“Allacciate le cinture” del
pluripremiato regista turco naturalizzato italiano Ferzan Ozpetek, è una bell’opera, intensa, drammatica, con qualche
lieve tocco di angustia quando vengono percorsi i lunghi e luminescenti corridoi ospedalieri che conducono la protagonista
verso la stanza, ove si pratica la chemioterapia.
Cast
di valore al femminile, con una Kasia
Smutniak che, nonostante gli sforzi dei truccatori, rimane sempre
splendida, accompagnata da Carolina Crescentini, Elena Sofia Ricci,
Carla Signoris, Paola Minaccioni, Giulia Michelini e Luisa Ranieri.
Non
male la presenza attoriale maschile: un
sempre bravo Filippo Scicchitano (già
apprezzato in Scialla e Bianca come il latte rossa come il sangue),
lavora coralmente insieme a Francesco
Arca.
Il
film si inserisce, modernizzandolo, nel filone sorto nel 1970 con Love Story di Artur
Hiller, che vede “lei” ammalarsi di tumore o di leucemia, differenziandosene,
però, e di molto, nel tratto conclusivo della storia.
La
prima parte, più leggera, può ricordare, nell’iniziale disprezzo per ragioni
ideologiche fra la Smutniak e Arca e, nella successiva loro magnetica attrazione, Passione Sinistra di Marco
Ponti, pellicola uscita nei cinema lo scorso anno.
Gli
ambienti omosessuali e lesbici ripercorrono il vissuto del regista, vissuto che
traspare visibilmente in quasi tutta la sua produzione cinematografica: Il bagno turco, Harem Suare, Le fate
ignoranti, La finestra di fronte, Saturno contro e Mine
vaganti.
Fabrizio Giulimondi
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