“Grand Budapest
Hotel” del regista texano Wes Anderson.
Garbato,
elegante, inconcludente, indeterminato, fumoso, stravagante, non
contestualizzato nello spazio (il set
è in uno Stato inventato, che potrebbe essere la Francia, come la Germania o l’Ungheria),
incerto nell’idioma (sono compresenti, parlati e scritti, il tedesco, il
francese e l’inglese), ma determinato nel tempo (dal 1932 in avanti), con ricca
simbologia che riecheggia le SS e le
famigerate “guardie di ferro” rumene.
Può
piacere o no, annoiare o divertire con una ilarità di sapore transalpino…..lo
scoprirete solo vedendolo.
Fabrizio Giulimondi
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