1985-1992:
il virus dell’HIV si propaga a vista d’occhio
e con esso la malattia dell’AIDS e la mattanza da essa provocata ovunque siano diffusi stili di vita senza freni.
Un texano, amante dei rodei,
macho, molto macho, troppo macho (interpretato dal Premio Oscar come miglior
attore protagonista Matthew McConaughey,
quello che in The wolf of Wall Strett di Martin Scorsese indottrina, fra una
dose e l’altra di alcool, un Leonardo DiCaprio alle prime armi nel mondo della
finanza, insegnandogli un stravagante danza ritmata a colpi di pugni sul petto,
cadenzata da un cupo e prolungato suono
profondo gutturale di gola) , scopre di aver contratto la patologia e di avere,
a detta dei medici, solamente trenta giorni di vita. Pensava che solo gli omosessuali fossero
destinati a tale male, ma
non è così.
Il suo disprezzo per gli omosessuali è superato dalla comune
malattia con un gay con accentuati tratti femminei, interpretato da uno
scheletrico (e irriconoscibile) Jared Leto (Premio Oscar
come miglior attore non protagonista), con cui inizierà – su e giù per il
Messico - un traffico di famraci, in un primo tempo semplicemente non autorizzati dalla americana F.D.A. (Food and Drug Administration), poi
dalla stessa definitivamente proibiti.
Lo scontro è fra la medicina ufficiale, non interessata alla reale
salute di pazienti emarginati dalla società (a partire dal protagonista che
sarà isolato dagli amici e dai colleghi di lavoro), che propone l’AZT, farmaco in realtà tossico
e, spesso, mortale, e quella “domestica”, che grazie ad un cocktail di
vitamine, minerali e proteine, allunga e di molto la vita ai pazienti,
migliorandone il più delle volte anche la qualità.
Per certi versi ricorda l’Olio di Lorenzo di George Miller, per altri una delle prime pellicole sul tema Philadelphia di Jonathan Demme.
Intensa l’interpretazione di
McConaughey; ironica e disarmata quella
di Jared Leto.
Il film di Jean –Marc Vallée “Dallas
Buyers Club” è intelligente e, pur trattando
un argomento scottante che ancora brucia nel mondo, non cade mai in eccessi e brutalità, equilibrato nell’ uso delle scene di sesso e moderato
nell’utilizzo delle parole forti, dense nella prima parte della proiezione, attenuate e diluite nei dialoghi nel suo proseguo L’aggiudicazione del Premio Oscar
come miglior attore protagonista a DiCaprio
per la parte ricoperta in The Wolf of
wall street o a Chiwetel Ejiofor per il ruolo in 12 anni schiavo, forse, sarebbe stato più meritato.
Fabrizio
Giulimondi
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