La
mostra “Modigliani, Soutine e gli
artisti maledetti - la collezione Netter”, allestita presso
la Fondazione
Roma Museo – Palazzo Cipolla, dal 14 novembre 2013 al 6 aprile
2014, è imperdibile!
Gli
artisti spagnoli, francesi ed italiani, le cui opere sono at an exhibition (Modigliani, Soutine, Utrillo, Suzanne Valadon, Kisling, Henri Epstein, Henri Hayden, Maurice
de Vlaminck, et alia), abbracciano il periodo che va dalla fine del
secolo XIX al prima metà del ‘900, sullo sfondo delle due guerre mondiali.
Realismo,
impressionismo, cubismo, sono le
correnti pittoriche di cui i Maestri fanno parte, anche se può risultare riduttivo
qualificarli unicamente pittori, essendo
anche poeti, scultori, filosofi, musicisti, ossia artisti completi, a tutto
tondo.
“Ho provato tutto quello che ho potuto –
affermava Maurice de Vlaminck – affinché un
dono di natura desse tutto quello che
poteva dare. Ho voluto che mi si conoscesse tutto intero con le mie qualità e i
miei difetti”.
Maurice
de Vlaminck è il fondatore del fauvismo (“Io
sono il fauvismo”), movimento culturale ascrivibile alle arti figurative,
inserito nella tradizione impressionista francese, reso peculiare da accenti
romantici e nordici, presenti con vigore in Munch.
Elementi
che accomunano questi Autori sono l’assunzione massiva di vino e assenzio, fino
al disfacimento del fegato e dello
stomaco, oltre una vita bohemienne, dove Montparnasse diviene il proscenio in cui dipingere e scambiarsi idee, fra una bevuta e una assunzione di
droghe.
Le
sostanze stupefacenti facilitano la separazione fra la carne, le ossa e il
prodotto che si materializza sulla tela. I problemi psichici di molti, l’abuso
di alcool, patologie come l’epilessia in Utrillo, “curata” dalla nonna con il
vino sin da bambino, esistenze devastate anche da rapporti incestuosi, determinano
la necessità di vergare una linea di confine fra carnalità, corporeità e ciò che viene raffigurato sul quadro. Un
bipolarismo mentale che porta ad estraniare la propria malattia dal quadro, il
cui contenuto è alieno dalla follia del suo creatore, mostrando solamente pura realtà,
aspetti concreti di essa, come case, pareti, tetti, giardini, chiese, scalini. V’è una scissione fra il corpo e l’altro dal
corpo, come in Carmelo Bene la recitazione esce da una bocca quasi rigida, facente parte di un organismo ingessato e statuario. Una carne che esprime sofferenza , angoscia,
degrado e psicosi, mirabilmente mostrati
senza reticenze nelle trascinanti e
meravigliose pitture di Chaim Soutine, la cui ricerca di colori pastosi, accesi, vivi, fa da
cartina di tornasole alla sua crescente e
incalzante malattia, in cui la mente è
tracimata sino alla distruzione finale.
La
nudità dipinta da questi Artisti non è allegorica ma reale e fisica, sensuale e
carnale, nudità non di una prostituta ma
della propria madre, figlia, moglie, fidanzata, amante. E’ nudità afferente un
estetismo antiborghese, in un’epoca in cui D’Annunzio, della Fiume da lui
governata (1919-1921), ne fece un luogo di vagabondaggio di persone svestite.
La
nudità in Herni Epstein viene chiazzata da macchie verdi che cospargono corpi
ritraenti donne da lui veramente odiate o amate. Le pennellate verdognole che
punteggiano il collo, i seni, le braccia e le gambe, simboleggiano la spigolosità caratteriale
delle modelle, tratteggiando così immagini che incarnano aspetti della loro
personalità, al pari dell’approccio piscologico
con cui Picasso affrontava gli aspetti
interiori dei soggetti destinatari della propria azione pittorica.
I
profili femminei di Modigliani
(1884-1920), le cui teste sono poggiate su lunghi colli affusolati, sono il
cuore pulsante della mostra. Il collo è allungato a dismisura e i volti
femminili possiedono occhi privi di
pupille. Le stesse figure che si allungano nel quadro non appaiono più
centrali, ma perse nello spazio. I colli esageratamente e mostruosamente
oblunghi e le cavità oculari prive del bulbo denotano l’incapacità di
Modigliani a rappresentare l’essere femminile nella sua completezza, ad
afferrare pienamente “l’in sé” dell’altra metà del cielo, non riuscendone a tracciare i suoi elementi significativi,
ossia il collo e gli occhi.
La
posizione stessa della persona, donna o uomo che sia, nell’arte di questi pittori, esce dalla concezione antropomorfica
classica, e l’influsso dello stile giapponese ed orientale è di supporto tecnico per estromettere l’uomo dalla centralità del quadro, grazie
alla eliminazione della prospettiva: le signore,
gli abiti che le coprono e l’arredamento da cui esse sono circondate, sono incontrovertibilmente piatti,
assolutamente privi di una qualunque
sorta di tridimensionalità.
Le
forme sono costruite in Modigliani solo con il colore e non con tratti di pennello che, caso mai, tracceranno linee di contorno aggiuntive solo in un secondo momento. Non si disegna
più. I corpi si fondono negli ambienti e nello spazio.
La perfezione
dei corpi si raggiunge con le luci e i colori: luci forti, abbaglianti, unitamente
a colori brillanti, danno vita a “La spagnola”, straordinaria tela di Moise
Kisling; in Henri Hayden le splendide tonalità di rosso, arancione e giallo, irradiate da fonti luminose che sembrano nascoste nelle stesse
intelaiature, si cadenzano al ritmo di note impossibili ad essere ascoltate da
orecchio umano. La musicalità coloristica esprime il tutt’uno espressivo di Hayden pittore
e musicista.
Una
ultima annotazione di incoraggiamento a
noi tutti.
Modigliani
dipinge con una determinazione che sfiora l’eroismo o l’incoscienza, sino alla
morte avvenuta a 36 anni, senza che alcuno acquisti i suoi lavori. Solo dopo la sua scomparsa, avvenuta a Parigi il
24 gennaio 1920, cominciarono ad essere
venduti i suoi capolavori.
Fabrizio Giulimondi
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