Grande
merito del libro è il suo voler essere semplice e divulgativo per far entrare,
in modo più consapevole, i cittadini nel mondo della giustizia.
E’
organizzato in 10 lezioni che affrontano varie temi.
- · La prima lezione si pone la domanda su cosa sia la giustizia.
Il
lavoro parte dal più importante processo della storia e del più grande errore
processuale della storia, quello nei confronti di Gesù. Questo per far capire
come per secoli (fino alle costituzioni liberali dell’800 e del 900 in cui la
dimensione giudiziaria assume un carattere di indipendenza dagli altri Poteri)
la giustizia è stata sempre collusa e strumento del potere in favore dei forti
contro i deboli.
Caringella
introduce la figura del giudice, ossia un uomo con i suoi limiti e con il
compito gravoso di giudicare. L’Autore ritiene che parlare di giustizia umana è
una contraddizione in termini. Anche Aristotele definì all’inizio del libro V
dell’Etica Nicomachea le parole “giusto” e “ingiusto” ambigue.
Viene
richiamato anche Calamandrei sul fatto che il giudice non deve occuparsi di
risolvere i problemi sociali o correggere comportamenti individuali, pena
cadere in vanità e presunzione che lo trasformerebbero in giustiziere. Il giudice,
dice l’autore, deve essere umile.
- · La seconda lezione affronta il tema della verità del giudice. Si vuole sottolineare la relatività della verità. La debolezza e l’imperfezione della condizione umana impediscono che la verità raggiunta attraverso il giudizio posa avere o crismi di certezza e assolutezza.
La
citazione amata da Caringella è
quella di Kafka: “Io sono ignorante, ma
questo non significa che la verità non esiste”. A volte la verità sfugge,
non è alla nostra portata, ma abbiamo il dovere di cercarla.
Detto
che la verità è relativa, il giurista-scrittore ammonisce del rischio di
considerare tutte le possibili verità ugualmente giuste e o ugualmente erronee.
Il magistrato deve ricercare la migliore verità umana, quella più attendibile.
Ne “I
giovedì della signora Giulia” Piero Chiara scrive che la giustizia è un robot
senza cuore né intelligenza: colpisce a seconda della carica ricevuta e, questa
carica, è costituita dalle prove, prove che devono essere sicure, testimonianze
certe. Guai a fare il contrario. Su questo punto nel libro è richiamato
l’aneddoto di quando Caringella si è
trovato a scarcerare un uomo che aveva confessato l’omicidio della moglie al
compagno di cella ma l’intercettazione ambientale, unica prova di colpevolezza,
non era stata eseguita in assenza delle necessarie autorizzazioni.
Requisiti
della verità per un giudice: trasparenza, chiarezza, sinteticità.
- · La terza lezione affronta i nemici di chi giudica: menzogne e pregiudizi.
In
questa parte l’Autore affronta il tema del cambiamento avvenuto dal passaggio
dal binomio verità-menzogna alle post-verità (fake news). Esistono nuove (non) verità che resistono alla
dimostrazione della loro falsità fintanto che risultano seducenti e piacevoli
per la maggioranza dei cittadini. In questo l’aspetto umano del giudice in
grado di vedere anche l’uomo dietro i fatti è fondamentale.
I
pregiudizi sono molto insidiosi soprattutto nei casi di mancanza di esperienza
e preparazioni come spesso succede con i giudici popolari. Un pregiudizio di un
solo uomo, il giudice, può alterare la verità.
Antidoti:
umiltà e umanità.
- · La quarta lezione: un uomo davanti a un altro uomo.
Il
capitolo inizia con la risposta che il giudice della Corte Suprema Felix
Frankfurter scrisse a un dodicenne che chiedeva consigli su come diventare
avvocato.
Il
giudice rispose che non può esserci un buon uomo di diritto se
contemporaneamente lo stesso non è uomo di cultura.
Re
Salomone riuscì a individuare la colpevole tra due madri prostitute che si
accusavano a vicenda della morte di uno dei loro figli (che partorirono a pochi
giorni di distanza) osservando le reazioni umane delle donne davanti al suo
ordine di tagliare a metà quello rimasto per dividerlo tra le due risolvendo il
conflitto capì quale delle due stava mentendo.
Le
qualità del giudice devono essere umiltà, curiosità, entusiasmo, disinteresse e
non cadere in quelle che Calamandrei individuava come i rischi peggiori:
pigrizia mentale e conformismo.
- · La quinta lezione l’arte del dubbio
Viene
evocato come esempio l’omicidio di Farouk Chourbagi, figlio dell’ex Ministro
del tesoro del re d’Egitto (in epoca monarchica), avvenuto a Roma in via Veneto
il 18 maggio del 1964. Il movente è stato passionale e con molte probabilità
organizzato dai coniugi Bebawi la cui moglie Claire aveva avuto una relazione
con il giovane Farouk. I coniugi si accusarono a vicenda e il 21 maggio dello
stesso anno il Presidente della prima corte d’assise di Roma Nicolò La Bua
lesse la sentenza di scarcerazione per insufficienza di prove.
Due
anni dopo fu ribaltata la sentenza ma nel frattempo i coniugi avevano
abbandonato l’Italia.
Caringella cita
questo processo perché fu il primo di tipo mediatico e a dimostrazione di come
il giudice, nel momento in cui non sia in grado di scogliere ogni dubbio, possa
e debba emettere un verdetto di assoluzione.
Calamandrei
(pag.61): “Il giudice scrupoloso, che
prima di decidere ci pensa tre volte e non dorme la notte per i dubbi che lo
assalgono, è da preferire a quello sicuro di sé che si crede infallibile. Ma
anche negli scrupoli è bene non passare il segno. Ogni scelta è un atto di
coraggio; se dopo avere lungamente meditato il giudice non sa scegliere,
diventa un timido che ha paura della sua responsabilità”.
Dubbio
non può significare paralisi.
- · Sesta lezione la giustizia e il tempo
Esempio
del nonno che vinse una causa contro un latifondista foggiano ed ebbe un
risarcimento di 30 lire e scoprì, a suo malincuore, che le spese da liquidare
al legale, in ragione della lunghezza del processo e i numerosi viaggi a Roma,
era di ben 40 lire, 10 lire di più di quanto doveva ricevere.
Vittime
della lentezza per Caringella sono:
1) Art
.27 della Costituzione sulla rieducazione del condannato;
2) La
parte lesa;
3) La
sicurezza collettiva;
4) La
legalità;
5) Il
sistema giudiziario;
6) Il
processo stesso;
7) L’economia
pubblica e privata;
8) La
verità:
9) L’innocenza.
- · Settima lezione: giustizia, vendetta e punizione
Processo
a Socrate 399 a.C. quando il filosofo, difendendosi da solo, si fece condannare
a morte preferendolo all’esilio che avrebbe potuto scegliere. Per Socrate era
meglio subire un’ingiustizia che farla e il rispetto della legge più importante
della salvezza personale.
Si
evidenza come il nostro approccio garantista derivi dalle nostre radici cristiane
e come si debba perseguire il filone della giustizia riparativa e comunque un
approccio che metta al centro l’individuo
- · Ottava lezione: il diritto al tempo del terrorismo
Islam
non è male assoluto anche perché non si può pensare di dichiarare guerra a un
miliardo e seicento mila persone ma per contrastare terrorismo serve maggiore
coesione e fiducia nella giustizia.
Paesi
democratici sono quelli che riescono a coniugare sicurezza e libertà (tema
sviscerato a più riprese da Bauman).
I
diritti sono di tutti o di nessuno spiega Caringella, pena l’avverarsi della
profezia di Freud quando scrisse che l’uomo moderno ha rinunciato alla
possibilità di essere felice in cambio di maggiore sicurezza.
Proposte
in tema di contrasto al terrorismo: coordinamento europeo e istituzione a
livello nazionale di regia operativa unitaria simile alla Procura Nazionale Antimafia
- · Nona lezione: la vita e la morte nelle mani della giustizia
In due
casi la giustizia si trova ad affrontare il tema della vita e della morte dei
cittadini.
Il primo
nel caso delle pena di morte che Caringella
definisce “residuo antistorico”.
Il
secondo più recente riguarda l’eutanasia.
L’Autore
sottolinea come sia un tema che pone tante domande a cui lui non sa rispondere,
ma altrettanto è cosciente che deve essere abbastanza umile e senza pregiudizi
per evitare di non porsele.
- · Decima lezione: giudice Dio o “bocca della legge”
Dopo
mani pulite l’esimio giurista pensava che l’Italia sarebbe cambiata, mentre la
corruzione in realtà è continuata mutando se stessa. Meno passaggi di denaro e
più favori.
Per
contrastare la corruzione non basta la giustizia serve la cultura (Impastato,
Falcone, Papa Francesco).
Il
tema del “Giudice Dio” è stato sollevato da vari intellettuali per ultimo P.G
Battista in un editoriale in cui parlava del rischio di potere illimitato della
giustizia.
Caringella rifiuta
questa ipotesi chiamando a testimone Pasolini, che scrisse come un potere
illimitato è quanto di più anarchico ci sia perché trova nell’assenza di regole
la sua regola. Però dice anche che la
politica deve smetterla di delegare (malgrado le nostre 200 mila leggi a fronte
delle 5 mila tedesche) alla magistratura la regolamentazione di alcuni temi
sensibili.
Fabrizio Giulimondi
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