mercoledì 26 giugno 2019

"LE ANTIGONE TRA SCILLA E CARIDDI. FIGURE ANARCHICHE E RIBELLI DEL NOSTRO TEMPO" di CATERINA CAPPONI


L'Autrice del saggio "Le Antigone tra Scilla e Cariddi. Figure anarchiche e ribelli del nostro tempo" (Promocultura edizioni) Caterina Capponi- come nel precedente lavoro "Le lunghe notti di Medea in Calabria"- attualizza le figure della grande letteratura classica ellenica, adoperandole come novelle eroine contro la criminalità mafiosa calabrese: il coraggio delle donne contro i tiranni dell'antica Grecia e il coraggio delle donne di oggi contro la feroce dittatura dell' 'ndrangheta.
Molto efficace è la scelta dell’Autrice di usare uno dei più classici miti letterari del mondo greco, Antigone, per sublimare il coraggio di donne che avversano, sino all'estremo sacrificio, le logiche prevaricatrici disumane della 'ndrangheta. L'intuizione artistica della Capponi consiste proprio nel mostrare il parallelismo esistente tra storie assai distanti nel tempo per riaffermare l'idea cara a Benedetto Croce, secondo cui ogni storia è storia contemporanea: la storia di Oggi non è altro che la continuazione della storia di Ieri e la storia di Ieri è prodromica alla storia di Oggi.
Antigone rifiuta l'ordine scellerato di Creonte, re di Tebe e, contro la sua volontà, seppellisce il corpo del fratello Polinice dato in pasto ai cani. Parimenti le Antigone dei nostri tempi, impavide vittime delle mafie: come Antigone non si cura della legge del Re perché in aperto contrasto con quella divina (l'amore della sorella per il fratello), le donne nate e cresciute in contesti criminali alzano la testa per riaffermare la legge della propria coscienza, a costo della fine più crudele.
Le similitudini tra il mito letterario di Antigone e la brutalità del mondo dell''ndrangheta sono molteplici: anche la ferocia dei mafiosi si manifesta attraverso la tecnica dell'annientamento del nemico, che non viene solo ucciso ma fatto scomparire (c.d. lupara bianca): cancellare il ricordo diviene imperativo perché di quell'uomo non ne rimanga più nulla (i mafiosi non volevano che la madre di Peppino Impastato andasse al funerale del figlio ridotto a pezzettini da una bomba).  Moltissime donne hanno fatto questa tragica fine, Antigone redivive. Una fra le tantissime è Rossella Casini, il cui corpo è stato disperso nelle acque della Tonnara di Palmi. La punizione deve essere esemplare quando le donne (madri, figlie, mogli, fidanzate, sorelle) osino rompere il silenzio omertoso mettendo in crisi l’intero sistema.
Le mafie ricorrono anche ad un ulteriore strumento di morte simbolica e tragicamente reale: il suicidio. E così ha ricorso al gesto estremo e disperato Rita Atria, che ebbe il coraggio di ribellarsi alla propria famiglia mafiosa e di collaborare con Paolo Borsellino, uccidendosi nel 1992 a soli 17 anni ad una settimana dalla strage di via D'Amelio.
Questa è la cultura mafiosa, punire con la morte ed anche oltre e dopo la morte. Ma la combattiva Antigone ha tramandato il suo insegnamento fino ai nostri giorni divenendo l'archetipo di chi decide di non soggiacere al Male, alla violenza, alla inumanità, anche a costo della fine più efferata. Ancora una volta il parallelismo è evidente fra Antigone che si rifiutò di obbedire alla legge del Tiranno per soggiacere a quella divina sino a farsi murare viva e le donne, vittime della ‘ndrangheta, che si sono opposte e si oppongono al potere mafioso. 
Fabrizio Giulimondi

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