Molto
horror o thriller attuale è spazzatura che basa la propria narrazione sullo splatter e sulle interiora.
Stephen King nella
sua leviatanica produzione letteraria si insinua nel lettore che non ha alcun bisogno
di spremute di sangue per provare paura. L'angoscia che fuoriesce dalle pagine
delle opere di King non è per qualcosa o per qualcuno ma è causata da se
stessi, per questo permane al di là della lettura.
I quattro
lunghi racconti contenuti in "Notte
buia, niente stelle" ("Full dark, no stars") (Pickwick, 2010) sono quattro staffilate nelle
"interiora dell'anima" di chi legge, danno la stura ai suoi incubi
più intimi.
Stephen King
analizza ogni piega dei personaggi, pochi e mirabilmente costruiti. Nessuno è
un unicum, nessuno ha una sola
personalità. Non i cattivi. Non i buoni. La vittima e il carnefice ha sempre un
interlocutore immaginario da cui prendere suggerimenti o a cui dare consigli. V'è
sempre una voce narrante fuori campo. I quattro racconti sono tragedie greche
dei giorni nostri, drammi shakespeariani in salsa americana.
Poca
truculenza ma molta introspezione: accurata indagine psicologica e impietosa analisi
psichiatrica copulano oscenamente sullo sfondo di un devastante teatro umano.
La
Postilla politica dell'Autore costituisce un disturbante nonsense.
Fabrizio Giulimondi
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