Antonella Azzoni,
psichiatra di professione, colta letterata nell’animo, ha scritto un prezioso cofanetto
di raccolte di epistulae concepito a
racconto lungo, “Amore e Morte del
Cavaliere F.de S.” (Pagine edizioni).
Non è
comune imbattersi oggigiorno nel genere epistolare, che ha nobili e antiche
origini in Cicerone, Orazio e Seneca.
Goethe
afferma che nel romanzo epistolare convergono le tre forme poetiche, l’epica, la
lirica e il dramma, forme che troviamo presenti in questo coraggioso
esperimento letterario, unitamente all’opera epistolare settecentesca francese,
da La nuova Eloisa (1761) di
Jean-Jacques Rousseau, a Les Liaisons
Dangereuses (1775-1781) di Francois Choderlos de Laclos, assorbita senza
meno nella cultura romanziera della Azzoni.
Solo
le “lettere” riescono a rendere i pensieri e le sensazioni del loro estensore, Cavaliere
F. de S., nel loro fluire da una intimità devastata, incessantemente travolta da
una sempre più crescente disperazione, la cui colonna
sonora sembrano essere le ritmate e ossessive note del Bolero
di Ravel.
La
natura stessa delle “epistole” fa partecipare
l’uditorio dello spirito, del costume, dello stile e della civiltà di un’epoca,
coinvolgimento che la Scrittrice raggiunge grazie ad un linguaggio raffinato, elegante,
erudito, attento alle figure stilistiche
e retoriche della metà del XVIII secolo.
Nella lettura delle missive si respira l’ambiente rarefatto ed
aristocratico russo-francese, mentre il lettore danza fra San Pietroburgo e
Parigi.
L’amore
raccontato è un sentimento fuori dal nostro tempo, struggente, angosciato,
senza appello. Bastano pochi incontri, sguardi fugaci, un lieve tocco di mano,
per scatenare passioni oltre lo spazio:” Oh,
l’amour n’est rien, s’il n’est pas de la folie, une chose insensée, défendue et
une aventure dans le mal. Autrement c’est une banalité agréable” (Thomas
Mann, Der Zauberg).
Fabrizio Giulimondi
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