Come viene in mente ad
una ragazzina di dieci anni di scrivere un romanzo?
Non so esattamente come
mi sia venuto in mente. So per certo che ricordo di aver sempre sentito il
bisogno di raccontare qualcosa, qualcosa che non fosse necessariamente mio,
qualcosa di bello che parlasse dei miei pensieri senza mettere in campo direttamente
me stessa. Mi piaceva l’idea di poter creare un universo che avrebbe potuto
sottostare, a tutti gli effetti, alle mie leggi, che affascinasse e
incuriosisse me prima di tutto.
Ogni personaggio del libro ha
una propria marcata psicologia e personalità: a chi ti senti più vicina?
Poiché non amo parlare
di cose vicine alla mia realtà quotidiana, i miei personaggi sono quanto di più
lontano possa esserci dalla mia personalità. Ma di certo, la psicologia
dell’autore, volente o nolente, dovrà per forza, anche se in minima parte,
influenzare quella delle sue creature. Senza dubbio, Nigel è il personaggio che
più mi rispecchia, pur comunque essendo cambiata molto negli anni.
Le emozioni che esprimi appartengono al momento
specifico in cui le hai messe “nero su bianco” o fanno parte del tuo essere?
Nelle mie parole c’è
molto poco del mio essere per quanto riguarda la sfera emozionale. La maggior
parte delle sensazioni descritte nel romanzo non erano mai state sperimentate
da me in prima persona, o perlomeno mai sono state così forti e marcate – dato
che l’adolescenza sembra scarseggiare di emozioni definite e costanti. Diciamo
che sono le parole che, una volta messe “nero su bianco”, fanno il loro meglio
per comunicare quanto più profondamente le emozioni che vogliono esprimere.
In quale genere collochi
“Inchiostro”?
Romanzo
storico-introspettivo.
Il cinema che ami da
sempre in che modo ha influenzato le vicende dei protagonisti del tuo romanzo?
Il cinema ha
influenzato moltissimo le vicende dei protagonisti, forse anche più dei libri.
La mia intelligenza creativa ha sempre lavorato attraverso immagini, scene e
azioni che al momento di una prima elaborazione delle idee si manifestano come
su di uno schermo dove tanti attori recitano le mie battute, si muovono e
parlano come io, la regista, ho stabilito. Molti cliché e luoghi comuni
presenti nel libro derivano proprio da questo: la mia mente rielabora scene e
luoghi già visti, adattando e modellando questi sullo scheletro della propria
storia immaginaria, per farne, poi, i muscoli e i tessuti che regolano la vita
e la morte dei personaggi.
(da Salone Internazionale del libro di Torino, 13 maggio 2016)
Nessun commento:
Posta un commento