“Bohemian Rhapsody” di Bryan Singer (Golden Globe 2019 come "Migliore film drammatico") è una nota lunga un film. È
il genio musicale, l’istrionismo e la potenza vocale di un uomo. È il dramma
umano di un omosessuale, irrefrenabile nel sesso compulsivo orgiastico ma in
quotidiana e spasmodica ricerca della donna a cui è stato legato per lungo tempo e che non ha smesso
mai di amare. È la negazione delle proprie radici etniche per anelarvi verso la
fine. È la solitudine e le folle oceaniche nello stadio di Wembley per il concerto
mondiale “Live aid”. È la villa sontuosa con lo sguardo rivolto alla casetta
della famiglia. È la possanza di una musica che ha stravolto i canoni sonori e ritmici
del rock degli anni ’70. È l’aids e Show
must go on.
Sono
loro, Gwilym Lee, Ben Hardy, Joseph
Mazzello e Rami Malek (Premio Oscar 2019 come "Miglior attore protagonista; Golden Globe 2019 come "Miglior attore in un film drammatico") che
mirabilmente incarnano nel corpo e nell’anima Brian May, Roger Taylor, John
Deacon…e lui…la star…una voce che si fa melodia e urlo, che la malattia e la
morte non hanno certo potuto spegnere: Freddy Mercury.
I
Queen.
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