domenica 16 marzo 2014

"MUSEE D'ORSAY, CAPOLAVORI" AL COMPLESSO DEL VITTORIANO A ROMA


Dopo il commento in questa Rubrica alle suggestive mostre sull’opera pittorica di Paul Cezanne e gli Artisti italiani del ‘900 al Complesso del Vittoriano e  sugli artisti impressionisti “Gemme dell’impressionismo”,  al Museo dell’Ara Pacis, ecco di nuovo allestite al Vittoriano a cura di Guy Cogeval e Xavier Rey altre pictures at an exhibition di provenienza parigina sull’impressionismo ed il post impressionismo,  “Musée d’Orsay, Capolavori”, dal 22 febbraio all’8 giugno 2014.
L’esposizione porta per la prima volta a Roma straordinari  lavori compiuti tra il 1848 ed il 1914 dai grandi Maestri francesi Gauguin, Corot, Monet, Degas, Sisley, Pissarro, Manet, Seurat, oltre dal genio  dell’ olandese Vincent van Gogh, proponendo un percorso artistico che – attraverso una selezione di oltre sessanta opere – parte dalla pittura accademica dei salon,  passando lungo la  rivoluzione prodotta dal nuovo sguardo impressionista,  per poi giungere alle soluzioni formali dei nabis (profeti in ebraico) e dei simbolisti.
Invero, questa mostra abbraccia le tre grandi correnti pittoriche del XIX secolo, ossia l’impressionismo – e l’impressionismo ed il neo impressionismo sono al centro della mostra – il realismo ed il simbolismo, precursore dell’espressionismo.
Dalla tecnica adoperata dagli artisti impressionisti,  le cui tele di impareggiabile bellezza potrete godere al primo ed al secondo piano del Palazzo del Vittoriano,  avrete l’opportunità di notare  la rottura con l’arte accademica ufficiale che nei salon, ossia nelle esposizioni di quadri e di sculture che si svolgevano annualmente o biennalmente a Parigi, trovava la sua sede naturale. L’arte accademica ufficiale dei salon seguiva rigidamente tre regole fisse: la rappresentazione di soggetti religiosi, classici o storici; la perfetta definizione delle opere dipinte; i colori sfumati con pennellate invisibili.
La scuola impressionista raffigura persone reali e paesaggi e scene spontanee della vita quotidiana, lavorando en plein air, come suggeriva l’artista francese Pierre-Henri de Valenciennes nel trattato ”Elementi di prospettiva pratica” (1800), ove invitò i pittori di paesaggio ad osservare dal vero la natura e iniziare i dipinti ad olio direttamente all’aperto: “tutti gli studi sulla natura devono essere realizzati in due ore e, se eseguiti al tramonto o al sorgere del sole, per non più di mezz’ora”.
L’impressionista accosta piccole pennellate di colore per rendere l’effetto della luce: la luce ed il colore sono gli  elementi fondamentali di questa corrente pittorica. I colori degli oggetti non sono fissi, ma modificati da ciò che li circonda. Le ombre sono colorate e non neutre o scure. L’Artista  deve cogliere l’attimo, al pari di una fotografia, per rendere perenne e immortale l’istantaneo, fissando  le luci ed i colori, i bagliori tipici di un preciso istante in un determinato luogo blocacto  in un momento che non si ripresenterà più. Le luci sono naturali se il pittore opera en plein air, ma artificiali se, come nella ritrattistica al secondo piano, le figure sono riprodotte  in situazioni galanti, in un cafè, in una sala da tè o in un ambiente teatrale.
Della “utilizzazione”, della “gestione” e del “trattamento” della luce e dei colori ad opera dei maestri impressionisti si innamorò Vincent van Gogh: il giallo che già presenzia prepotentemente nelle opere esposte al secondo piano,  dominerà  e signoreggerà la serie di dipinti di olio su tela I Girasoli, realizzati fra il 1988 ed il 1989.
Nei ritratti impressionisti comincia ad emergere il tratto psicologico del personaggio raffigurato, ricerca e studio che darà vita al simbolismo e, successivamente, all’espressionismo, da cui nasceranno i potenti filoni artistici, pittorici, culturali, letterari e scultorei dell’astrattismo, del cubismo e  del surrealismo.
Il post e  neo impressionismo accentua le pennellate veloci con le tecniche del puntinismo e del divisionismo.
Il primo è un procedimento in cui il colore viene accostato sulla tela per mezzo di puntini fitti o piccole macchie che  possiedono varie dimensioni.
Il divisionismo è un metodo che utilizza piccoli punti, lineette e segni che avvicinano colori diversi: le lineette cambiano direzione, si intrecciano e creano movimento.
Due ultime annotazioni.
Meravigliose al pian terreno, dopo essere essere scesi dal secondo,  le tre tele di paesaggi di Claude Monet, al pari, nel primo salone in fondo al corridoio che si affaccia all’entrata della visita, dei quadri di Camille Corot, pittore nutrito di cultura classica, che si evolve verso una rappresentazione onirica della natura che continua ad essere popolata di ninfe nude – ereditate dalla antichità -  che danzano e giocano in scenari rupestri.  
Godiamo di questi tratti di bellezza, perché solamente la Bellezza ci salverà dalla vacuità che ci circonda e ci opprime.

Fabrizio Giulimondi


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