Il problema della sicurezza nel nostro
Paese è certamente endemico, ma negli ultimi dieci anni, aldilà dei dati
statistici, è aumentata in misura esponenziale la percezione di insicurezza dei
cittadini.
La ragione di questa convinzione risiede
nella crescente presenza degli immigrati ed è stato quindi rilevato da una
molteplicità di studi e di verifiche autorevoli come la sensazione dell’aumento
della criminalità sia strettamente collegata alla crescente paura dello
straniero.
In realtà sono una molteplicità di fattori
a contribuire ad uno stato individuale e collettivo di insicurezza e tra questi
vi sono:
1. L’incertezza delle pene;
2. L’insostenibile leggerezza della legalità penale;
3. Una insufficiente presenza sul territorio delle Forze dell’Ordine;
4. La demotivazione degli operatori di polizia determinata da vari fattori
intrinseci ed estrinseci;
5. Un minore controllo sociale;
6. Una serie di problemi infrastrutturali fra i quali ridotta illuminazione ed
assenza di videosorveglianza;
7. Un’immigrazione incontrollata.
1. 2.
Incertezza delle pene – insostenibile leggerezza della legalità penale
La legalità contemporanea appare compromessa
nella sua funzione anche a causa della molteplicità di fonti del diritto anche
penale.
Le leggi sono prodotte a ritmi “bulimici”,
vengono poi emendate e derogate in maniera irrefrenabile ed in misura tale da
modificarne l’originaria intenzione mortificandone gli effetti.
Da qui la formulazione incerta, contorta,
persino equivoca a cui si aggiunge una ormai endemica iperplasia del settore
penale.
Riteniamo perciò fondamentale porre al
primo punto del nostro Programma nella parte riservata alla sicurezza:
IL PERSEGUIMENTO DELLA CERTEZZA DELLA
PENA, IL RIPRISTINO DELLA LEGALITA’ PENALE
Per attuare questo nostro intento si
dovranno rivedere “al rialzo” le sanzioni penali individuando le fattispecie
giuridiche di maggiore gravità ed impatto sociale, riducendo le c.d. attenuanti
generiche e specifiche che mortificano la pena edittale e soprattutto fanno
venir meno il c.d. “calcolo della pena” ossia la prevedibilità e valutazione
delle conseguenze delle proprie azioni.
Occorrerà, poi, una stabilità della norma
nel tempo promuovendo, quale deterrente, una adeguata pubblicità delle sanzioni
previste.
Infine, per meglio garantire l’impianto
normativo così modificato, sarà necessario ribadire in sede politica un
principio originario: le limitazioni alla libertà del cittadino, che derivano
dalla legislazione penale, debbono necessariamente essere fondate sulla volontà
dei cittadini stessi e, di conseguenza, non possono che costituire una
prerogativa del Parlamento Nazionale.
Far valere questo principio significa
porre un argine rispetto al debordare di organi esecutivi (che detengono una
diversa legittimazione) e giudiziari (che sono privi di legittimazione
democratica).
3. Insufficiente
presenza sul territorio delle FF.OO.
La verità è che il numero degli agenti
chiamati ad operare sul territorio per la sicurezza dei cittadini risulta
sottodimensionato rispetto alle effettive ed accresciute necessità-
Nel 1989 la Polizia di Stato contava un
organico di 117.000 unità, oggi ridotto a 98.000 con una riduzione del 20%.
A rendere il quadro ancor più preoccupante
interviene la previsione secondo cui da qui al 2030 circa 40.000 unità
dismetteranno la divisa per intervenuto pensionamento.
Una media, quindi, di 3/4000 poliziotti in
meno a fronte di 2000/2500 nuove immissioni.
Già oggi assistiamo ad una contrazione
degli Uffici ed in particolare quelli relativi alle specialità come Polfer e
Polpost.
Da qui la nostra proposta:
ASSOLUTA PRIORITA’ ALLE ASSUNZIONI NELLE
FORZE DELL’ORDINE COL RIPRISTINO DEGLI ORGANICI
D’altronde, come hanno dimostrato gli
efferati episodi di cronaca nera, lo scenario in cui si cala il dispiegamento
del Forze di Polizia sul territorio è mutato e richiede, anche a fronte di un
sistema sanzionatorio attuale alquanto indulgente, una presenza sempre più
attenta e capillare.
Lo Stato si deve, così, riappropriare del
controllo del territorio.
4. La
demotivazione degli operatori di polizia determinata da vari fattori intrinseci
ed estrinseci.
Blocchi stipendiali, assessment pensionistico, formazione, equipaggiamento, avanzamento
di carriera, regole d’ingaggio, tutela dell’operatore.
Questi sono sicuramente gli ambiti in cui
meglio si concentrano le insoddisfazioni degli uomini dello Stato in divisa.
Occorrono risorse adeguate capaci di
consentire agli operatori di polizia una vita dignitosa per se e per i propri
familiari. E’ impensabile che un agente debba fare i conti oltre misura con la
crisi economica, chiamato com’è a svolgere un lavoro usurante e rischioso per
la propria vita a tutela delle vite altrui.
Un tempo funzionavano le agevolazioni sui
mutui fondiari anche con lo stimolo e la creazione di cooperative di comparto
al fine di realizzare abitazioni riservate ai lavoratori di polizia.
Ora non più con l’aggiunta di limitati
aumenti retributivi come ha dimostrato l’ultimo “riordino delle carriere”.
RITENIAMO NECESSARIO RISERVARE
PRIORITARIAMENTE RISORSE PROPORZIONATE ED EVIDENTI PER GLI ADEGUAMENTI
STIPENDIALI DEGLI OPERATORI DI POLIZIA FOCALIZZANDO GLI AUMENTI SULLE
INDENNITA’ STRETTAMENTE LEGATE ALL’OPERATIVITA’ COSI’ DA FAVORIRE GLI OPERATORI
“SU STRADA
·
ASSESSMENT PENSIONISTICO
L’allineamento pensionistico delle FF.OO.
al sistema generale ha indubbiamente eliminato privilegi anacronistici (come le
pensioni-baby), ma ha pure determinato una elevazione dell’età media degli
operatori: oggi compresa tra i 49/52 anni, davvero troppi per questo genere di
lavoro.
Si rende, quindi, necessaria una revisione
di questi parametri e lo si può fare ottenendo una applicazione razionale e
produttiva; si potrebbe infatti offrire la possibilità di un pensionamento
anticipato a coloro che svolgono quotidianamente e costantemente una attività
operativa.
Così si incentiverebbe il passaggio verso
ruoli che richiedono il c.d. “impegno su strada” liberando personale oggi
assegnato in uffici prettamente burocratici non strettamente funzionali
all’espletamento dei compiti di polizia (vedi uffici cassa, URP, uffici porto
d’armi, uffici immigrazione, uffici del personale, ecc. ecc.).
UN NUOVO ASSESSMENT PENSIONISTICO CHE
TUTELI L’USURA DERIVANTE DA OPERATIVITA’ CONSENTENDO UNO SVECCHIAMENTO DEI
QUADRI
·
FORMAZIONE
La formazione e l’addestramento sono
strumenti essenziali per la quotidianità lavorativa di un operatore delle FFOO.
Rappresentano il presupposto perché possa svolgere al meglio il proprio compito
salvaguardando, al contempo, la personale incolumità.
Quella che viene definita la formazione
e-learning, ormai consolidata nel privato, nel settore pubblico ed in quello
più specifico legato alla sicurezza ha solo più recentemente iniziato a muovere
i primi passi.
Occorre, certamente, implementare la
formazione didattica e l’addestramento sul campo, nel primo caso facendo
ricorso a moduli sistemistici e nel secondo potenziando e rivitalizzando i
centri regionali con particolare riguardo a quelli di eccellenza come il CAIP
di Abbasanta in Sardegna.
Unificando, poi, l’addestramento per i
vari Corpi in siti unici si possono realizzare risparmi di gestione ed una più
coordinata azione istruttiva.
Per questo riteniamo necessaria:
UNA SOLA CABINA DI REGIA SULLA FORMAZIONE
E ADDESTRAMENTO DELLE FFPP CON UNA INTENSIFICAZIONE DELLA FORMAZIONE E-LEARNING
·
EQUIPAGGIAMENTO
Parliamo innanzitutto della divisa o
meglio della c.d. “psicologia della divisa” per giungere rapidamente alla
conclusione che la divisa fornisce sicurezza a chi la indossa ed incute timore
e reverenza in chi vi ha a che fare.
E’ sufficiente dare uno sguardo al look
dei poliziotti d’Oltralpe e della vicina Spagna per apprezzarne l’effetto
deterrenza. Appare in tutta la sua evidenza come la scelta appropriata dei
colori e degli accessori esalti la funzione operativa supportando in questo
modo proprio l’attività di prevenzione piuttosto che quella repressiva.
Ed è indubbio come un certo “furore
democratico”, così caro alla sinistra di piazza, abbia esercitato una certa
pressione portando ad un “ingentilimento” della divisa, specie della Polizia di
Stato, adottando colori tenui e persino il bianco per il cinturone.
Ed è lo stesso “furore democratico” che
vorrebbe i nomi degli agenti impegnati in ordine pubblico stampigliati sulle
divise e sui caschi.
A tutto questo occorre aggiungere una
serie di riflessioni sull’armamento come la pistola di ordinanza, ottima arma,
ma ingombrante e l’ormai superata mitraglietta M12 poco adatta nel teatro
operativo urbano e non in grado di competere con gli armamenti dei terroristi.
Occorre perciò:
RIPENSARE IL RUOLO DELLA DIVISA NELLA SUA
VOCAZIONE DETERRENTE E FAVORIRE UNA RAPIDA MODIFICA DELLE ARMI IN DOTAZIONE PER
RENDERE PIU’ EFFICACE L’AZIONE OPERATIVA RISPETTO AI MUTATI SCENARI DI PERICOLO
INTERNAZIONALE
·
REGOLE D’INGAGGIO
Anche i Sindacati di Polizia si sono
sentiti in dovere di intervenire su questo spinoso argomento chiedendo di
modificare le regole d’ingaggio nell’ordine pubblico.
Le proposte sono le più varie e spaziano
dalla fideiussione obbligatoria per gli organizzatori di manifestazioni ad un
inasprimento delle pene per chi commette reati nel corso di un evento di
protesta.
Le polizie di tutta Europa dovrebbero
avere un database dei c.d “indesiderabili” così da poterli monitorare a ridosso
di manifestazioni annunciate e, in presenza di indizi sufficienti, procedere
con fermi preventivi. “Istituire il Daspo europeo per le manifestazioni”. Ed
infine “Inasprire le pene per chi di travisa e si traveste, una pena detentiva
senza sconti per chi esercita violenza, fa resistenza e oltraggio a pubblico
ufficiale. Reati che, paradossalmente, rischiano invece di essere quasi
depenalizzati.
In buona sostanza:
RITENIAMO IMPROCRASTINABILE L’ISTITUZIONE
DI UNA COMMISSIONE DI STUDIO PER LA MODIFICA DELLE REGOLE D’INGAGGIO DELLE
FF.PP. ROVESCIANDO IL POSTULATO DEL MINOR DANNO PER IL MANIFESTANTE A FAVORE
DELLA MIGLIOR TUTELA DELL’OPERATORE DI POLIZIA E DELLA SALVAGUARDIA DELLE COSE
OGGETTO DELL’ATTIVITA’ DISTRUTTIVA DEI VIOLENTI
5. Un
minore controllo sociale
Un tempo era sufficiente una stretta di
mano per veder conclusa una negoziazione, oggi questo è impensabile e la
ragione risiede nel fatto che è venuto meno il c.d. “controllo sociale” ossia
quell’atteggiamento univoco della Comunità per cui ogni atto ed ogni
comportamento dei singoli componenti era vigilato e, se negativo, soggetto alla
riprovazione generale.
Un biasimo che poteva portare persino
all’isolamento dell’individuo se colpevole di comportamenti particolarmente
negativi.
Accadeva frequentemente nelle piccole
collettività dei paesi ed anche nel microcosmo urbano dei quartieri e delle vie
dove un po’ tutti, anziani in particolare, sorvegliavano i bambini che
giocavano per strada affinché non accadesse loro nulla di male.
Nelle città metropolitane le relazioni
sono improntate ad un deciso individualismo, sono perciò marcatamente autonome,
per cui l’inquietudine dei singoli è amplificata; ecco perché i contenitori di
socialità (siano essi centri di aggregazione pubblici o privati) riducono lo
stress, aumentano il senso di sicurezza, migliorano la qualità della vita
dell’individuo.
Diversi studiosi individuano tra le
soluzioni la possibilità di realizzare forme di controllo sociale informale,
una sorta di presenza sul territorio, una sorveglianza capillarmente diffusa
con costi minimi.
Oggi, una molteplicità di fattori ha
modificato questo scenario producendo un solo risultato: una apparente maggiore
libertà dell’individuo a discapito della sua sicurezza ed ancor più per i
soggetti più deboli, bambini, donne e gli stessi anziani.
·
Indebolimento della famiglia
tradizionalmente intesa e del suo ruolo sociale;
·
Anziani più numerosi, ma non più organici
nelle famiglie;
·
L’affermazione di un individualismo
estremo;
·
Una scuola meno presente sotto il profilo
educativo;
·
Il trasferimento della socializzazione
dalla realtà ed evidenza della strada alla virtualità dei social network;
·
L’affermazione, specie nelle periferie
urbane, di una molteplicità di culture non dialoganti e non integrate o
integrabili.
Ecco perché riteniamo necessario:
ATTUARE UNA FORTE CAMPAGNA EDUCATIVA SUI
TEMI DELLA PROTEZIONE DELL’INFANZIA, SULL’UTILIZZO CORRETTO DEI SOCIAL
NETEWORK, SUL RISPETTO DELLA DONNA E DELL’ANZIANO, CHE, PARTENDO DALLA SCUOLA
COINVOLGA LE FAMIGLIE RIFORMANDO I SERVIZI SOCIALI CON ORGANICI E FIGURE
PROFESSIONALI IN GRADO DI SVOLGERE UN LAVORO DIALOGANTE CAPILLARE.
Ed inoltre:
ISTITUIRE LA “GOVERNANCE DEI QUARTIERI”, NORMANDO E FINANZIANDO UN SERVIZIO
CIVILE (dotato di eguali uniformi sul territorio nazionale) COSTITUITO DA
VOLONTARI IN POSSESSO DEI REQUISITI MORALI E GIURIDICI CON LA QUALIFICA DI
UFFICIALI “INCARICATI DI PUBBLICO SERVIZIO” PER SVOLGERE SERVIZI DIURNI E
NOTTURNI VOLTI A SEGNALARE ALLE FF.OO. SITUAZIONI DI ILLEGALITA’ ED AGLI ALTRI
SERVIZI PUBBLICI OGNI CONDIZIONE DI DIFFICOLTA’ DEL CITTADINO 6 UNA SERIE DI
PROBLEMI INFRASTRUTTURALI FRA I QUALI
6. Ridotta
illuminazione ed assenza di videosorveglianza.
Diversi rapporti del Ministero
dell’Interno certificano come la percezione di sicurezza sia legata a fattori
psicologici riconducibili a condizioni oggettive anche a carattere
infrastrutturale.
Emerge come un aliquota di cittadini non
esca nelle ore tarde per motivi di paura, parliamo del 25,5% (fonte ISTAT
rapporto 2003), e ad oggi la situazione appare ancor più grave.
Tutto ciò, inutile dirlo, determina una
modifica delle abitudini personali e quindi delle certezze, procurando ansia e
frustrazione.
Fear of crime e concern about crime, rispettivamente paura individuale della
criminalità e preoccupazione collettiva della criminalità. Nel primo caso,
fear of crime, è il timore per la propria vita, per la propria casa, è un
timore che si estende al massimo al quartiere e alla propria città. Nel
secondo, concern about crime, siamo in presenza di una
insicurezza più generale, legata ad una idea di sicurezza nel Paese, è
pressoché un concetto politico.
Tutto questo appare enfatizzato nelle aree
metropolitane per la presenza di evidenti fattori di rischio:
·
Situazioni di degrado urbano;
·
Carenza o assenza di illuminazione;
·
Limitata o mancanza di un impianto di
videosorveglianza.
Un area abbandonata, un palazzo diroccato,
un’immobile abbandonato o occupato, una strada con cassonetti maleodoranti,
sporchi o danneggiati, ecc. ecc.; tutti elementi che contribuiscono ad una
percezione visiva negativa, che trasmette al cervello sensazioni di repulsione
e di allontanamento dal luogo.
Laddove, però, l’individuo è costretto a
passarvi vicino ed a percorrere la strada allora si crea la paura,
l’inquietudine, il timore che possa accadergli qualcosa di spiacevole.
Questo nelle ore diurne, la notte questo
genere emozioni possono divenire insostenibili se si aggiungono ulteriori
fattori come la poca frequentazione, quindi assenza di via vai, e soprattutto
la scarsità se non assenza di illuminazione pubblica.
Ecco, dunque, il requisito minimo per una
città vivibile: una adeguata illuminazione pubblica.
Certo parliamo di una competenza
assolutamente locale, demandata com’è alla valutazione ed iniziativa delle
amministrazioni comunali.
Da qui quella che sarà la nostra
iniziativa:
UN TAVOLO DI CONCERTAZIONE TRA LE
AMMINISTRAZIONI LOCALI, E GLI ORGANISMI PREPOSTI ALL’ORDINE ED ALLA SICUREZZA
PUBBLICA AL FINE DI INDIVIDUARE LE C.D. “AREE A RISCHIO” PROVVEDENDO ALLA
MIGLIOR DOTAZIONE DI CORPI ILLUMINANTI
E così come nel passato furono promossi
progetti come “negozio sicuro” che diedero alle categorie commerciali la
possibilità di dotarsi di strumenti di protezione (videosorveglianza) in sinergia
con le Camere di Commercio e con l’utilizzo parziale dei fondi PON, così anche
in questo caso occorrerà, d’intesa con la nostra rappresentanza in Europa,
favorire progetti finalizzati alla realizzazione di impianti di illuminazione
nelle Città e nei luoghi maggiormente “a rischio”, consentendo ai Comuni di
dotarsi di una infrastruttura adeguata alle effettive necessità.
Illuminazione, dunque, a supporto della
sicurezza, un tassello che integra la prevenzione dei reati e costituisce uno
strumento dissuasore essenziale, ma non certamente l'unico.
Gettonatissima, ma lontana da una
applicazione capillare, è anche la videosorveglianza: infrastruttura tecnologica
sempre in evoluzione e sempre più in grado di immortalare fatti ed identificare
le persone.
Chiaro che questo strumento appare
invasivo, almeno per gli integralisti della privacy,
ma, se correttamente applicato risulta una delle armi migliori a disposizione
degli inquirenti nella lotta contro la criminalità.
La cronaca è ricca di esempi in cui le
riprese filmate, magari di un negozio o di una banca, hanno consentito
l’individuazione di colpevoli consentendone il perseguimento; insomma siamo di
fronte ormai al partner n. 1 delle Forze dell’Ordine in tema di sicurezza
pubblica.
Occorre, perciò, attraverso la Conferenza
Stato-Regioni e Stato-Città:
REALIZZARE PROTOCOLLI D’INTESA CON
UTILIZZO DI FONDI PON PER UNA DOTAZIONE CAPILLARE DI IMPIANTI DI
VIDEOSORVEGLIANZA AVENDO PARTICOLARE RIGUARDO PER I CENTRI STORICI E LE AREE INDIVIDUATE
COME ZONE CRITICHE
7. Un’immigrazione
incontrollata.
Parlare del fenomeno migratorio
dall’Africa verso il nostro Paese significherebbe riempire pagine su pagine di
considerazioni e fatti peraltro già abbondantemente descritti da altri.
Appare evidente come un fenomeno di questa
portata, aldilà delle cause che lo producono, alla prova dei fatti è risultato
mal gestito, oneroso, dirompente nelle comunità dove sono stati realizzati i
CPA, i CTA etc.
Nelle grandi città è aumentato il degrado
delle periferie ospitanti gli immigrati, mentre è comune ai piccoli come ai
grandi insediamenti urbani una recrudescenza dei fenomeni di microcriminalità
legati allo spaccio di sostanze stupefacenti e della prostituzione.
Ma la madre di tutte le problematiche
venutesi a creare con questo evento è certamente una: ossia la iniziale
impossibilità d’identificazione e soprattutto l’assenza di una qualunque forma
di controllo efficace sugli spostamenti di questi extracomunitari sul
territorio nazionale.
Spesso gli ospiti dei centri di
accoglienza accedono ai servizi (vestiario, mensa e prestazioni sanitarie) con
le sole annotazioni su registro tenuto dal gestore, alle volte approssimative.
Ora, mentre gli altri Paesi europei
interessati dalle migrazioni si sono preoccupati di gestire i flussi con
progetti di border control, per il nostro Paese il discorso è stato
ed è diverso. Intanto le nostre frontiere sono permeabili, inoltre la normativa
risulta volta all’accoglienza e non al respingimento; chiaro, quindi, che per
noi è un problema di internal control.
Aldilà delle politiche di contenimento che
vorrà adottare un nuovo Governo, noi abbiamo da gestire una massa di persone
spesso non identificate, libere sul territorio nazionale, individuabili con
difficoltà in caso di necessità
Ecco perché qualunque progetto di internal
control non potrà prescindere dalla tracciabilità di chi, in questo
momento è una presenza ghost nel
nostro territorio.
Esistono progetti che prevedono la
dotazione individuale di una card, non contraffabile, stile carta d’identità
elettronica, in cui ricomprendervi la foto, i dati dell’individuo, l’hotspot
che lo ha identificato, il centro di accoglienza di appartenenza, eventuali
spostamenti sul territorio occasionalmente registrati da lettori in possesso
delle FFOO.
Infatti, invece di procedere con le
modalità ordinarie di identificazione, alquanto lunghe nei tempi, in questo
modo ogni migrante dovrebbe esibire a richiesta la card, pena accompagnamento
negli uffici di polizia, consentendo all’operatore una lettura veloce dei dati,
degli eventuali precedenti immettendo, nella banca dati centrale, con quella
scannerizzazione, la posizione sul territorio del controllato.
In questo modo con una intensificazione
delle verifiche su strada si riuscirebbe ad avere un quadro più vicino alla
realtà delle presenze degli immigrati e dei loro ultimi spostamenti.
Perciò è di primaria importanza
ADOTTARE UNA POLITICA DI INTERNAL
CONTROL VOLTA ALLA REALIZZAZIONE DI PROGETTI CONFIGURANTI STRUMENTI
IDENTIFICATIVI CHE CONSENTANO UN MINIMO DI TRACCIABILITA’ DEGLI EXTRACOMUNITARI
“IRREGOLARI” SUL TERRIORIO NAZIONALE PERSEGUIMENTO DELLA CERTEZZA DELLA PENA,
RIPRISTINO DELLA LEGALITA’ PENALE
1. PRIORITA’ ALLE ASSUNZIONI NELLE FORZE DELL’ORDINE COL RIPRISTINO DEGLI
ORGANICI;
2. RISORSE PROPORZIONATE ED EVIDENTI PER GLI ADEGUAMENTI STIPENDIALI DEGLI
OPERATORI DI POLIZIA FOCALIZZANDO GLI AUMENTI SULLE INDENNITA’ STRETTAMENTE
LEGATE ALL’OPERATIVITA’ COSI’ DA FAVORIRE GLI OPERATORI “SU STRADA;
3. NUOVO ASSESSMENT PENSIONISTICO CHE TUTELI L’USURA DERIVANTE DA OPERATIVITA’
CONSENTENDO UNO SVECCHIAMENTO DEI QUADRI;
4. UNA SOLA CABINA DI REGIA SULLA FORMAZIONE E ADDESTRAMENTO DELLE FFPP CON
UNA INTENSIFICAZIONE DELLA FORMAZIONE E-LEARNING;
5. RIVISITAZIONE DEL RUOLO DELLA DIVISA NELLA SUA VOCAZIONE DETERRENTE E
MODIFICA DELLE ARMI IN DOTAZIONE PER RENDERE PIU’ EFFICACE L’AZIONE OPERATIVA
RISPETTO AI MUTATI SCENARI DI PERICOLO INTERNAZIONALE;
6. ISTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE DI STUDIO PER LA MODIFICA DELLE REGOLE
D’INGAGGIO DELLE FF.PP. ROVESCIANDO, SE COLLIDENTI, L’IDEA DEL MINOR DANNO PER
IL MANIFESTANTE A FAVORE DELLA MIGLIOR TUTELA DELL’OPERATORE DI POLIZIA E DELLA
SALVAGUARDIA DELLE COSE OGGETTO DELL’ATTIVITA’ DISTRUTTIVA DEI VIOLENTI
7. POTENZIAMENTO DEI SERVIZI SOCIALI E PROMOZIONE EDUCATIVA A TUTTI I LIVELLI
DELLA LEGALITA’ CON PARTICOLARE RIGUARDO AL RISPETTO DELLE DONNE, DEI PIU’
PICCOLI E DEGLI ANZIANI;
8. ISTITUZIONE E REGOLAMENTAZIONE DELLA C.D. “GOVERNANCE DEI QUARTIERI” CON UN
CORPO DI VOLONTARI INCARICATI DI PUBBLICO SERVIZIO H24 A SUPPORTO
DELL’ATTIVITA’ OPERATIVA DELLE FF.OO. E DEGLI UFFICI PREPOSTI AL SERVIZIO AI
CITTADINI;
9. CREAZIONE DI UN TAVOLO DI CONCERTAZIONE TRA P.A., EE.LL. E CATEGORIE PER
RENDERE LE CITTA’ PIU’ ILLUMINATE E QUINDI PIU’ SICURE;
10.
PREDISPOSIZIONE DI INTESE CON LE
AMMINISTRAZIONI LOCALI PER LA REALIZZAZIONE IN VIA PRIORITARIA DI UNA
VIDEOSORVEGLIANZA DIFFUSA ATTRAVERSO L’UTILIZZO DI FONDI EUROPEI;
11.
REALIZZAZIONE DI PROGETTI PREVEDENTI
STRUMENTI IDENTIFICATIVI DEGLI EXTRACOMUNITARI (IRREGOLARI) CON TRACCIABILITA’
DEI MOVIMENTI SUL TERRITORIO NAZIONALE.
Fabrizio Giulimondi
Fabrizio Giulimondi
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