giovedì 3 aprile 2014

"STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI" DI BRIAN PERCIVAL


Locandina italiana Storia di una ladra di libri 
La parola è vita ed è ciò che distingue un uomo da un grumo di creta”.
I libri sono un insieme di parole.
Le parole sono vita e sono libertà.                                         
I libri sono vita e sono libertà e sono i primi ad essere attaccati nei regimi dispotici.
Il film di Brian PercivalStoria di una ladra di libri”,  tratto dall’omonimo romanzo  dell’australiano Markus Zusak, racconta, fra mestizia, tristezza, drammaticità (mai angoscia), delicata affettuosità  e lieve armonia, la vita adolescenziale di una dodicenne tedesca, Liesel (la bravissima Sophie Nélisse) -  adottata da una coppia sterile (il candido padre interpretato da Geoffrey Rush e la burbera madre, che nasconde un cuore gonfio di generosità, rappresentata da Emily Watson) -  che sottrae i libri (intellettualità decadente) dalla furia annientatrice delle belve naziste, lei che veste la camicia bruna, canta inni al Fuhrer , fa il saluto romano e si innamora di un ragazzo giudeo nascosto nella cantina di casa sua.
La narrazione compiuta dalla Morte è suggestiva e l’opera merita di andare al festival del cinema di Locarno, pur riscontrandosi in essa errori marchiani e, direi, imbarazzanti.
A Liesel viene insegnata come lingua (prima e unica) l’inglese e siamo in Germania e, segnatamente, a Stoccarda.
Dopo le scene che raffigurano la terribile “notte dei cristalli” fra il 9 ed il 10 novembre 1938, durante la quale  furono frantumate le vetrine dei negozi ebraici, percossi, arrestati e deportati i loro proprietari insieme alle famiglie, l’immagine si sposta sull’”amichetto del cuore” di Liesel, il fanciullo corridore provetto e infarcito, come tutti, di dottrina nazionalsocialista, mentre si allena in uno stadio di atletica imitando, anche nelle fattezze, il centometrista e saltatore con l’asta Jesse Owens,vincitore di quattro medaglie d’oro alle olimpiadi di Berlino del 1-16 agosto 1936.
Di due l’una, entrambe errate: o al ragazzino durante la corsa  sovviene il ricordo di  un evento svoltosi in un’altra città (siamo a Stoccarda e le olimpiadi si sono svolte a Berlino),  più di due anni prima (la scena  presumibilmente è successiva agli accadimenti  del novembre 1938, mentre le olimpiadi sono dell’agosto 1936), in un periodo storico in cui le informazioni, scarsamente pervasive sotto un aspetto  tecnologico,  erano  passate al setaccio di un personaggio come Goebbels (ministro per la propaganda del Reich), specie se l’evento in questione riguardava un atleta di colore americano la cui vittoria era risultata  notoriamente indigesta ad Hitler e ai suo gerarchi; oppure -  ed è ancora più grave – le olimpiadi vengono posticipate dalla prima metà del mese di agosto del 1936 a dopo la “notte dei cristalli” del 9-10 novembre 1938.
Il rimprovero del padre al figlio che ha osato osannare durante la propria corsa Jesse Owens  è di un  politicamente corretto che rasenta la ridicolaggine: ma secondo gli sceneggiatori un nazista dava della “persona nera” o del “nero” ad Owens trascorsi una decina di anni di indottrinamento razzistico  totalizzante hitleriano?
Fabrizio Giulimondi



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