venerdì 28 ottobre 2016

"IO, DANIEL BLAKE" DI KEN LOACH

Locandina Io, Daniel Blake
Ken Loach, uno dei più grandi registi al Mondo del cinema impegnato, sociale e di denuncia, giganteggia in un film la cui tensione emotiva tiene in apnea lo  spettatore per tutta la durata della proiezione. “Io, Daniel Blake” è bellissimo, perché è denso, perché è implacabile, perché è pura spremuta di autentica umanità.
Io, Daniel Blake” è la storia  di donne e uomini vandalizzati nella propria dignità da un sistema sociale feroce, fatto di implacabili regole tutte tese ad umiliare chi è caduto nella ragnatela della difficoltà economica, finché non ci si arrende, finché non si muore, finché non ci si prostituisce. La prostituzione non è solo un comportamento corporale ma è soprattutto asservimento ad un meccanismo, ad un ingranaggio infernale costituito da moduli da compilare, ricorsi da presentare, call center con cui interloquire, strumenti telematici che non si sanno adoperare, assistenti sociali che si crogiolano nella carognaggine, interminabili tempi di attesa telefonici cadenzati da musichette ripetitive che ossessionano persone disperate.
Daniel Blake è un cittadino di Sua Maestà, né più né meno, e tale vuole rimanere, fino in fondo, finché non ottiene i suoi diritti minimali oramai calpestati, ridimensionati, eliminati.
Daniel Blake non si arrende, perché il suo mondo è fatto di umanità, di aiuto, di gentilezza, e anche se lui si trova nelle peste continua a dare una mano ad una ragazza con i suoi due figli, come farebbe un padre, come farebbe un nonno. Daniel Blake non si arrende perché lui non è un numero di previdenza, lui è una persona.
Quello di Loach è un mondo impietoso, senza riguardi per i grandi problemi degli esseri umani. In questo mondo spietato ogni tanto Loach consente ad alcune figure di baluginare nel crepuscolo della coscienza con uno scintillio di comprensione negli occhi: una operatrice del welfare, una sola fra le tante pulviscolari addette al settore, perla rara dotata di nobiltà d’animo nella frastagliata fanghiglia inumana dedita alla quotidiana assenza di ascolto dell’altro; oppure il direttore di un supermercato che lumeggia con uno scatto di bontà dinanzi ad un furto per fame, bontà sfortunatamente oscurata dalla malvagità della guardia giurata che ammanta di attenzione umana ciò che è solo feroce cupidigia immorale.
Ma nonostante l’incessante, martellante, insistente, sistematico accanimento di un sistema – che nell’opera è quello britannico ma, in realtà, appartiene oramai all’intero mondo occidentale – avverso a chiunque abbia la sventura di cadere nell’ingranaggio luciferino del bisogno e della disoccupazione, la schiena di Daniel Blake rimane dritta, lo sguardo indomito, l’animo mai sconfitto, perché Daniel Blake è un cittadino e chiede soltanto il rispetto dei propri diritti, né più né meno: “I, Daniel Blake

Fabrizio Giulimondi 


Nessun commento:

Posta un commento