venerdì 29 settembre 2017

FABRIZIO GIULIMONDI: "AMBIENTE, ECOREATI E IMPRESA"

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La legge 22 maggio 2015, n. 68 (“Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente”) ha segnato l’ingresso nel nostro ordinamento giuridico di una tutela ambientale ispirata ad un nuovo approccio culturale che - in base alla definizione offerta dalla Corte costituzionale e mutuata dalla Dichiarazione di Stoccolma del 1972 - considera l’ambiente come biosfera, un bene in relazione al quale la protezione si pone come salvaguardia delle qualità e dell’equilibrio dinamico delle sue singole componenti (territorio, paesaggio, ecosistemi e biodiversità).
L’Italia si è messa al passo con le indicazioni dell’Unione Europea che con la Direttiva 2008/99 ha invitato gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per assicurare che i reati ambientali di maggiore gravità, tali cioè da poter arrecare danni rilevanti alle persone o alla qualità dell’ambiente, siano “puniti con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive”.
Per questo è stato introdotto uno strumento di tutela moderno, completo e più incisivo rispetto al passato.
Non dobbiamo infatti dimenticare che prima dell’entrata in vigore della nuova legge la quasi totalità degli illeciti ambientali era punita a titolo di illecito amministrativo o come reato contravvenzionale, con pene relativamente miti e soggette ad elevato rischio di prescrizione. I casi più gravi non disciplinati (come è accaduto per il disastro ambientale) venivano sanzionati ricorrendo alla fattispecie del disastro innominato (art. 434 c.p.) con le note difficoltà ricostruttive sottolineate anche dalla Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 327 del 2008 esortò il legislatore a disciplinare espressamente le fattispecie di maggiore complessità di accertamento.
Con la nuova legge è stato tipizzato un ampio novero di fattispecie delittuose - dall’inquinamento ambientale al disastro ambientale - per punire, secondo una scala crescente di gravità, la compromissione o il deterioramento di singole componenti dell’ambiente fino all’irreversibile alterazione dell’equilibrio dell’ecosistema. L’ampliamento della sfera di protezione dell’ambiente si lascia apprezzare, altresì, per il fatto che le predette condotte sono punite, con pene ridotte, anche a titolo di colpa e di messa in pericolo a titolo di colpa.
L’obiettivo di rendere più adeguato il corredo sanzionatorio è stato raggiunto introducendo le nuove aggravanti della commissione dei reati ambientali in forma associativa (artt.416 e 416 bis c.p.) e dell’aggravante ambientale se un qualsiasi reato venga commesso allo scopo di eseguire un delitto ambientale; con la pena accessoria della incapacità di contrattare con la P.A.; con nuove sanzioni pecuniarie e misure interdittive a carico delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato ambientale.
Una novità di assoluto rilievo è quella che consente di colpire il prodotto o il profitto del reato con gli stessi mezzi adottati per il contrasto alla criminalità organizzata grazie all’introduzione di nuove ipotesi di confisca obbligatoria - e, ove non sia possibile, per equivalente - mentre per il disastro ambientale, anche se commesso in forma associativa, è ora ammessa come misura di prevenzione la confisca dei valori ingiustificati o sproporzionati rispetto al reddito.
Una tutela moderna dell’ambiente non può prescindere dalla valorizzazione dell’aspetto riparativo al fine di ricostituire le condizioni ottimali dell’equilibrio ambientale leso dal reato. In questo quadro la finalità recuperatoria è garantita sia dal giudice – che con la condanna per taluno dei nuovi reati ordina, appunto, il recupero e se possibile il ripristino dello stato dei luoghi a spese dell’imputato – sia incoraggiando con uno sconto di pena il ravvedimento del trasgressore che prima dell’apertura del dibattimento neutralizzi le conseguenze dannose o si adoperi per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori ovvero collabori con l’autorità giudiziaria.
E’ passato un apprezzabile lasso di tempo dall’approvazione della legge 68/2015 e, come ci dimostra il rapporto 2016 di Legambiente, sono stati compiuti decisivi passi avanti sia in termini di diminuzione dei reati ambientali sia nella lotta alle ecomafie nel solco del disegno unitario di contrasto alla criminalità organizzata che si completa con le riforme del caporalato e del settore dei reati agroalimentari.
Oltre alla concreta attenzione di questo Governo per la questione ambientale la nuova legge sugli ecoreati esprime la presa di coscienza della primarietà ed assolutezza dell’ambiente che oggi è un valore che funge da cornice entro cui collocare la tutela di altri interessi.
Mi riferisco, in particolare, alla sostenibilità ambientale che si pone alla base del mutato rapporto tra ambiente ed economia dove il rispetto dell’ambiente diventa la condizione di uno sviluppo economico che sia compatibile con la limitatezza delle risorse per le generazioni future. Del resto la green economy impone oramai di considerare, oltre ai benefici, anche l’impatto ambientale di una scelta produttiva proprio perché il danno ambientale non può essere più concepito come un comune costo da sopportare. Possiamo dire che la legalità delle scelte ambientali è diventata un valore per l’impresa: ciò accade per le società benefit introdotte dalla legge di stabilità 2016 che tra le finalità di beneficio comune annoverano l’azione responsabile e sostenibile anche nei confronti dell’ambiente.
Si stanno definendo le questioni problematiche emerse in sede di interpretazione della legge. E’ infatti del 3 novembre 2016 la prima sentenza con cui la Cassazione ha fissato importanti principi sugli elementi costitutivi del delitto di inquinamento ambientale chiarendo che la condotta è abusiva non solo se manca l’autorizzazione ma anche se la stessa sia proseguita con modalità incongruenti rispetto al titolo ovvero in contrasto con regole che tutelano interessi indirettamente incidenti sull’ambiente. La Suprema Corte ha poi stabilito che compromissione e deterioramento indicano rispettivamente un’alterazione funzionale o strutturale dell’ecosistema ancorché non irreversibile come è richiesto per il più grave reato di disastro ambientale. 
C’è ancora da fare per perfezionare gli strumenti, già avanzati, di cui disponiamo per implementare le risorse da impiegare per la tutela dell’ambiente. In questo senso mi trova pienamente d’accordo la proposta di destinare i proventi delle oblazioni delle contravvenzioni ambientali di cui agli artt. 318 quater, comma 2, e 318 septies, comma 3, d. lgs. 152/2006 come novellato dalla legge 68/2015 a favore dei Ministeri a vario titolo coinvolti (Ambiente, Giustizia e Interno) nella procedura di ripristino delle conseguenze delle violazioni.

GLI ECO REATI A DUE ANNI DI DISTANZA DALLA LEGGE 68/2015:
NUOVI SCENARI PER LA TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE


L’Ambiente àè un tema dinamico per definizione che in base alla definizione più moderna - fornita dalla Corte costituzionale e mutuata dalla Dichiarazione di Stoccolma del 1972 - viene in considerazione come biosferaàcioè un bene per il quale tutela significa salvaguardia delle qualità e degli equilibri delle sue singole componenti (territorio, paesaggio, ecosistemi e biodiversità).
Tale PREMESSA aiuta a comprendere il carattere MULTIFORME della tutela dell’ambiente.

1)   Se oggi è possibile tirare un bilancio dal versante penalistico della tutela, con le questioni problematiche emerse in sede di prima applicazione della riforma;

al tempo stesso l’ambiente - in virtù dei caratteri di primarietà ed assolutezza, come ribadito dalla giurisprudenza - costituisce sempre più un limite rispetto alla tutela di altri interessi. 

QUALI SONO I NUOVI INTERROGATIVI di fronte ai quali continua a porci la tutela penale dell’ambiente.
PARTIAMO DA QUEL CHE E’ STATO FATTO: LA RIFORMA
Come è emerso dalle precedenti relazioni: la legge del 2015 costituisce un caposaldo per una tutela dell’ambiente in chiave moderna che ha colmato una lacuna nel nostro ordinamento in base ad un mutato approccio culturale.
Fino ad oggi infatti il quadro normativo è stato quello disegnato dal d. Lgs. n. 152 del 2006 (codice dell’ambiente) polarizzato su reati di pericolo astratto, di natura contravvenzionale che scattano con il superamento di soglie considerati di rischio. Con la nuova legge l’ambiente non è più considerato un bene inesauribile ma una risorsa limitata da difendere a garanzia della quale ci muoviamo nella logica del delitto e dei reati di evento.
Le nuove figure di reatoà tipizzano in modo chiaro tutte le condotte aggressive in chiave plurioffensiva a tutela sia dell’interesse pubblico al rispetto dell’ambiente sia degli interessi dei singoli, danneggiati o messi in pericolo.
Viene punito un ampio spettro di condotte: dal disastro ambientaleàirreversibile alterazione dell’equilibrio dell’ecosistema e offesa alla pubblica incolumità all’ipotesi di base di inquinamento ambientaleàdeterioramento significativo e misurabile del suolo, del sottosuolo, dell’aria, dell’acqua, della flora, della fauna, dell’ecosistema e della biodiversità anche agraria.
     
     Il nuovo apparato sanzionatorio discende dalla normativa europea: in particolare la direttiva comunitaria n. 99 del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’ambiente ha richiesto agli Stati di punire con “sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive” le condotte intenzionali o gravemente negligenti, tanto le persone fisiche quanto le persone giuridiche nel cui interesse venga commesso il reato.

     Parliamo di una riforma al passo con i tempi che segna un punto di equilibrio tra diverse esigenze: si migliora la repressione con pene severe per i reati più gravi e si estendono le ipotesi di confisca (obbligatoria, per equivalente e come misura di prevenzione per il disastro ambientale) ma non si vuole abdicare alla logica premiale con sconti di pena per il ravvedimento operoso accedendo - come l’interesse da proteggere richiede - alla giustizia riparativaà favorire l’emersione dell’illegalità per consentire la ri-espansione degli interessi sacrificati (come si è fatto per la corruzione e  si sta facendo per il contrasto al caporalato).

PRIME CRITICITA’ APPLICATIVE DELLA RIFORMA

1)   INDETERMINATEZZA AVVERBIO ABUSIVAMENTEà utilizzato nei 3 delitti di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono materiali ad alta radioattività ed ha sostituito la formulazione precedente <<contrarietà a norme legislative, regolamentari ed amministrative poste a tutela dell’ambiente>>.
Vivace dibattito in dottrina: si attende che si consolidi la giurisprudenza
a)   presenza/contrarietà autorizzazione amministrativa (come sostiene la Cassazione a proposito della gestione dei rifiuti) MA si obietta che non tutte le condotte possono essere rapportate ad un titolo abilitante
b)  il termine abusivamente va inteso come violazione dei principi generali di tutela dell’ambiente e della salute pubblica (di rango sovranazionale e costituzionale) a prescindere da ogni collegamento e connessione propedeutica con qualsiasi atto amministrativo.
c)   compromesso viene dalla Corte costituzionale: formule elastiche ammesse come “valvola di sicurezza del meccanismo repressivo” purché il destinatario ne comprenda significato precettivo sempre nei limiti dell’esigibilità


2)   INDETERMINATEZZA REATO INQUINAMENTO AMBIENTALEà superato il termine RILEVANTE per le condotte di compromissione o deterioramento di acqua, aria, porzioni estese di suolo e sottosuolo, ecosistema, biodiversità, flora e faunaà introdotta l’endiadi SIGNIFICATIVI E MISURABILI
Ufficio Massimario ha tracciato i confini della condotta:
Significatività: elemento dimensionale.
Misurabilità: onere della prova per l’accusa per quantificare la lesione ambiente.
Area punibilità: più alta delle soglie di rischio (CSR) delle contravvenzioni codice ambiente e più bassa del disastro ambientale (alterazione irrimediabile).

3)  COLPA PREVISTA SOLTANTO COME DIMINUENTE PER INQUINAMENTO e DISASTRO

Ciò ha attirato le critiche in ordine alla mancata distinzione sistematica tra reati dolosi e colposià dovuta al PRINCIPIO DI PRECAUZIONE che ha assunto valore di sistema nel diritto ambientale. Si è voluto dare copertura esaustiva alla direttiva del 2008 incriminando (con pena ridotta da un terzo a due terzi) il delitto colposo e il mero pericolo (ulteriore riduzione di un terzo).
Le imprese stigmatizzano che la perseguibilità scatta comunque anche per i reati colposi e pur in presenza di un ravvedimento operoso. Si colpisce chi commette un errore non voluto che potrebbe e vorrebbe intervenire tempestivamente per evitare un procedimento penale.
UN TEMPERAMENTO VIENE DALLA GIURISPRUDENZAà rimproverabilità va sempre collegata alla prevedibilità evento dannoso.
SS.UU. 38343 del 2014à Elementi utilizzabili per il giudizio di rimproverabilità sono la categorialità della condotta (riferibilità ad una classe di eventi) e la individuabilità del rischio in base a valutazione scientifica obiettiva.

4)   INDETERMINATEZZA DELL’EVENTO DANNOSO DEI REATI
Si era discusso se RAPPORTARE evento (compromissione, deterioramento e alterazione) alle condizioni originarie o preesistenti del beneà per configurare evento dannoso in termini differenziali rispetto allo status quo ante.
In questo senso si invocava la definizione di danno ambientale contenuta nell’art. 300 del codice dell’ambiente (“Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie…”.
Può essere auspicabile per il giudice adottare il CRITERIO del DISVALORE SOSTANZIALE della condotta per distinguere tra gravi illeciti e violazioni modeste e far leva sull’entità delle sanzioni in linea con le indicazioni dell’UE (sanzioni dissuasive ma sempre proporzionate)

5)   SI CHIEDE ESTENSIONE dell’AREA di PREMIALITA’?
Abbiamo detto che l’elevata protezione del bene ambiente avviene anche attraverso la regolazione delle attività di messa in sicurezza, bonifica (eliminare le fonti di inquinamento) e ripristino (riqualificazione del sito) a complemento della bonifica e messa in sicurezza.


COME SI ATTUA OGGI LA LOGICA PREMIALE

a)   Diminuente da ½ a 2/3 per il ravvedimento operoso: per coloro che si adoperano per evitare che attività venga portata a conseguenze ulteriori ovvero che prima apertura dibattimento provvedono concretamente alla messa in sicurezza, bonifica e se possibile al ripristino dei luoghi o per chi aiuta AG nelle indagini; il giudice può sospendere per 2 anni (+ un altro anno) il dibattimento per consentire dette attività;
b)   in caso di condanna il giudice deve obbligare il condannato al recupero e se possibile al ripristino dello stato dei luoghi secondo le disposizioni del codice dell’ambiente;
c)   inapplicabilità della confisca nell’ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza, alla bonifica e al ripristino dei luoghi.

CRITICITA’
-         le condotte virtuose assumono rilevanza soltanto dopo iscrizione notizia reato
-         troppo breve il termine per ravvedimento fino all’apertura del dibattimento
IPOTESI DI LAVORO
Bonifica c.d. preventiva con sospensione del procedimento - prima di arrivare a dibattimento - rimessa alla valutazione, da parte del magistrato, della concretezza della messa in sicurezza ed effettività della bonifica.
Si obietta:
-         nella nuova ottica del delitto di danno non può attribuirsi valore scriminante o attenuante alla mera osservanza degli obblighi preliminari alla bonifica o alla presentazione di progetti;
-         si dovrebbe disciplinare autonomamente e sanzionare la fase preparatoria al progetto: altrimenti in caso di inerzia il reato non sarebbe perseguibile;
-         il livello di collaborazione per giustificare la sospensione deve essere serio e va individuato nell’avvio delle operazioni materiali di bonifica;
-         la cornice di ogni modifica è data dai requisiti inderogabili di concretezza della messa in sicurezza e di effettività della bonifica discende da concretezza ed effettività interventi.

AL DI LA’ della RIFORMA PENALE, quali sono i PIÙ RECENTI ITINERARI a TUTELA del “VALORE AMBIENTE”: SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE diventa TRAIETTORIA dello SVILUPPO ECONOMICO

Stiamo vivendo un MUTAMENTO RAPPORTO AMBIENTE/ECONOMIA nell’OTTICA dello SVILUPPO SOSTENIBILEà RISPETTO dell’AMBIENTE come NUOVA CONDIZIONE dello SVILUPPO compatibile con la limitatezza delle risorse per le generazioni future.

Per questo motivo la GREEN ECONOMY impone di prendere in considerazione oltre ai BENEFICI anche l’IMPATTO AMBIENTALE di una scelta produttiva à DANNO AMBIENTALE non può essere più concepito come un semplice COSTO ma va affrontato in CHIAVE PREVENTIVA.

La tutela dell’ambiente diventa NUOVA BUSSOLA à  che orienta le soluzioni sul piano economico, legislativo e tecnologico idonee a promuovere un modello di sviluppo sostenibile.
Ne sono esempi significativi il riciclo dei rifiuti e il ricorso alle energie rinnovabili: sotto tale profilo è molto suggestiva la nuova frontiera dei biocarburanti di seconda generazione che, grazie alla chimica delle biomasse, possono essere ottenuti dai materiali di scarto organico di natura animale e vegetale e dai residui dell'industria agro-alimentare.

LEGALITA’ AMBIENTALE DIVENTA VALORE PER IMPRESA

Dal versante dell’impresa privata una novità è rappresentata dalle SOCIETA’ BENEFIT introdotte dalla legge di stabilità 2016, art. 1, commi 376 a 382.

Si tratta di un nuovo modo di fare impresa che si pone in una zona intermedia tra il profit e il non profità secondo la nuova logica del profitto responsabile.

Queste società oltre allo scopo di lucro perseguono “una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, attività culturali e sociali”.

Si tratta di un nuovo modello che incide sulla struttura della società (tutti i tipi previsti dal c.c.) in base ad un oggetto sociale composito e a nuovi criteri di governance (bilanciamento tra i diversi interessi coinvolti) di cui rispondono gli amministratori.

Il tradizionale business sarà in grado di generare un nuovo obiettivoà benessere ambientale e sociale (per la comunità, i lavoratori e in ultima analisi per le generazioni future).


TAGLIANDO al c.d. MODELLO 231 (d.lgs. 231/2001)

I reati ambientali sono entrati a far parte del sistema della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. La riforma ha introdotto la responsabilità delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato prevedendo sanzioni pecuniarie (quantificate per quote, ogni quota va da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro) e - per inquinamento e disastro ambientale - anche sanzioni interdittive (sospensioni e revoche autorizzazioni, esclusione da agevolazioni)

Le società sono chiamate ad una nuova e attenta considerazione delle operazioni ed attività che producono impatto ambientale. La tutela dell’ambiente non può essere più ridotta al costo di una sanzione pecuniaria tollerata da politiche aziendali poco virtuose.

LA RIFORMA è OCCASIONE per GIORNARE il SISTEMA di ANALISI PREVENTIVA dei RISCHIà È necessario rivedere i modelli di organizzazione e gestione del rischio di cui all’art. 6 del d. l.gs. 231/01 (c.d. modello 231) che costituiscono esimente da responsabilità per la società.

Le nuove figure di reato impongono di:

- identificare con precisione le aree di rischio in relazione agli specifici ambiti di attività aziendale potenzialmente idonee ad impattare sull’ambiente;
- modellare la formula prevenzionale alla realtà organizzativa del singolo ente;
- elaborare protocolli di gestione del rischio aderenti alle esigenze cautelari da seguire per evitare la commissione dei reati ambientali;
- sul piano soggettivo: idonea formazione e informazione dei lavoratori;
- organo di vigilanza: autonomia, specifica professionalità tecnica ed estraneità (nel necessario raccordo) con organizzazione aziendale.

QUESTO NUOVO TARGET ha RITORNO per le IMPRESE poiché il tema del rispetto dell’ambiente ha assunto ormai valore primario: evitare costi processuali e stigma di una condanna; guadagno in termini di immagine.


ANCHE il MERCATO PUBBLICO fa da NUOVA LEVA per IMPRESA rivolta all’AMBIENTE e al SOCIALE

Il nuovo codice degli appalti (d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50; d.lgs "correttivo" 19 aprile 2017, n. 56) si occupa di sviluppo sostenibile laddove pone in relazione l’accesso e la contendibilità dei mercati pubblici con la tutela dell’ambiente.

Il profilo di interesse è quello degli ACQUISITI VERDI della P.A. (Green Public Agreement)à strumento per scegliere prodotti e servizi che hanno un minore, oppure un ridotto effetto sulla salute umana e sull'ambiente rispetto ad altri prodotti e servizi utilizzati allo stesso scopo.

Assumono rilievo a tal fine i CRITERI AMBIENTALI MINIMIà che obbligano la PA ad inserire nei bandi di gara e nei capitolati specifiche clausole tecniche per la SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE CONSUMI della P.A.


PROTAGONISTA DELLA FASE ATTUATIVA è il MINISTERO AMBIENTE

DM del 24 maggio 2016à verso l’obiettivo di riduzione gas inquinanti e risparmio energetico, attua l’incremento progressivo della percentuale del valore a base d'asta a cui riferire l'obbligo per la PA di applicare i criteri ambientali minimi per gli affidamenti nei settori dell’acquisto di lampade e servizi per l’illuminazione pubblica; servizi di gestione dei rifiuti urbani; gestione del verde pubblico; servizi di pulizia e prodotti per l’igiene.

Fabrizio Giulimondi

                   






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