“Mi chiamo Katniss Everdeen ho diciassette
anni. Sono nata nel distretto 12. Ho partecipato agli Hunger Games. Sono
fuggita. Capitol City mi odia. Peeta è stato fatto prigioniero. Si pensa che
sia morto. E’ molto probabile che sia morto. Forse è meglio che sia morto…”
Are
you, are you coming to the tree, they strung up a man they say who murdered
three. Strange things did happen here no stranger would it be. If we met at midnight in the hanging
tree.
Pochi
registi sono in grado di trasportare una buona idea dalla carta allo schermo
portandola a così alti livelli. Francis
Lawrance è riuscito nuovamente a lasciarci senza fiato. Questa volta non è
stato aiutato dai colori brillanti e gli splendidi panorami che lusingano
l’occhio dello spettatore, ma il suo tocco non è cambiato neanche nei
sotterranei del distretto 13, come la sua incondizionata lealtà alla scrittrice
Suzanne Collins. Questo film è la prova
di come si può dirigere un film splendido senza cambiare una virgola del libro
a cui si è ispirato, è la prova che la bravura di una regista sta nel dettaglio
cinematografico, non nel completo stravolgimento della trama letteraria, come
spesso accade. Non per questo non vi sono state scelte e cambiamenti, alcuni
assolutamente ben riusciti (l’intelligente decisione di lasciare la presenza di
Effie), altri meno convincenti (il finale, secondo la migliore tradizione
americana, è mal fatto).
Ad
ogni modo, la sensazione che proverete – per chi ha letto la trilogia – sarà
proprio quella di rileggere il libro mentre guardate il film. Rivedrete le inquadrature
e le immagini che si erano andate a
creare nella vostra testa e le stesse battute che hanno accompagnato tutti i
personaggi.
Are
you, are you coming to the tree where dead man called out for his love to flee.
Strange things did happen here no stranger would it be. If we met at midnight in the hanging
tree.
Non
mi soffermerò più di tanto a parlare dell’ormai rinomata capacità della nostra
amata Jennifer Lawrance, che
interpreta Katniss Everdeen, come già saprete tutti. Eravamo da tempo a
conoscenza del suo singolare talento. Ciò che ci era stato nascosto era la sua
dote di cantante di cui, costretta fino alle lacrime dal regista, ha dovuto
dare prova. Credo che la scena de “L’albero degli impiccati” (The Hanging Tree) sia la parte più
geniale ed emozionante di tutto il film, perché è suggestivo vedere come una
semplice e timida voce possa divenire il tritolo che fa esplodere una diga. Per
quanto la storia, per alcuni amanti della critica, possa sembrare distante anni
luce da noi, Francis Lawrance la rende assolutamente attuale, assolutamente
reale e fedele a ciò che è accaduto in passato e accadrà in futuro.
Are
you, are you coming to the tree where I told you to run, so we'd both be free.
Strange things did happen here no stranger would it be. If we met at midnight in the hanging
tree.
Questa
pellicola unisce tutto ciò che ha segnato la nostra storia e che continua a
segnarci, questo film potrebbe raccontare di tutto il sangue, le morti e le
speranze che sono vissute su questa stessa Terra: vi è la guerra in tutto il
suo più crudele realismo, che si va a sposare con la propaganda politica. Ci
insegna come quella scatola misteriosa dalle mille immagini che siede davanti
al nostro divano, proprio in casa nostra, possa diventare lo strumento più
potente e devastante per una rivoluzione. Ci insegna, come anche altri nel
corso della storia ci hanno insegnato, che ciò che da forza è la speranza e la
speranza spesso si aggrappa alla semplicità di un canto, al volo di un uccello,
ad una spilla appuntata per caso su una giacca, si aggrappa ad un simbolo, si
aggrappa alla Ghiandaia Imitatrice. La speranza si arrampica sui muri, sugli
specchi, sulle braccia di chi vuole sorreggerla. E’ l’edera del mondo che
resiste anche al fuoco delle bombe e dei carri armati, anche quando si spegne
la luce e si resta al buio, soli con la paura. La speranza resiste sempre, è il
batterio benigno dell’umanità, è la scintilla che divampa nell’incendio. E come
in ogni scena c’è il dolore, in ogni scena c’è la fiducia. Solo alla fine ci si
spezza, perché sono le cose che amiamo di
più a distruggerci.
Are
you, are you coming to the tree wear a necklace of hope, side by
side with me. Strange things did happen here no stranger would it be. If we met at midnight in the hanging
tree.
“Il numero del Gatto Matto diventa la
metafora della mia situazione. Io sono Ranuncolo. Peeta, che ho tanta voglia di
mettere in salvo, è la luce. Ranuncolo, finché sente di avere la possibilità di
afferrare tra le zampe quel bagliore sfuggente, ribolle di aggressività. (E’
così che mi sento io da quando ho abbandonato l’arena, con Peeta ancora vivo.)
Quando la luce si spegne rimane turbato e confuso per un po’, ma poi si
riprende a passa ad altro. (E’ ciò che mi succederebbe se Peeta morisse).”
Miss
Everdeen, it’s the things we love most that destroy us.
In loving memory of Philip Seymour Hoffman.
Alessia
Giulimondi
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