giovedì 31 gennaio 2019

FABRIZIO GIULIMONDI: “QUALCHE IDEA SULLA SICUREZZA IN ITALIA”


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Il problema della sicurezza nel nostro Paese è certamente endemico, ma negli ultimi dieci anni, aldilà dei dati statistici, è aumentata in misura esponenziale la percezione di insicurezza dei cittadini.
La ragione di questa convinzione risiede nella crescente presenza degli immigrati ed è stato quindi rilevato da una molteplicità di studi e di verifiche autorevoli come la sensazione dell’aumento della criminalità sia strettamente collegata alla crescente paura dello straniero.
In realtà sono una molteplicità di fattori a contribuire ad uno stato individuale e collettivo di insicurezza e tra questi vi sono:
1.  L’incertezza delle pene;
2.  L’insostenibile leggerezza della legalità penale;
3.  Una insufficiente presenza sul territorio delle Forze dell’Ordine;
4.  La demotivazione degli operatori di polizia determinata da vari fattori intrinseci ed estrinseci;
5.  Un minore controllo sociale;
6.  Una serie di problemi infrastrutturali fra i quali ridotta illuminazione ed assenza di videosorveglianza;
7.  Un’immigrazione incontrollata.
1. 2. Incertezza delle pene – insostenibile leggerezza della legalità penale
La legalità contemporanea appare compromessa nella sua funzione anche a causa della molteplicità di fonti del diritto anche penale.
Le leggi sono prodotte a ritmi “bulimici”, vengono poi emendate e derogate in maniera irrefrenabile ed in misura tale da modificarne l’originaria intenzione mortificandone gli effetti.
Da qui la formulazione incerta, contorta, persino equivoca a cui si aggiunge una ormai endemica iperplasia del settore penale.
Riteniamo perciò fondamentale porre al primo punto del nostro Programma nella parte riservata alla sicurezza:
IL PERSEGUIMENTO DELLA CERTEZZA DELLA PENA, IL RIPRISTINO DELLA LEGALITA’ PENALE
Per attuare questo nostro intento si dovranno rivedere “al rialzo” le sanzioni penali individuando le fattispecie giuridiche di maggiore gravità ed impatto sociale, riducendo le c.d. attenuanti generiche e specifiche che mortificano la pena edittale e soprattutto fanno venir meno il c.d. “calcolo della pena” ossia la prevedibilità e valutazione delle conseguenze delle proprie azioni.
Occorrerà, poi, una stabilità della norma nel tempo promuovendo, quale deterrente, una adeguata pubblicità delle sanzioni previste.
Infine, per meglio garantire l’impianto normativo così modificato, sarà necessario ribadire in sede politica un principio originario: le limitazioni alla libertà del cittadino, che derivano dalla legislazione penale, debbono necessariamente essere fondate sulla volontà dei cittadini stessi e, di conseguenza, non possono che costituire una prerogativa del Parlamento Nazionale.
Far valere questo principio significa porre un argine rispetto al debordare di organi esecutivi (che detengono una diversa legittimazione) e giudiziari (che sono privi di legittimazione democratica).
3. Insufficiente presenza sul territorio delle FF.OO.
La verità è che il numero degli agenti chiamati ad operare sul territorio per la sicurezza dei cittadini risulta sottodimensionato rispetto alle effettive ed accresciute necessità-
Nel 1989 la Polizia di Stato contava un organico di 117.000 unità, oggi ridotto a 98.000 con una riduzione del 20%.
A rendere il quadro ancor più preoccupante interviene la previsione secondo cui da qui al 2030 circa 40.000 unità dismetteranno la divisa per intervenuto pensionamento.
Una media, quindi, di 3/4000 poliziotti in meno a fronte di 2000/2500 nuove immissioni.
Già oggi assistiamo ad una contrazione degli Uffici ed in particolare quelli relativi alle specialità come Polfer e Polpost.
Da qui la nostra proposta:
ASSOLUTA PRIORITA’ ALLE ASSUNZIONI NELLE FORZE DELL’ORDINE COL RIPRISTINO DEGLI ORGANICI
D’altronde, come hanno dimostrato gli efferati episodi di cronaca nera, lo scenario in cui si cala il dispiegamento del Forze di Polizia sul territorio è mutato e richiede, anche a fronte di un sistema sanzionatorio attuale alquanto indulgente, una presenza sempre più attenta e capillare.
Lo Stato si deve, così, riappropriare del controllo del territorio.
4. La demotivazione degli operatori di polizia determinata da vari fattori intrinseci ed estrinseci.
Blocchi stipendiali, assessment pensionistico, formazione, equipaggiamento, avanzamento di carriera, regole d’ingaggio, tutela dell’operatore.
Questi sono sicuramente gli ambiti in cui meglio si concentrano le insoddisfazioni degli uomini dello Stato in divisa.
Occorrono risorse adeguate capaci di consentire agli operatori di polizia una vita dignitosa per se e per i propri familiari. E’ impensabile che un agente debba fare i conti oltre misura con la crisi economica, chiamato com’è a svolgere un lavoro usurante e rischioso per la propria vita a tutela delle vite altrui.
Un tempo funzionavano le agevolazioni sui mutui fondiari anche con lo stimolo e la creazione di cooperative di comparto al fine di realizzare abitazioni riservate ai lavoratori di polizia.
Ora non più con l’aggiunta di limitati aumenti retributivi come ha dimostrato l’ultimo “riordino delle carriere”.
RITENIAMO NECESSARIO RISERVARE PRIORITARIAMENTE RISORSE PROPORZIONATE ED EVIDENTI PER GLI ADEGUAMENTI STIPENDIALI DEGLI OPERATORI DI POLIZIA FOCALIZZANDO GLI AUMENTI SULLE INDENNITA’ STRETTAMENTE LEGATE ALL’OPERATIVITA’ COSI’ DA FAVORIRE GLI OPERATORI “SU STRADA
·         ASSESSMENT PENSIONISTICO
L’allineamento pensionistico delle FF.OO. al sistema generale ha indubbiamente eliminato privilegi anacronistici (come le pensioni-baby), ma ha pure determinato una elevazione dell’età media degli operatori: oggi compresa tra i 49/52 anni, davvero troppi per questo genere di lavoro.
Si rende, quindi, necessaria una revisione di questi parametri e lo si può fare ottenendo una applicazione razionale e produttiva; si potrebbe infatti offrire la possibilità di un pensionamento anticipato a coloro che svolgono quotidianamente e costantemente una attività operativa.
Così si incentiverebbe il passaggio verso ruoli che richiedono il c.d. “impegno su strada” liberando personale oggi assegnato in uffici prettamente burocratici non strettamente funzionali all’espletamento dei compiti di polizia (vedi uffici cassa, URP, uffici porto d’armi, uffici immigrazione, uffici del personale, ecc. ecc.).
UN NUOVO ASSESSMENT PENSIONISTICO CHE TUTELI L’USURA DERIVANTE DA OPERATIVITA’ CONSENTENDO UNO SVECCHIAMENTO DEI QUADRI
·         FORMAZIONE
La formazione e l’addestramento sono strumenti essenziali per la quotidianità lavorativa di un operatore delle FFOO. Rappresentano il presupposto perché possa svolgere al meglio il proprio compito salvaguardando, al contempo, la personale incolumità.
Quella che viene definita la formazione e-learning, ormai consolidata nel privato, nel settore pubblico ed in quello più specifico legato alla sicurezza ha solo più recentemente iniziato a muovere i primi passi.
Occorre, certamente, implementare la formazione didattica e l’addestramento sul campo, nel primo caso facendo ricorso a moduli sistemistici e nel secondo potenziando e rivitalizzando i centri regionali con particolare riguardo a quelli di eccellenza come il CAIP di Abbasanta in Sardegna.
Unificando, poi, l’addestramento per i vari Corpi in siti unici si possono realizzare risparmi di gestione ed una più coordinata azione istruttiva.
Per questo riteniamo necessaria:
UNA SOLA CABINA DI REGIA SULLA FORMAZIONE E ADDESTRAMENTO DELLE FFPP CON UNA INTENSIFICAZIONE DELLA FORMAZIONE E-LEARNING
·         EQUIPAGGIAMENTO
Parliamo innanzitutto della divisa o meglio della c.d. “psicologia della divisa” per giungere rapidamente alla conclusione che la divisa fornisce sicurezza a chi la indossa ed incute timore e reverenza in chi vi ha a che fare.
E’ sufficiente dare uno sguardo al look dei poliziotti d’Oltralpe e della vicina Spagna per apprezzarne l’effetto deterrenza. Appare in tutta la sua evidenza come la scelta appropriata dei colori e degli accessori esalti la funzione operativa supportando in questo modo proprio l’attività di prevenzione piuttosto che quella repressiva.
Ed è indubbio come un certo “furore democratico”, così caro alla sinistra di piazza, abbia esercitato una certa pressione portando ad un “ingentilimento” della divisa, specie della Polizia di Stato, adottando colori tenui e persino il bianco per il cinturone.
Ed è lo stesso “furore democratico” che vorrebbe i nomi degli agenti impegnati in ordine pubblico stampigliati sulle divise e sui caschi.
A tutto questo occorre aggiungere una serie di riflessioni sull’armamento come la pistola di ordinanza, ottima arma, ma ingombrante e l’ormai superata mitraglietta M12 poco adatta nel teatro operativo urbano e non in grado di competere con gli armamenti dei terroristi.
Occorre perciò:
RIPENSARE IL RUOLO DELLA DIVISA NELLA SUA VOCAZIONE DETERRENTE E FAVORIRE UNA RAPIDA MODIFICA DELLE ARMI IN DOTAZIONE PER RENDERE PIU’ EFFICACE L’AZIONE OPERATIVA RISPETTO AI MUTATI SCENARI DI PERICOLO INTERNAZIONALE
·         REGOLE D’INGAGGIO
Anche i Sindacati di Polizia si sono sentiti in dovere di intervenire su questo spinoso argomento chiedendo di modificare le regole d’ingaggio nell’ordine pubblico.
Le proposte sono le più varie e spaziano dalla fideiussione obbligatoria per gli organizzatori di manifestazioni ad un inasprimento delle pene per chi commette reati nel corso di un evento di protesta.
Le polizie di tutta Europa dovrebbero avere un database dei c.d “indesiderabili” così da poterli monitorare a ridosso di manifestazioni annunciate e, in presenza di indizi sufficienti, procedere con fermi preventivi. “Istituire il Daspo europeo per le manifestazioni”. Ed infine “Inasprire le pene per chi di travisa e si traveste, una pena detentiva senza sconti per chi esercita violenza, fa resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Reati che, paradossalmente, rischiano invece di essere quasi depenalizzati.
In buona sostanza:
RITENIAMO IMPROCRASTINABILE L’ISTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE DI STUDIO PER LA MODIFICA DELLE REGOLE D’INGAGGIO DELLE FF.PP. ROVESCIANDO IL POSTULATO DEL MINOR DANNO PER IL MANIFESTANTE A FAVORE DELLA MIGLIOR TUTELA DELL’OPERATORE DI POLIZIA E DELLA SALVAGUARDIA DELLE COSE OGGETTO DELL’ATTIVITA’ DISTRUTTIVA DEI VIOLENTI
5. Un minore controllo sociale
Un tempo era sufficiente una stretta di mano per veder conclusa una negoziazione, oggi questo è impensabile e la ragione risiede nel fatto che è venuto meno il c.d. “controllo sociale” ossia quell’atteggiamento univoco della Comunità per cui ogni atto ed ogni comportamento dei singoli componenti era vigilato e, se negativo, soggetto alla riprovazione generale.
Un biasimo che poteva portare persino all’isolamento dell’individuo se colpevole di comportamenti particolarmente negativi.
Accadeva frequentemente nelle piccole collettività dei paesi ed anche nel microcosmo urbano dei quartieri e delle vie dove un po’ tutti, anziani in particolare, sorvegliavano i bambini che giocavano per strada affinché non accadesse loro nulla di male.
Nelle città metropolitane le relazioni sono improntate ad un deciso individualismo, sono perciò marcatamente autonome, per cui l’inquietudine dei singoli è amplificata; ecco perché i contenitori di socialità (siano essi centri di aggregazione pubblici o privati) riducono lo stress, aumentano il senso di sicurezza, migliorano la qualità della vita dell’individuo.
Diversi studiosi individuano tra le soluzioni la possibilità di realizzare forme di controllo sociale informale, una sorta di presenza sul territorio, una sorveglianza capillarmente diffusa con costi minimi.
Oggi, una molteplicità di fattori ha modificato questo scenario producendo un solo risultato: una apparente maggiore libertà dell’individuo a discapito della sua sicurezza ed ancor più per i soggetti più deboli, bambini, donne e gli stessi anziani.
·         Indebolimento della famiglia tradizionalmente intesa e del suo ruolo sociale;
·         Anziani più numerosi, ma non più organici nelle famiglie;
·         L’affermazione di un individualismo estremo;
·         Una scuola meno presente sotto il profilo educativo;
·         Il trasferimento della socializzazione dalla realtà ed evidenza della strada alla virtualità dei social network;
·         L’affermazione, specie nelle periferie urbane, di una molteplicità di culture non dialoganti e non integrate o integrabili.
Ecco perché riteniamo necessario:
ATTUARE UNA FORTE CAMPAGNA EDUCATIVA SUI TEMI DELLA PROTEZIONE DELL’INFANZIA, SULL’UTILIZZO CORRETTO DEI SOCIAL NETEWORK, SUL RISPETTO DELLA DONNA E DELL’ANZIANO, CHE, PARTENDO DALLA SCUOLA COINVOLGA LE FAMIGLIE RIFORMANDO I SERVIZI SOCIALI CON ORGANICI E FIGURE PROFESSIONALI IN GRADO DI SVOLGERE UN LAVORO DIALOGANTE CAPILLARE.
Ed inoltre:
ISTITUIRE LA “GOVERNANCE DEI QUARTIERI”, NORMANDO E FINANZIANDO UN SERVIZIO CIVILE (dotato di eguali uniformi sul territorio nazionale) COSTITUITO DA VOLONTARI IN POSSESSO DEI REQUISITI MORALI E GIURIDICI CON LA QUALIFICA DI UFFICIALI “INCARICATI DI PUBBLICO SERVIZIO” PER SVOLGERE SERVIZI DIURNI E NOTTURNI VOLTI A SEGNALARE ALLE FF.OO. SITUAZIONI DI ILLEGALITA’ ED AGLI ALTRI SERVIZI PUBBLICI OGNI CONDIZIONE DI DIFFICOLTA’ DEL CITTADINO 6 UNA SERIE DI PROBLEMI INFRASTRUTTURALI FRA I QUALI

6. Ridotta illuminazione ed assenza di videosorveglianza.
Diversi rapporti del Ministero dell’Interno certificano come la percezione di sicurezza sia legata a fattori psicologici riconducibili a condizioni oggettive anche a carattere infrastrutturale.
Emerge come un aliquota di cittadini non esca nelle ore tarde per motivi di paura, parliamo del 25,5% (fonte ISTAT rapporto 2003), e ad oggi la situazione appare ancor più grave.
Tutto ciò, inutile dirlo, determina una modifica delle abitudini personali e quindi delle certezze, procurando ansia e frustrazione.
Fear of crime e concern about crime, rispettivamente paura individuale della criminalità e preoccupazione collettiva della criminalità. Nel primo caso, fear of crime, è il timore per la propria vita, per la propria casa, è un timore che si estende al massimo al quartiere e alla propria città. Nel secondo, concern about crime, siamo in presenza di una insicurezza più generale, legata ad una idea di sicurezza nel Paese, è pressoché un concetto politico.
Tutto questo appare enfatizzato nelle aree metropolitane per la presenza di evidenti fattori di rischio:
·         Situazioni di degrado urbano;
·         Carenza o assenza di illuminazione;
·         Limitata o mancanza di un impianto di videosorveglianza.
Un area abbandonata, un palazzo diroccato, un’immobile abbandonato o occupato, una strada con cassonetti maleodoranti, sporchi o danneggiati, ecc. ecc.; tutti elementi che contribuiscono ad una percezione visiva negativa, che trasmette al cervello sensazioni di repulsione e di allontanamento dal luogo.
Laddove, però, l’individuo è costretto a passarvi vicino ed a percorrere la strada allora si crea la paura, l’inquietudine, il timore che possa accadergli qualcosa di spiacevole.
Questo nelle ore diurne, la notte questo genere emozioni possono divenire insostenibili se si aggiungono ulteriori fattori come la poca frequentazione, quindi assenza di via vai, e soprattutto la scarsità se non assenza di illuminazione pubblica.
Ecco, dunque, il requisito minimo per una città vivibile: una adeguata illuminazione pubblica.
Certo parliamo di una competenza assolutamente locale, demandata com’è alla valutazione ed iniziativa delle amministrazioni comunali.
Da qui quella che sarà la nostra iniziativa:
UN TAVOLO DI CONCERTAZIONE TRA LE AMMINISTRAZIONI LOCALI, E GLI ORGANISMI PREPOSTI ALL’ORDINE ED ALLA SICUREZZA PUBBLICA AL FINE DI INDIVIDUARE LE C.D. “AREE A RISCHIO” PROVVEDENDO ALLA MIGLIOR DOTAZIONE DI CORPI ILLUMINANTI
E così come nel passato furono promossi progetti come “negozio sicuro” che diedero alle categorie commerciali la possibilità di dotarsi di strumenti di protezione (videosorveglianza) in sinergia con le Camere di Commercio e con l’utilizzo parziale dei fondi PON, così anche in questo caso occorrerà, d’intesa con la nostra rappresentanza in Europa, favorire progetti finalizzati alla realizzazione di impianti di illuminazione nelle Città e nei luoghi maggiormente “a rischio”, consentendo ai Comuni di dotarsi di una infrastruttura adeguata alle effettive necessità.
Illuminazione, dunque, a supporto della sicurezza, un tassello che integra la prevenzione dei reati e costituisce uno strumento dissuasore essenziale, ma non certamente l'unico.
Gettonatissima, ma lontana da una applicazione capillare, è anche la videosorveglianza: infrastruttura tecnologica sempre in evoluzione e sempre più in grado di immortalare fatti ed identificare le persone.
Chiaro che questo strumento appare invasivo, almeno per gli integralisti della privacy, ma, se correttamente applicato risulta una delle armi migliori a disposizione degli inquirenti nella lotta contro la criminalità.
La cronaca è ricca di esempi in cui le riprese filmate, magari di un negozio o di una banca, hanno consentito l’individuazione di colpevoli consentendone il perseguimento; insomma siamo di fronte ormai al partner n. 1 delle Forze dell’Ordine in tema di sicurezza pubblica.
Occorre, perciò, attraverso la Conferenza Stato-Regioni e Stato-Città:
REALIZZARE PROTOCOLLI D’INTESA CON UTILIZZO DI FONDI PON PER UNA DOTAZIONE CAPILLARE DI IMPIANTI DI VIDEOSORVEGLIANZA AVENDO PARTICOLARE RIGUARDO PER I CENTRI STORICI E LE AREE INDIVIDUATE COME ZONE CRITICHE
7. Un’immigrazione incontrollata.
Parlare del fenomeno migratorio dall’Africa verso il nostro Paese significherebbe riempire pagine su pagine di considerazioni e fatti peraltro già abbondantemente descritti da altri.
Appare evidente come un fenomeno di questa portata, aldilà delle cause che lo producono, alla prova dei fatti è risultato mal gestito, oneroso, dirompente nelle comunità dove sono stati realizzati i CPA, i CTA etc.
Nelle grandi città è aumentato il degrado delle periferie ospitanti gli immigrati, mentre è comune ai piccoli come ai grandi insediamenti urbani una recrudescenza dei fenomeni di microcriminalità legati allo spaccio di sostanze stupefacenti e della prostituzione.
Ma la madre di tutte le problematiche venutesi a creare con questo evento è certamente una: ossia la iniziale impossibilità d’identificazione e soprattutto l’assenza di una qualunque forma di controllo efficace sugli spostamenti di questi extracomunitari sul territorio nazionale.
Spesso gli ospiti dei centri di accoglienza accedono ai servizi (vestiario, mensa e prestazioni sanitarie) con le sole annotazioni su registro tenuto dal gestore, alle volte approssimative.
Ora, mentre gli altri Paesi europei interessati dalle migrazioni si sono preoccupati di gestire i flussi con progetti di border control, per il nostro Paese il discorso è stato ed è diverso. Intanto le nostre frontiere sono permeabili, inoltre la normativa risulta volta all’accoglienza e non al respingimento; chiaro, quindi, che per noi è un problema di internal control.
Aldilà delle politiche di contenimento che vorrà adottare un nuovo Governo, noi abbiamo da gestire una massa di persone spesso non identificate, libere sul territorio nazionale, individuabili con difficoltà in caso di necessità
Ecco perché qualunque progetto di internal control non potrà prescindere dalla tracciabilità di chi, in questo momento è una presenza ghost nel nostro territorio.
Esistono progetti che prevedono la dotazione individuale di una card, non contraffabile, stile carta d’identità elettronica, in cui ricomprendervi la foto, i dati dell’individuo, l’hotspot che lo ha identificato, il centro di accoglienza di appartenenza, eventuali spostamenti sul territorio occasionalmente registrati da lettori in possesso delle FFOO.
Infatti, invece di procedere con le modalità ordinarie di identificazione, alquanto lunghe nei tempi, in questo modo ogni migrante dovrebbe esibire a richiesta la card, pena accompagnamento negli uffici di polizia, consentendo all’operatore una lettura veloce dei dati, degli eventuali precedenti immettendo, nella banca dati centrale, con quella scannerizzazione, la posizione sul territorio del controllato.
In questo modo con una intensificazione delle verifiche su strada si riuscirebbe ad avere un quadro più vicino alla realtà delle presenze degli immigrati e dei loro ultimi spostamenti.
Perciò è di primaria importanza
ADOTTARE UNA POLITICA DI INTERNAL CONTROL VOLTA ALLA REALIZZAZIONE DI PROGETTI CONFIGURANTI STRUMENTI IDENTIFICATIVI CHE CONSENTANO UN MINIMO DI TRACCIABILITA’ DEGLI EXTRACOMUNITARI “IRREGOLARI” SUL TERRIORIO NAZIONALE PERSEGUIMENTO DELLA CERTEZZA DELLA PENA, RIPRISTINO DELLA LEGALITA’ PENALE
1.  PRIORITA’ ALLE ASSUNZIONI NELLE FORZE DELL’ORDINE COL RIPRISTINO DEGLI ORGANICI;
2.  RISORSE PROPORZIONATE ED EVIDENTI PER GLI ADEGUAMENTI STIPENDIALI DEGLI OPERATORI DI POLIZIA FOCALIZZANDO GLI AUMENTI SULLE INDENNITA’ STRETTAMENTE LEGATE ALL’OPERATIVITA’ COSI’ DA FAVORIRE GLI OPERATORI “SU STRADA;
3.  NUOVO ASSESSMENT PENSIONISTICO CHE TUTELI L’USURA DERIVANTE DA OPERATIVITA’ CONSENTENDO UNO SVECCHIAMENTO DEI QUADRI;
4.  UNA SOLA CABINA DI REGIA SULLA FORMAZIONE E ADDESTRAMENTO DELLE FFPP CON UNA INTENSIFICAZIONE DELLA FORMAZIONE E-LEARNING;
5.  RIVISITAZIONE DEL RUOLO DELLA DIVISA NELLA SUA VOCAZIONE DETERRENTE E MODIFICA DELLE ARMI IN DOTAZIONE PER RENDERE PIU’ EFFICACE L’AZIONE OPERATIVA RISPETTO AI MUTATI SCENARI DI PERICOLO INTERNAZIONALE;
6.  ISTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE DI STUDIO PER LA MODIFICA DELLE REGOLE D’INGAGGIO DELLE FF.PP. ROVESCIANDO, SE COLLIDENTI, L’IDEA DEL MINOR DANNO PER IL MANIFESTANTE A FAVORE DELLA MIGLIOR TUTELA DELL’OPERATORE DI POLIZIA E DELLA SALVAGUARDIA DELLE COSE OGGETTO DELL’ATTIVITA’ DISTRUTTIVA DEI VIOLENTI
7.  POTENZIAMENTO DEI SERVIZI SOCIALI E PROMOZIONE EDUCATIVA A TUTTI I LIVELLI DELLA LEGALITA’ CON PARTICOLARE RIGUARDO AL RISPETTO DELLE DONNE, DEI PIU’ PICCOLI E DEGLI ANZIANI;
8.  ISTITUZIONE E REGOLAMENTAZIONE DELLA C.D. “GOVERNANCE DEI QUARTIERI” CON UN CORPO DI VOLONTARI INCARICATI DI PUBBLICO SERVIZIO H24 A SUPPORTO DELL’ATTIVITA’ OPERATIVA DELLE FF.OO. E DEGLI UFFICI PREPOSTI AL SERVIZIO AI CITTADINI;
9.  CREAZIONE DI UN TAVOLO DI CONCERTAZIONE TRA P.A., EE.LL. E CATEGORIE PER RENDERE LE CITTA’ PIU’ ILLUMINATE E QUINDI PIU’ SICURE;
10.      PREDISPOSIZIONE DI INTESE CON LE AMMINISTRAZIONI LOCALI PER LA REALIZZAZIONE IN VIA PRIORITARIA DI UNA VIDEOSORVEGLIANZA DIFFUSA ATTRAVERSO L’UTILIZZO DI FONDI EUROPEI;
11.      REALIZZAZIONE DI PROGETTI PREVEDENTI STRUMENTI IDENTIFICATIVI DEGLI EXTRACOMUNITARI (IRREGOLARI) CON TRACCIABILITA’ DEI MOVIMENTI SUL TERRITORIO NAZIONALE.

Fabrizio Giulimondi


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