua
difesa contro tutti i terzi, la facoltà di esigere da questi quel contegno
negativo che è necessario per la conservazione dei detti beni e per il loro
godimento.
Quindi, il diritto sulla vita e sull'integrità
fisica è anche diritto alla conservazione della vita e dell'integrità fisica,
ossia, diritto all'altrui osservanza di quel contegno negativo che è necessario
per tale conservazione.
L'uso ha consacrato l'espressione più idonea a
marcare il lato esterno del diritto: si parla cosi di diritto alla vita,
all'integrità fisica, intendendosi significare per alcuni Autori, con le
cennate espressioni, non già il diritto al conseguimento della vita,
dell'integrità fisica, bensì semplicemente il diritto verso i terzi alla
conservazione dei beni medesimi. Per
questa corrente di pensiero la vita è un bene insito nell'essere umano, che il
diritto vuol conservare, di tal che la vita non può essere considerata come
bene futuro, come che debba
essere conseguito.
A mio avviso, confortato da autorevole dottrina,
il diritto alla vita implica come suo presupposto necessario il diritto alla
nascita, spettante al concepito. Avere diritto all'atto iniziale della vita
significa avere diritto a cominciare la vita, ovverosia diritto a che i terzi
non ostacolino l'inizio della vita.
Vita e integrità fisica attengono all'essere
fisico della persona. La vita si identifica con la mera esistenza biologica,
laddove l'integrità fisica si sostanzia nella presenza integrale degli
attributi fisici, ossia nell'assenza di menomazioni organiche, funzionali ed estetiche.
Questione oggetto di discussione dottrinaria è
stata quella riguardante la posizione che assume l'integrità fisica nei
confronti del diritto alla vita. Si può ritenere il diritto all'integrità
fisica come semplice complemento del diritto alla vita, ovvero entrambi i
diritti possono essere riferiti a beni giuridici autonomi e distinti. Il
diritto alla vita, però, assume una valenza sicuramente superiore al diritto
all'integrità fisica: difatti è diritto essenziale tra gli essenziali. I
diritti essenziali sono quelli che hanno per oggetto i beni più elevati. Poiché tra tali beni ve ne è uno che a
sua volta sovrasta gli altri, il correlativo diritto non può non riceverne una
nota distintiva tale da essere denominato diritto essenzialissimo: il diritto alla vita sovrasta tutti gli altri.
Il diritto alla vita è anche diritto innato, in
quanto spetta all'individuo per il semplice fatto di essere munito della
personalità acquisita con la nascita.
Ulteriore carattere del diritto In parola è
quello di avere natura privatistica — ossia un diritto soggettivo assoluto
rientrante in quelli della personalità — che spetta al singolo come tale, vale
a dire considerato nella cerchia degli scopi che ha come semplice essere umano,
non perdendo tale aspetto neanche qualora collida con l'autorità statale.
Certamente, insieme all'interesse privato
concorre un pregnante interesse pubblico, che è diretto oggetto della tutela
penale.
Proprio per una necessità sociale di carattere
fondamentale la tutela della legge penale è intervenuta, relativamente al bene
della vita, con assoluta priorità storica.
Senza dubbio il diritto alla vita fu
riconosciuto e protetto già nell'antichità: il diritto a non essere messo a
morte a titolo dl vendetta o di pena al di fuori del casi e dei modi previsti
dalle norme, che limitavano appunto sia il potere di vendetta, sia il potere dl
infliggere ed eseguire la pena di morte. Mancando una di queste condizioni, il
diritto alla vita dell'accusato avrebbe potuto essere salvaguardato, con
conseguente illiceità dell’uccisione. Nelle fonti antiche una norma a tale
riguardo si ritrova nella XII Tavola.
Il diritto in argomento possiede una spiccata
inerenza soggettiva: questo diritto è intrasmissibile e irrinunciabile e,
inoltre, in parte delle legislazioni europee, la sua indisponibilità comprende
anche l'inefficacia del c.d. consenso dell'esente diritto.
L'inefficacia del consenso è dovuta proprio alla
peculiare natura del diritto alla vita, in quanto il consensus non può avere la capacità dl poter sopprimere la vita
umana; al più, detto consenso può avere la valenza del mutare la qualità del
reato, degradandolo a crimine di minore entità (come, ad esempio, l'art. 379
c.p.).
Il diritto alla vita viene, esplicitamente o
implicitamente, compreso nell'elenco del diritti fondamentali delle Costituzioni
europee e delle Carte internazionali.
In primo luogo pietra fondamentale di una
esplicita attribuzione di detto diritto è l'art. 3 della Dichiarazione universale dei
diritti dell'uomo, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10
dicembre1948, che recita nel seguente modo: 'Ogni individuo ha il diritto alla
vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
L'art. 2 della Convenzione europea per la
salvaguardia del diritti dell'uomo, firmata a Parigi il 20 marzo1952, resa
esecutiva in Italia con la legge 4 agosto1955 n. 848, afferma: “il diritto dl
ogni individuo alla vita è protetto dalla legge. La morte non può essere inflitta intenzionalmente
a nessuno, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un
tribunale nel caso in cui li delitto sia punito dalla legge con detta pena.”.
Inoltre, la raccomandazione n. 874 del 4 ottobre
1979, approvata dall'Assemblea del Consiglio d'Europa, afferma con vigore il
diritto alla vita come proprio del bambino fin dal concepimento. Tale
raccomandazione è stata deliberata sulla base di una relazione nella quale testualmente si legge: “ La
scienza e il buon senso mostrano che la
vita umana comincia con il concepimento e che, da questo specifico momento,
sono presenti In potenza tutte le proprietà biologiche e genetiche dell'essere
umano maturo. I diritti appartenenti al bambino devono riguardare tutto il
periodo della sua infanzia, senza escludere quello in cui egli si trova nel
seno materno... ciascun bambino deve godere dei diritti dell'uomo ala prima che
dopo la nascita.”.
Si può correttamente dire che nella espressione “ciascun
bambino deve godere del diritti dell'uomo” sia incluso anche il diritto alla vita.
Nel preambolo della Dichiarazione dei diritti
del bambino approvata all'unanimità il 20 novembre 1959 dall'Assemblea
dell'O.N.U., si esprime la necessità di una protezione giuridica appropriata
per il bambino, sia prima che dopo la nascita.
L'art. 6 par. 5 del Patto delle Nazioni Unite
relativo ai diritti civili e politici, approvato dall'Assemblea Generale nel
1966, proibisce l'esecuzione della pena di morte nel confronti delle donne incinte.
Anche basandosi su tale disposizione è lecito affermare che, presupposto della
proibizione della applicazione della pena capitale ad una donna incinta, sia
proprio il diritto che ogni soggetto concepito consegua la vita.
La legge del 25 ottobre 1977 n. 881, con la
quale è stato ratificato e reso esecutivo il Patto citato nei territorio Italiano, a sua volta
dichiara, all'art. 6 comma 11, che: “ il diritto alla vita é inerente alla persona
umana. Questo diritto deve essere protetto dalla legge. Nessuno può essere arbitrariamente
privato della vita.”. Anche se
il diritto internazionale positivo non precisa il significato dell'avverbio arbitrariamente usato nell'art. 6 del Patto solenne dei diritti civili
e politici (“Nessuno può essere arbitrariamente privato della vita”) e nell'art.
4 della Convenzione americana dei diritti dell'uomo (“No one shall be
arbitrarily deprived of his life”), le Dichiarazioni delle Nazioni Unite sui
diritti degli handicappati e degli insufficienti mentali impongono che queste
persone godano degli stessi diritti degli altri e, dunque, del diritto di
vivere.
La tesi riporta in subiecta materia una vasta giurisprudenza delle Corti
Costituzionali degli Stati Membri della Unione Europea.
Altresì, il lavoro esamina le disposizioni delle
Costituzioni europee dirette a
riconoscere, tutelare e garantire, direttamente o indirettamente, lo ius vitae.
Prima fra tutte la Costituzione
italiana, che all'art. 2 recita:
“La Repubblica
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo, sia
nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.”.
Se si analizzano alla luce di quanto affermato
le disposizioni della nostra Costituzione relative ai diritti e ai doveri dei
cittadini, si può constatare che le loro potenzialità normative sono talmente
ampie ed elastiche, da ricomprendere qualsiasi ulteriore ipotesi che lo
sviluppo della coscienza sociale o della civiltà propongano come “nuovi
diritti”. Del resto, se si procede ad una verifica puntuale della relatio dei presunti diritti
non-enumerati (nuovi diritti) alle disposizioni costituzionali sulle libertà
fondamentali, si trae conferma che l'ipotesi interpretativa del diritti
inviolabili come clausola aperta, rappresenta un appiglio nella costituzione
formale a imperiosi “diritti dell'uomo, non collocabili in nessuna delle caselle sino
ad ora riempite dai diritti attualmente considerati tali”.
Il lavoro si espande verso i temi dell’aborto e
dell’eutanasia, valutando il conflitto sussistente fra il diritto alla vita e
tali pratiche, tramite lo studio, la comparazione e il bilanciamento dei principi giuridici
sottesi ad entrambe le “posizioni” in contrasto.
La trattazione avviene seguendo il perimetro
della giurisprudenza delle più importanti Alte Corti degli Stati europei e al
di fuori dei confini comunitari oltre il vaglio accurato della normativa prodotta
dagli ordinamenti europei, nordamericani ed australiani.
Fabrizio Giulimondi
Nessun commento:
Posta un commento