sabato 17 ottobre 2015

"I GIORNI DELL'ABBANDONO" DI ELENA FERRANTE

I giorni dell'abbandono
Una storia banale, come quella di una donna di 38 anni con due figli e un cane lasciata dal marito per una più giovane, nelle mani di Elena Ferrante diventa un ruvida carezza dell’anima. “I giorni dell’abbandono” (edizioni e/o), seconda opera della “misteriosa” Ferrante - antecedente alla quadrilogia/capolavoro L’Amica geniale – da cui è stato tratto l’omonimo film di Roberto Faenza, è un viaggio introspettivo, compiuto con il sempiterno stile affascinante della scrittrice, lungo la sofferenza di una moglie e il travaglio di una madre sino al suo risorgere, “ab inferos usque ad sidera coeli” (Marsilio Ficino).
Questa volta non parlerò io, ma l’Autrice stessa.
Cosa c’entrava lei brutta puttana, cosa c’entrava con quella linea di discendenza. Si atteggiava a bella fica con le cose mie, che poi sarebbero diventate le cose di mia figlia. Apriva le cosce, gli bagnava un po’ il cazzo e si immaginava che così l’avesse battezzato, io ti battezzo con l’acqua santa della fica, mi immergo il tuo cazzo nella carne madida e lo rinomino, lo dico mio e nato a nuova vita. La stronza. Perciò credeva di avere diritto in tutto e per tutto a prendere il mio posto, a fare la mia parte, puttana di merda……..Mi aveva tradito con lei per cinque anni, in segreto, un uomo doppio, due facce, due flussi separati di parole……Ma erano soprattutto le immagini impercettibili della mente, le sillabe scarse, che mi facevano paura. Bastava un pensiero che non riuscivo nemmeno a fissare, un semplice guizzo violaceo di significati, un geroglifico verde del cervello, perché mi riapparisse il malessere e mi montasse dentro il panico…..Dove sono? In che mondo mi sono inabissata, in che mondo sono riemersa? A quale vita mi sono restituita? E a quale scopo?......Il futuro – pensai – sarà tutto così, la vita viva insieme all’odore umido della terra dei morti, l’attenzione insieme alla disattenzione, i balzi entusiastici del cuore insieme ai bruschi cali di significato. Ma non sarà peggio del passato….Esistere è questo, pensai, un sussulto di gioia, una fitta di dolore, un piacere intenso, vene che pulsano sotto la pelle, non c’è nient’altro di vero da raccontare.”

Fabrizio Giulimondi

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