L’effervescente
scrittore ventenne statunitense Roger Hobbs ha tirato fuori dal cilindro delle sue mani e del suo intelletto un thriller astuto e
fuori dalla norma: “L’Ombra” (Einaudi). A
tratti lievemente splatter il romanzo ha una
sua nota peculiare: è scritto dalla parte del bandito, dal lato del criminale,
secondo il sentire e il pensare del crook.
Il “Bene” non è preso per nulla in
considerazione. E’ come se l’Autore rivestisse egli stesso i panni del
malvivente, riuscendo a descrivere con imbarazzante veridicità il modus operandi, agendi e decidendi dei rapinatori. Sembra quasi
che Hobbs abbia avuto un lungo trascorso da robber,
ne conosca le tecniche di scassinamento di una cassaforte, di immobilizzazione
di clienti e impiegati di una banca. Non
solo: appare un conoscitore esperto dell’uso
delle armi bianche e da fuoco e delle modalità migliori per uccidere una
persona, il cui decesso è decritto con raffinata dovizia di particolari.
La
narrazione ben ritmata è inquietante e segue alcune precise linee di pensiero e, direi, di vita, del protagonista, il cui vero nome,
le autentiche fattezze fisiche e l’originale tono di voce, nessuno conosce davvero.
Non
il denaro, ma l’adrenalina spinge a delinquere.
Flectere si nequeo superos, Acheronta
movebo, ossia “se non puoi ottenere il paradiso, scatena l’inferno”.
E
infine, i “tre comandamenti”: non
uccidere a meno che tu non abbia altra scelta; non fidarti di nessuno se non
sei assolutamente costretto a farlo; non fare mai un patto con la polizia.
In
questa orgia di male, violenza e sangue, il protagonista, colto e raffinato, si
muove scaltramente fra due esseri uno più malvagio dell’altro: Marcus e Il Lupo.
Alla
fine indovinate chi trionferà?
Fabrizio Giulimondi
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